Jarno Trulli: “Vittoria a Montecarlo unica, ma con Briatore fu la goccia che fece traboccare il vaso”
Sono passati 20 anni da quel GP di Montecarlo, ma le immagini sono ancora chiare nella mente di Jarno Trulli, che allora andò sul gradino più alto del podio con la Renault nell’unica vittoria di una carriera comunque piena di emozioni. Oggi il 49enne abruzzese divide gli impegni tra la sua azienda di vini ad Alanno (Pescara) e il ruolo di maestro di suo figlio Enzo, ex Formula 3 e oggi pilota nel Campionato italiano Gran Turismo. Il futuro lo vedrà coach in un programma di motori che arriverà in tv a fine anno.
In 74 anni di Gran Premi di F1 riconosciuti a Montecarlo, solo lei e Patrese nel 1982 (con la Brabham, ndr) siete gli unici italiani ad aver vinto. Una statistica che la rende orgoglioso?
“È la consapevolezza di aver vinto uno dei Gran Premi più difficili nel panorama motoristico, per me quella gara fu importante e mi rese orgoglioso di quanto fatto. Una vittoria impareggiabile, il giusto riconoscimento per la mia carriera”.
Baratterebbe la vittoria di Montecarlo con un’altra in un circuito diverso?
“Non la baratterei, perché per vincere a Montecarlo il pilota deve avere un gran talento. Una pista dove la vettura conta di meno, cosa che non accade in molte altre piste del Mondiale. Se avessi vinto per una seconda volta in carriera, però, mi sarebbe piaciuto farlo a Monza, perché è il GP di casa ed è una pista davvero speciale”.
Come si guida nel Principato?
“Testa, fisico e zero errori. Non ci sono rettilinei, ma continui cambi di direzione. La chicane delle Piscine è decisiva, dopo un primo settore di motore fino al Casinò e una seconda parte dalla Loews al Tabaccaio dove ci devi mettere del tuo, gestendo la trazione in uscita di curva e uscendo forte dal Tunnel. Nell'ultima parte ci sono anche la Rascasse e la Noghes: vanno prese bene, per appoggiarsi al cordolo e scattare verso il traguardo”.
Quella vittoria nel 2004 la ricorda ancora nitidamente?
“Alla perfezione. Non era facile vincere sia per la difficoltà della pista, sia per avere in quel momento compagno Alonso, un vero e proprio predestinato in quella Renault molto competitiva. A Montecarlo la pole dice tanto e farla in quel sabato mi ha garantito ampie chance di vittoria.
E la domenica?
“Sono entrato in auto non pensando a nulla, solo a fare bene, senza distrarmi dal contorno esterno. La pressione era alle stelle, ma non avrei mai lasciato a nessuno quella vittoria. Nemmeno a Schumacher, che arrivava da cinque successi su cinque in quell’inizio di stagione, su quella F2004 imprendibile, e che dopo Montecarlo vinse per altre sette volte di fila. In quella gara nel Principato scattai bene e rimasi al controllo davanti. Si trattava solo di non sbagliare. Dietro Button (con la Bar-Honda, ndr) non mi impensieriva più di tanto, dato che ero io che gestivo il ritmo, mentre Schumacher andò fuori dopo un contatto con la Williams di Montoya all’uscita del Tunnel. Dopo il podio, a fine gara, niente feste esagerate, solo un cena tranquilla con i miei in un ristorante vicino al circuito”.
Quella gara di Montecarlo segnò però uno spartiacque della sua carriera, dato che a fine campionato discusse con il suo team principal di allora, Flavio Briatore, e corse gli ultimi due GP di Suzuka e Interlagos con la Toyota…
“Montecarlo è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Briatore voleva chiaramente la vittoria di Alonso, che però sbatté nel Tunnel. Il mio successo complicò i piani, dato che Flavio aveva interessi diversi sui piloti. Ci furono delle diverse vedute a livello contrattuale e così fui costretto ad andarmene. Oggi i rapporti sono tornati buoni per fortuna. Alla fine la Toyota fu quella che mi diede maggiori garanzie».
La Formula 1 ha più piloti di talento oggi o una volta, quando guidava lei?
“Più ai miei tempi, molti oggi non hanno un grande valore. Se così fosse stato, Hamilton e Alonso non sarebbero ancora lì a giocarsela. Si vede che c’è una carenza di talento, fatta eccezione per qualche nome”.
L’inizio stagione di Lewis e Fernando però non è stato proprio esaltante…
“Conta sempre la macchina che guidi per poter ottenere dei risultati importanti. Sono sicuro che Hamilton l’anno prossimo in Ferrari possa dire la sua. Si tratterà sicuramente di una scommessa per la Rossa, che ha detto addio a Sainz per prendere un pilota a fine carriera ma che però può ancora dire la sua. Verstappen resta il più forte, occhio però a Leclerc e Norris”.
