Kubica e l’incidente: “Arrivo in ospedale con un litro e mezzo di sangue e 42 fratture. Ero spappolato”
L'incidente che ha cambiato per sempre la vita di Robert Kubica. Accadde 13 anni fa, durante il Rally di Andorra. Fu il più grave della carriera del 39enne pilota che oggi corre nel FIA World Endurance Championship sotto le insegne del team AF Corse, al volante della della Ferrari 499P. Vide la morte con gli occhi ma la sorte volle che non fosse giunta ancora la sua ora nonostante fosse arrivato in ospedale in condizioni disperate. Aveva in corpo appena un litro e mezzo di sangue, il corpo martoriato dalle fratture ma è riuscito a cavarsela grazie alla mano dei medici e dopo un lungo periodo di degenza per la riabilitazione. Non gli riusciva nemmeno la cosa più semplice come muovere un dito, ha dovuto imparare a farlo.
In un podcast – Gurulandia – Kubica ha raccontato cosa ricorda di quella carambola e di quello strano, brutto presentimento avuto il giorno prima della gara. Una vocina gli ronzava in testa, lo aveva quasi convinto a mollare tutto ma la determinazione del proprietario del Team Rally che gli aveva fornito la vettura lo spinse a cambiare idea. "Ero a Valencia per i test pre campionato. Chiamai per dirgli ‘lasciamo stare' e lui mi rispose che Pirelli stava già portando le gomme, la strada era già stata bloccata per i test".
Quel che è successo dopo è nel resoconto tremendo della cronaca. Nemmeno in F1 e in carriera ha corso un pericolo così grande, s'è mai trovato sospeso tra la vita e la morte. Ma di tutto questo Kubica è stato messo al corrente da chi lo ha curato e gli è stato intorno in quelle ore d'angoscia. "Sinceramente mi ricordo poco di quel che è successo – ha ammesso – perché sono rimasto in coma tanto tempo. Sono arrivato in ospedale solo con un litro e mezzo di sangue, mentre un corpo umano ne ha sei o sette. La parte destra del mio corpo era tutta spappolata. Ho riportato 42 fratture e dal dito del piede fino al gomito ero tutto rotto".
Ci vollero 12 ore di interventi per rimetterlo a posto e un percorso, anche interiore, di ricostruzione perché dice "io sono umano". Averla scampata gli ha dato una percezione della vita completamente diversa. "Per sei o sette mesi ho perso tutta la sensibilità e non muovevo niente. Cercavo di muovere il dito ma ci riuscivo ed è stata una sensazione che solo chi l'ha vissuta può capirla. Il giorno in cui ci sono riuscito ho provato una gioia assurda".
Perché ha voluto cimentarsi nelle sfide dei Rally. "Volevo migliorarmi perché ero certo che se fossi riuscito ad adattarmi a quello stile di guida ne avrei sicuramente beneficiato in Formula 1. Perché? Se inizia a piovere e hai le gomme slick, la sensibilità che ti da il rally è impagabile. Quando inizia a piovere danno subito la bandiera rossa, mentre al Rally di Monte Carlo se entri in pista con le gomme d'asciutto e inizia a nevicare te la devi cavare da solo e concludere la prova".