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Il motociclismo andrà avanti, ma senza Valentino Rossi il “gioco delle moto” è finito

Valentino Rossi lascia il Motomondiale, dopo aver vinto nove titoli in quattro categorie, e il mondo delle moto non sarà più lo stesso. Lui era leggerezza in un contesto di numeri e tecnologie. Per noi che lo abbiamo seguito in questi anni cambierà tutto. Quelle emozioni da divano, per la maggior parte di noi vissute ogni domenica, devono essere spostate da qualche altra parte e la MotoGP perderà un patrimonio costruito in vari decenni.
A cura di Jvan Sica
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In questi casi c’è una frase fatta che viene sempre usata, con cognizione di causa: “Avrei voluto che questo giorno non arrivasse mai”. Per Valentino Rossi e il suo addio al motociclismo questo dispiacere è enorme, diffuso, per molto tempo sarà inconsolabile. Valentino Rossi ha vinto nove titoli mondiali (con la maledizione del decimo che lo ha tenuto attaccato alle moto fino a questo momento), uno nella 125, uno nella 250, uno nella 500 e sei in MotoGp, unico nella storia del motomondiale ad aver vinto il titolo in quattro classi differenti. Unico vuole dire meglio di Giacomo Agostini, di Angel Nieto, di Mick Doohan, piloti che hanno costruito il senso e la fama planetaria di questo sport. Eppure le vittorie di titoli mondiali e le decine di record che ha stabilito in diverse categorie del motociclismo dicono pochissimo di quello che è stato davvero Valentino Rossi nel mondo, non solo in Italia.

È dal primo giro di pista la fanciullezza in una gara fra adulti, la leggerezza in un mondo di numeri, tecnologie, ingegneria al livello massimo. Ha mostrato al mondo che si poteva vincere in moto giocando, il motociclismo con lui è diventato il gioco delle moto, capace di attirare tutti i target possibili, come direbbe un uomo di marketing, donne 50-65 anni, bambini 6-10 anni, operai specializzati, scienziati, impiegati del comune, professori universitari. È stato intergenerazionale sia adesso che ha più di 40 anni, sia quando ne aveva 17. È stato poi anche globale da un punto di vista culturale. È chiaramente italiano in tanti atteggiamenti e comportamenti, ma è pieno di cultura anglosassone, anche perché vive lì da anni, e sa parlare al mondo intero grazie a un sorriso che è assimilabile agli attori di Hollywood, con la differenza che il loro è praticato per contratto e copertine, quello di Rossi è naturale e vero come un bicchiere d’acqua fresca.

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Quando lascia un personaggio del genere, cosa che hanno ben capito i padroni del vapore del motomondiale e hanno cercato in tutti i modi di tenerlo a bordo nonostante decine e decine di nuove stelle giovani, crea un vuoto difficile da colmare. Se pensiamo solo all’Italia, Rossi è come Tomba per lo sci, Panatta per il tennis, Vezzali per la scherma, Antonio Rossi per la canoa. Sono sportivi che “fanno vedere” il loro sport, il quale non ha più regole sue o determinati attori per la maggior parte di chi lo osserva, ma vive solo sui battiti emozionali del campione.

Ogni gara è da decrittare come la gara in cui il campione ha vinto, perso, si è superato, ha recuperato, ha fatto un errore, non ha sbagliato niente. Basta parlare dell’onda emotiva che il campione ha generato per dire già in poche parole quello che è stato l’evento. Ma Valentino Rossi supera i confini nazionali, ed è più vicino ai vari Usain Bolt, Carl Lewis, Michael Phelps, i quali con il loro addio alle gare non hanno solo tolto senso al loro sport per come è stato compreso in tanti anni di attività, ma ne hanno anche svuotato le imprese successive perché il termine di paragone è così potente da annullare ogni emozione successiva.

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Dovranno passare generazioni di senza-Rossi per ridare senso al motomondiale. Gli appassionati ovviamente continueranno a seguire con grande fervore e competenza, ma per la “massaia di Voghera”, che seduta davanti alla lasagna della domenica voleva far vincere Valentino, per lei forse il correre in moto non avrà più alcun valore nell’utilizzo del suo tempo libero. Questo fanno i Rossi che abbandona il loro sport. Risemantizzano il tempo libero di ognuno. Quelle emozioni da divano per la maggior parte di noi vissute ogni domenica (per il GP di Olanda ad Assen il sabato, tutto questo per la precisione) devono essere spostate da qualche altra parte e il mondo delle moto perderà un patrimonio costruito in vari decenni.

Questo accadrà a noi senza di lui, chissà invece cosa accadrà a lui senza di noi, senza più dover dimostrare a un popolo che lo seguiva il bello delle moto.
In questi anni Rossi ha dimostrato energia e passione per tante cose oltre le moto, che sono sempre state però la sua vita. Qualsiasi cosa vorrà essere siamo certi che sarà comunque un punto di riferimento da seguire. Il dispiacere è enorme, il vuoto è abissale, il futuro per fortuna è da costruire. Valentino Rossi non sarà più un pilota, ma Valentino Rossi sarà sempre Valentino Rossi, tutti quelli che lo hanno seguito in questi anni sanno cosa voglia dire.

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