Hamilton tra razzismo e Formula 1: “Restare in silenzio è la cosa peggiore, non lo farò mai”
Quando parla Lewis Hamilton, difficilmente dice cose banali. Il sette volte campione del mondo in Formula 1 è conosciuto per i suoi successi in pista, ma anche per le sue battaglie sociali fuori. È un attivista convinto, si impegna quotidianamente nella lotta al razzismo e in quella per il riconoscimento delle minoranze. Il pilota inglese cerca di cambiare le cose sia all'interno del suo mondo sia a livello generale e, in un'intervista al Corriere della Sera prima del weekend di Baku, si è detto soddisfatto dei risultati raggiunti, anche se ammette che il problema del razzismo non è ancora stato sconfitto:
Sono orgoglioso di vedere sempre più persone che escono allo scoperto, sempre più Federazioni sportive che prendono consapevolezza della discriminazione che subiscono gli atleti. Ma c’è ancora moltissimo da fare. La vera domanda da porsi è: Che cosa sta facendo la mia organizzazione per migliorare la situazione? Ci sono state tante azioni concrete quest’anno.
Il suo impegno contro il razzismo
Il pilota inglese si dice fiero dell'impegno che la sua scuderia, la Mercedes, e la Formula 1 in generale stanno mettendo per combattere i problemi sociali, per i quali lui lotta ormai da anni. Lewis, inoltre, non comprende gli atleti che, al contrario, non si preoccupano di temi di questo genere e rivendica una responsabilità comune a tutti:
Sono orgoglioso che ci sia un controllo continuo anche dei partner con i quali lavoriamo, per rendere il nostro sport più inclusivo, per far sì che aumenti la presenza femminile e delle minoranze. Molti miei colleghi non parlano di questi temi perché non ne sanno abbastanza, e li rispetto, ma non vedo neanche perché non possano imparare. C’è chi dice chissenefrega e chi invece si preoccupa, io sento delle responsabilità: educare, migliorare il pianeta, non restare in silenzio. Cerco solo di trovare il modo di far arrivare dei messaggi, per essere sicuro che mio nipote di 5 anni trovi un mondo più aperto.
La competizione con sé stesso
Tanto impegno sociale, ma anche tante vittorie in pista. A differenza di alcuni suoi colleghi, però, Hamilton non ha intenzione di correre ancora a lungo, ma si dice ancora esaltato di duellare prima di tutto con sé stesso:
Spero francamente di non correre a 40 anni. Ci sono talmente tante cose che voglio fare che sarebbe difficile, ma nella vita l’evoluzione è talmente rapida da spiazzarti. Per esempio non mi aspettavo di divertirmi tanto quanto mi sto divertendo in questa stagione. Il motivo è che ogni giorno scopro cose nuove su di me. Con i lockdown per la pandemia ho avuto più tempo per rifinire il mio talento, il corpo e la mente. Io competo sempre contro me stesso.
L'importanza di Angela Cullen e la vicinanza a Naomi Osaka
A dargli una mano a restare sempre al top della condizione, ci pensa Angela Cullen, fisioterapista personale di Hamilton che, a detta del pilota inglese, rende la sua vita "più semplice possibile":
Angela svolge una marea di funzioni: è una fisioterapista naturale, mi segue con la dieta, si assicura che beva abbastanza liquidi durante la giornata. Si preoccupa di ogni cosa in modo che io debba pensare solo a guidare. È una delle mie migliore amiche, sono fortunato ad averla accanto.
Il campione inglese si sofferma, infine, su quanto accaduto recentemente a Naomi Osaka, tennista giapponese ritiratasi dal Roland Garros, dopo aver ammesso di soffrire di crisi depressive:
Essere multati per avere parlato della propria salute mentale non è bello. Tutte le reazioni contro di lei sono state ridicole e la vicenda doveva essere gestita in modo diverso. Naomi è una grande attivista e una grande atleta, ma ricordiamoci prima di tutto che è un essere umano.