Dopo l’incidente mortale di Senna a Imola tutti i piloti hanno corso, tranne uno: gli doveva la vita
Ayrton Senna ha scritto la storia della Formula 1, non solo per i titoli mondiali o per le vittorie e le pole position. Una leggenda autentica, un uomo con delle caratteristiche totalmente diverse da tutti gli altri. Magnetico quanto divisivo. In dieci anni di Formula 1 ha corso 165 Gp. Di storie se ne potrebbero raccontare tante, su di lui, tra le tante ce n'è una che lo lega a filo doppio con Erik Comas, un pilota francese al quale salvò la vita a Spa. Comas avrebbe voluto fare la stessa cosa, un anno e mezzo dopo, a Imola, ma non poté e a distanza di anni ricorda bene quei momenti e l'addio alla Formula 1.
L'incidente di Comas a Spa
Agli albori degli anni '90 la Formula 1 era ricca di campioni. C'erano Senna, Prost, Mansell e Piquet, e a seguire Berger, Alesi e Patrese. Con loro anche una sfilza di buoni piloti in griglia. Nel 1992 alla guida della Ligier, per il secondo anno consecutivo, c'è Erik Comas, pilota francese, che il 28 agosto di quell'anno si trova a Spa, guida nelle prove del venerdì e va a sbattere. L'incidente è terribile. Il transalpino sbatte contro le barriere al Blanchimont, perde il controllo e diventa solo passeggero della sua Ligier, che torna in mezzo alla pista. La botta è forte. Il pilota a causa dell'impatto perde i sensi e sviene. Poggia la testa sul lato sinistro, chi segue l'evento teme il peggio.
La situazione è seria perché il piede di Comas resta pericolosamente bloccato sul pedale dell'acceleratore con il motore acceso a pieni giri. Non è una cosa di poco conto. Il rischio di esplosione per il motore Renault è altissimo, nell'abitacolo c'è il pilota, fermo e immobile.
Senna stoppa la sua McLaren in pista e si precipita da Comas: è decisivo
Per fortuna del francese, giunge al Blanchimont la McLaren con il numero 1, quella di Senna, che capisce esattamente costa sta per succedere, il pericolo è enorme. Nessuno ha la prontezza di soccorrerlo. Ayrton, dopo essersi sganciato le cinture, scende dalla sua vettura, lo fa rapidamente, le immagini sono diventate famosissime. Lui con tuta e casco si precipita da Comas, rischiando lui stesso, in prima persona. Il brasiliano spenge il motore, cancella il rischio di esplosione, e apre la bocca di Comas che rischiava di strozzarsi, tenendo la sua testa come gli aveva insegnato il dottor Sid Watkins.
Senna tecnicamente salva la vita al francese, che da qual momento diviene un grande amico del tre volte campione del mondo. Un'amicizia vera, pura, dovuta a un gesto eroico: "Senza il suo aiuto la mia Ligier sarebbe esplosa, sarebbe stato così se non avesse spento il suo motore, e sarei rimasto soffocato dalla mia stessa lingua se non mi avesse sostenuto il collo mentre ero privo di sensi. Mi aiutò quando persino il mio compagno di squadra aveva tirato dritto. Aveva un cuore pure e straordinario".
Senna, Comas e quell'incrocio del destino al Tamburello
Continuano a ritrovarsi in pista, perché la carriera di Comas prosegue, con la Larrousse nel 1993 e pure nel 1994. In quel maledetto weekend di Imola c'è un incrocio curioso, particolare, che banalmente si può definire figlio del destino che ha legato i due.
Alle 14:17 di quella domenica 1° maggio la Williams di Senna finisce la sua corsa sul muro del Tamburello. Schumacher e Berger sono subito dietro di lui, bandiera rossa, gara sospesa. L'ansia per chi è incollato davanti alla TV è enorme, così come per chi è lì sul circuito. Tutto fermo, gara sospesa. Ma alla Larrousse non lo sanno, strano ma è così.
Comas è ai box, non sa nulla, non ha visto niente e viene rimandato in pista, parte a razzo, a tutta velocità, sul nulla, perché la gara è stoppata, quando arriva al Tamburello rallenta con forza e capisce tutto. Vede la Williams, vede il casco di Senna fuori dalla vettura. Vorrebbe scendere e ricambiare il gesto, non lo fa. Non lo può fare.
Perché vede i medici già ampiamente all'opera, guidati dal dottor Sid Watkins: "Quando sono uscito dai box c'era confusione, mi lasciano andare, c'era una confusione totale, dopo 300 metri trovo elicottero e ambulanza e arrivo lì, mi avvicino pianissimo all'ambulanza, fermo la Larrousse, scendo dalla macchina, capì che Ayrton aveva avuto l'incidente, vedo il suo corpo sull'erba, sto per avvicinarmi. Il dottor dell'ambulanza mi fanno sedere nell'ambulanza e ho capito subito che era la fine, senza che nessuno me lo dicesse".
Avrebbe voluto ricambiare il gesto, ma non ci riuscì: "Volevo avvicinarmi, non mi hanno lasciato fare, c'erano i medici sul posto, è stato devastante non poterlo aiutare, non poter aiutare chi mi aveva salvato la vita due anni prima. Emotivamente, psicologicamente è stato più pesante del mio incidente, quando vedi un pilota morire al sabato e uno alla domenica è stato terribile. Ayrton per noi piloti era Dio, e vedere Dio andarsene è stato terribile. Per me c'è stata una vita prima e dopo il 1° maggio 1994″.
Devastante anche perdere un amico che fino a poche ore prima chiacchierava con Comas, che a Motorsport disse: "Rubens è stato miracolato, è stato l'incidente più spaventoso. La domenica mattina ero seduto al briefing piloti accanto a lui, mi disse: "Eric c'è qualcosa da cambiare, non ci siamo accorti che la Formula 1 è diventata pericolosa. Prima di Monte Carlo dobbiamo prendere delle decisioni. In un colpo ci siamo resi conti che facevamo uno sport pericoloso. Avevamo l'illusione di fare uno sport che era abbastanza sicuro".
Comas dopo la morte di Senna decise di non correre più in Formula 1
Comas rientra ai box, è sconvolto, scende dalla vettura e non vi risale più. Va via, lascia il circuito, in aeroporto scopre la tremenda notizia, decide di lasciare il suo mondo. Il patron del team lo convince a chiudere la stagione, che nonostante tutto fu anche positiva, ma dopo la gara di Suzuka saluta tutti. Stop alla Formula 1 e per sempre.
Anni dopo ha detto: "Rimasi paralizzato, tornai a piedi ai box, salutai il team, Larrousse, mi misi a piangere e andai via. Decisi di non correre, non rientrai in gara, lasciai il circuito. Mentre ero in aeroporto davano le immagini dell'incidente, poco prima di salire sull'aereo arrivò la notizia. Decisi di ritirarmi immediatamente dalla Formula 1. Non volevo correre più, il patron del team mi convinse a continuare la stagione. Ma alla fine del 1994 lasciai per sempre".