Il medico che soccorse Ayrton Senna dopo l’incidente: “La TAC fu devastante, si vide subito il danno”
Erano le 14:17 del primo maggio 1994, quando a Imola, la Williams di Ayrton Senna si è schiantata contro il muro della curva del Tamburello. Subito si capì che la situazione era molto delicata e che non si trattava di un banale incidente di gara.
Oggi, a 30 anni di distanza, c'è ancora grande amarezza per la morte del pilota brasiliano per la dinamica avvolta nel mistero di un processo che ha chiarito ben poche cose se non colpe e responsabilità presunte. Quel giorno se ne andò l'idolo di una generazione, di un'epoca che ha cambiato la F1 e il pilota che ha regalato più emozioni di tutti.
Fu tutto inutile. I soccorsi, il viaggio all'ospedale di Bologna in elicottero e Giovanni Gordini, all’epoca medico del 118 responsabile del soccorso e ora direttore del dipartimento di emergenza dell’Ausl di Bologna, ha ricordato così quei momenti in un'intervista al quotidiano Il Resto del Carlino: "È stato il primo e ultimo Gran Premio in cui l’elicottero è intervenuto per un incidente e ha portato il paziente direttamente all’ospedale di riferimento: in tutti gli altri casi, i pazienti venivano portati all’ospedale del circuito. Io, altri colleghi e Senna. Intervenimmo con una mini tracheotomia mentre lo mettevamo sull’elicottero, poi Ayrton fu portato all’ospedale Maggiore di Bologna".
Il medico racconta così le condizioni di Senna dopo l'incidente: "La tac era devastante. Devastante. Si vide subito tutto quello di drammatico che c’era, compreso il danno fatto dal braccetto della sospensione, la frattura della base cranica, dove il cranio si articola con il collo. Da li scaturirono emorragie. Devastante".
Il suo personale ricordo di quei momenti è durissimo ma quell'incidente divenne un punto di svolta anche nel modo di agire per i soccorsi in pista: "Fu uno dei primi incidenti così gravi passato in diretta. In qualche modo fu didattico, riuscì a spiegare in una situazione così drammatica come si lavora nei soccorsi. Non c’era niente di straordinario. Solo il lavoro dei professionisti, l’abc delle manovre semplici da mettere in atto in sequenza. Stabilizzammo le funzioni vitali al minimo. Ma dal Tamburello non c’era possibilità di ritorno per Ayrton".