Casey Stoner, l’amico del pilota australiano: “La malattia può non essere quello che pensa”
“Può essere qualcosa di diverso, non quello che pensa”. Chi lo conosce bene, e per anni ha condiviso con lui la passione per le corse, non è sicuro che Casey Stoner abbia trovato le giuste spiegazioni. La fatica cronica di cui ha rivelato di soffrire tiene sempre più spesso l’ex MotoGP lontano da una vita normale, ma Alberto Vergani, grande amico e suo storico fornitore di caschi, si è fatto un’idea diversa della malattia. “Posso dire, per quello che mi ha detto, che certamente non è la situazione in cui vorrei sentirlo. Non sono un medico, per cui non escludo nulla, ma so che non sta bene e questo mi dispiace”.
Stoner, parla l'amico del pilota australiano
“Gli ho mandato anche un link che parla di una sindrome che presenta questo genere di sintomi, qualcosa che i suoi medici forse non hanno considerato” racconta Vergani che con Casey ha condiviso la sua avventura sportiva da quando l’australiano è arrivato in Europa per correre. “Ci siamo conosciuti grazie ad Alberto Puig che organizzava la coppa Movistar, un trofeo spagnolo monomarca per giovani talenti. Lui mi diceva che Casey era fortissimo anche se i risultati non lo confermavano, perché cadeva spesso, e questo era un po’ devastante. Ma come Nolan – di cui Vergani era il proprietario, ndr – abbiamo deciso di puntare comunque su di lui, dandogli un compenso fuori dal comune per un pilota che non aveva fatto ancora nulla”. Da quel momento, il loro legame è diventato sempre più profondo: “Quello che era un rapporto di lavoro si è evoluto in amicizia, anche con suo padre Colin che mi chiedeva suggerimenti sulle scelte da fare pure se non lavoravo per Stoner. È stato così anche quando è stato ingaggiato dalla Ducati, dove volevano Marco Melandri, che seguivo come manager, bloccato però dal contratto con il team di Fausto Gresini. A quel punto dissi a Colin di far firmare a Casey il contratto”.
Di aneddoti ce ne sono tanti “perchè Casey è sempre stato un personaggio particolare, un anticonformista, anche se all’inizio nessuno pensava che il suo talento fosse così clamoroso – ricorda il manager milanese – . Fisicamente non è mai stato uno potente, piuttosto un fasci di nervi, con una carica esplosiva dentro. Quando è arrivato in Ducati, Capirossi, che era il suo compagno di squadra, in pista lo seguiva per capire come facesse ad andare così veloce. Aveva uno stile tutto suo, venuto fuori dalle gare di dirt track che da ragazzino faceva in Australia. Lì, che la moto fosse dritta o storta, la faceva andare subito forte ed ogni weekend era veloce con moto diverse. Questo fa capire perché sia stato così funambolo, ma in maniera diversa da Marquez. Stoner ha sempre avuto più talento, Marc invece è un mix tra la sua capacità di fare cose incredibili e il carattere furbo e smaliziato di Valentino Rossi”.
“Anche quando ha deciso il suo ritiro, è stato ineguagliabile per il suo modo di uscire dalla scena. Nel 2012 la Honda gli aveva offerto un sacco di soldi per il rinnovo ma lui non voleva saperne e, quando arrivammo a Jerez, suo padre mi disse ‘Parlagli tu perché ti ascolta’. Ma Casey, senza alcun filtro, rispose che quei soldi non gli servivano. Ha fatto come una rock star, ha smesso quando era al top, sembrava un delitto perché, al di là della cifra, era il campione in carica. Ma lui è sempre stato fuori dal comune, mai visto uno così”.
“Adesso ci sentiamo al telefono anche se non ci vediamo tante volte, perché non viene spesso Italia. L’ultima volta, nel 2018, abbiamo visto insieme la gara del Mugello e alla partenza mi ha detto: ‘Guarda lo stress che hanno i piloti. Questa era la cosa che non sopportavo’. Anche se non lo rivedremo più in moto, spero torni presto in salute e in piena forma. Ha tutto il mio supporto, l’affetto di Nolan e delle persone che hanno lavorato con lui”.