Quindi è stato giusto lasciare andare Sainz per Lewis?
“Un peccato per lui perché meritava di rimanere a Maranello, ma Lewis resta comunque uno dei migliori in circolazione e purtroppo non c’è un terzo sedile”.
Adrian Newey dirà addio al ruolo di direttore tecnico Red Bull a fine stagione, lo vedrebbe bene in Emilia?
“Assolutamente sì, per la Ferrari sarebbe un plus grandissimo. Prendere uno dei migliori ingegneri della storia della F1, che quasi sempre ha disegnato macchine vincenti in diversi team, sarebbe utilissimo. Sarebbe una spesa importante, ma per me si può anche rischiare. Per i risultati, però, sarebbe da attendere qualche anno”.
Ha spesso detto che la Formula 1 di oggi l’annoia…
“Ci sono pochi sorpassi, le auto sono troppo pesanti, ingombranti. Già i circuiti cittadini hanno piste strette, così diventa ancora più difficile. A Montecarlo, per esempio, stavamo già stretti noi ai nostri tempi e le monoposto erano più corte e leggere. Così è ancor più impossibile sorpassare, diventa maggiormente decisiva la qualifica. Poi tante regole in gara sono difficili da comprendere, altre invece più chiare. È tutto più complicato oggi”.
Il Trulli di una volta in pista chi vorrebbe sfidare dei piloti di attuali?
“Ogni pilota vorrebbe sfidare il più forte della griglia, quindi dico Verstappen. Mi piacerebbe anche farlo con Norris, che dopo Miami è chiamato a una riconferma su un’auto finalmente competitiva dopo anni di problemi con la McLaren. Sta confermando quanto su di lui si sperasse”.
E Leclerc?
“Mi piace, quando aveva una Ferrari competitiva le cose sono andate meglio, in altre un po’ meno. Ma ripeto: senza l’auto è impossibile vincere. Non vale sicuramente meno di Norris”.
La vita fuori dalla pista la vede vivere a Lugano ma avere una tenuta di vini ad Alanno, a due passi dalla sua città d’origine, Pescara, in Abruzzo. Come procede?
“L’attività cresce di anno in anno, siamo sempre più solidi come azienda e non solo a livello nazionale. Ci facciamo conoscere sempre di più anche durante eventi importanti, come il Vinitaly. Produciamo in totale fino a 30 vini, di cui molti con certificazione ecologica, compresi tra 12 e 16 gradi e con prezzi tra otto e 100 euro. Tra i miei preferiti c’è lo ‘Jarno Rosso’, lavorato in appassimento da un’uva Montepulciano, come nel processo di produzione dell’Amarone. Oppure il ‘Cadetto’, un vino che nasce in vasche di cemento, e ‘L’Amorino’, un altro Montepulciano perfezionato in botti di rovere da 500 litri ciascuna. Quest’ultimo nel 2016 ha conquistato il decimo ‘Tre Bicchieri’ nella guida ‘Vini d’Italia 2021’”.
Tornando alla pista, farà anche il coach in un nuovo format.
“Sarò ambassador di un nuovo format tv sui motori. Con Rosario Campagna della Puresport trasformeremo i suoi corsi di pilotaggio in un reality. Dovrò giudicare ragazzi con attitudine alla guida in una sorta di talent che un broadcaster internazionale (si parla di Discovery, ndr) manderà in onda a fine anno 2024. Si terranno le registrazioni con le preselezioni e poi sceglieremo i 10 concorrenti. Prossima settimana daremo l’annuncio”.
Ci spiega meglio il suo ruolo?
“Metteremo alla prova diversi giovani, non per cercare il campione o per vendergli un sogno finto, ma per capire chi tra loro abbia un talento tale da portarlo a correre in una vera gara di Formula 3. Sì, perché il campione correrà a Monza nella Formula X Italian Series. Io farò parte della giuria e del coaching, mi occuperò della scelta dei piloti, nel dare loro giudizi anche a livello di monoposto. Si tratta di una scommessa e ho voluto accettarla. A livello televisivo potrebbe essere davvero una bella svolta, perché è un reality vero, su una storia non inventata”.
E suo figlio Enzo prosegue con il sogno di diventare un grande pilota come lei.
“Dopo la F3 è ora nel Campionato italiano Gran Turismo (a bordo di una Ferrari 296 GT3 del team Easy Race, ndr). Vorrebbe ritornare sulle monoposto, ma in questo sport i soldi contano molto e io non riesco a trovare sponsor, quindi manca il sostegno economico per poter programmare una carriera importante come tanti piloti in passato hanno potuto avere”.