L’ingegnere di pista di Schumacher spiega la differenza con Hamilton: “Michael in radio non lo ha mai detto”
Nel giorno del suo 56° compleanno, l'undicesimo festeggiato nella coltre di silenzio eretta dalla famiglia sulle sue condizioni di salute dopo il terribile incidente sugli sci di Meribel del dicembre 2013 che ha stravolto la sua vita e quella dei suoi cari, in tanti hanno celebrato Michael Schumacher e ricordato le sue epiche gesta in pista che lo hanno portato a divenire un mito per i tifosi della Ferrari e una leggenda della Formula 1 di cui, insieme al neoferrarista Lewis Hamilton, è tutt'ora il pilota più titolato di sempre. E tra questi c'è stato anche chi, durante il suo periodo d'oro a Maranello, è stato a più stretto contatto con lui, vale a dire Luca Baldiserri che dal 2000 al 2004 è stato il suo ingegnere di pista.
Il 62enne ingegnere bolognese che ha passato 26 anni in Ferrari (dal 1989 al 2015), in un'intervista rilasciata a FormulaCritica.it, ha raccontato com'era davvero Michael Schumacher quando era in pista (all'epoca i team radio non erano pubblici e dunque solo l'ingegnere di pista ne conosceva il contenuto) e, quando, finita una sessione di guida in pista, si confrontava con i tecnici del Cavallino Rampante. Fedele al suo credo ("Piuttosto che chiedersi come sta adesso, io voglio ricordare com'era" ha difatti detto a margine della chiacchierata con Chiara Avanzo) Luca Baldiserri ha voluto raccontare cosa aveva di speciale il pilota tedesco e cosa lo ha portato a mettere a segno quello che è il ciclo più vincente nella storia della scuderia di Maranello. E, come vedremo più avanti, anche a spiegare qual è la grande differenza tra lui, il nuovo pilota della Ferrari, Lewis Hamilton, e il vincitore degli ultimi 4 mondiali di Formula 1, Max Verstappen.
Il suo ex ingegnere di pista ha difatti spiegato in cosa Michael Schumacher era totalmente diverso dai piloti con cui aveva avuto a che fare prima di lui: "Io ho iniziato a fare il Race Engineer con Irvine e quando sono passato a lavorare con Michael la cosa che mi ha sorpreso di più era la sua cura nei dettagli e la richiesta che faceva a noi di avere un'analisi molto più approfondita di quello che stava succedendo. Michael aveva la grande capacità di guidare, ricordare esattamente ciò che la macchina faceva e andare poi a vedere in telemetria cosa significavano quelle sensazioni che lui aveva avuto in pista – ha difatti rivelato Baldiserri –.
In questo modo lui poteva chiedere dei precisi aggiustamenti all'assetto della vettura andando a correggere quelle impercettibili variabili che facevano la differenza tra un vettura performante e una meno performante. E non è una cosa così scontata andare a vedere e capire perché in quella curva perdeva mezzo decimo di secondo. Poi lui aveva la capacità di adattare il suo stile di guida per portare all'estremo la prestazione della vettura. Diciamo che i briefing con lui erano abbastanza pignoli e lunghi: ‘rompeva le balle' a me per quel che riguardava la parte dell'assetto, poi al motorista che aveva il suo bel da fare perché aveva tanti commenti anche sul motore, e così via. Michael è stato il primo pilota ad utilizzare veramente al 100% l'analisi dei dati" ha quindi proseguito esaltando le grandi capacità del Kaiser nel analizzare cosa andava e cosa non andava sulla macchina che aveva appena guidato.
Ma, secondo Luca Baldiserri, è un'altra la grande dote che aveva Michael Schumacher e che lo differenzia dal nuovo pilota della Ferrari Lewis Hamilton (e anche da Max Verstappen): il contagioso ottimismo e la capacità di estrarre il 200% dalle persone che lavoravano per lui.
"La cosa che mi manca di più di lui è la sua capacità di fare team, di coinvolgere in una spirale positiva tutti coloro che lavoravano con lui facendo in modo che tutta questa energia si convogliasse poi sul dover vincere. È vero che quando bisognava analizzare i dati era molto pignolo però allo stesso tempo ti sapeva coinvolgere in altre attività che erano completamente diverse che però facevano gruppo. E questo è stato uno degli elementi che dal 2000 al 2004 ha reso il team Ferrari un team vincente. Lui era un leader: aveva questa capacità di far lavorare tutti al massimo per se stesso. E lo faceva senza risultare antipatico – ha difatti aggiunto Baldiserri ricordando l'atmosfera che si respirava all'interno della scuderia di Maranello quando ha avuto modo di lavorare fianco a fianco con quello che da lì a poco sarebbe diventato il pilota più titolato della storia della Formula 1 fino a quel momento –.
All'epoca si parlava tanto del fatto che Michael avesse una macchina diversa dagli altri e che Ferrari puntasse solo e sempre su Michael, ma non era assolutamente vero. Era questa sua capacità, non palesata, di fare in modo che quando lavoravi con lui davi il 200% del tuo impegno. Da parte sua non hai mai sentito commenti che fossero negativi nei confronti del team, cosa che invece adesso succede sia da parte di Lewis Hamilton che di Max Verstappen che hanno un approccio completamente diverso. Per esempio io Michael in radio non l'ho mai sentito fare commenti negativi e/o offensivi nei confronti del team. E ve lo dice chi li ascoltava tutti i suoi team radio. E non è solo per una questione di educazione o rispetto che lo faceva, ma soprattutto perché capiva che quello non era il momento migliore per fare commenti. A caldo non puoi essere così chiaro, così lucido, nei tuoi giudizi e quindi sapeva che se era il caso di ‘prendersi', com'è successo, poi a porte chiuse" ha quindi chiosato l'ex ingegnere di pista di Michael Schumacher ai tempi della Ferrari spiegando di fatto qual è, a suo vedere, la principale differenza tra il campionissimo tedesco, Lewis Hamilton e Max Verstappen.