Barrichello ricorda i tempi della Ferrari e non ha belle parole per Schumacher: “Mai un aiuto”
Rubens Barrichello è stato il compagno di squadra di Michael Schumacher negli anni d'oro della Ferrari, gli anni in cui la Rossa vinceva in continuazione. Il brasiliano ha avuto un ruolo scomodo, perché al netto dell'essere un pilota Ferrari, non è stato semplice competere contro uno dei piloti più forti di sempre, che era un cannibale e non lasciava a nessuno le briciole. Rubens è stato un grande secondo pilota, che a distanza di anni ricorda quelle annate. E Barrichello ricorda lo scarso supporto avuto dal team e il rapporto, talvolta gelido, con Schumi.
Barrichello ha parlato nel podcast ‘Beyond the Grid' e non ha omesso nulla, o quasi. Una tema importante era quello del rapporto con Schumacher, le parole di Rubinho sono piuttosto chiare: "Ho sempre fatto amicizia e ho sempre avuto un buon rapporto con tutti i miei colleghi, ma Michael non mi ha mai sostenuto. Non è mai stato lì a offrire un aiuto e io non gliel'ho mai chiesto".
Il pilota brasiliano, che comunque riuscì a togliersi diverse soddisfazioni, è passato, ahi lui, alla storia anche per il controverso ordine di scuderia del Gp Austria del 2002, quando Jean Todt lo obbligò a lasciare il passo a Schumacher, che poi sul podio lo volle con sé sul gradino del primo classificato. E il tema degli ordini di scuderia non è stato certo dimenticato da Barrichello: "Il mio contratto non diceva nulla sull’impossibilità di gareggiare contro Michael. Per il mio bene ho accettato tante cose ma molte altre le ho rifiutate. Ad alcune ho detto di sì perché ho passato sei anni ad aspettare il mio momento".
Poi nel podcast Barrichello ha confermato i rumors del tempo dicendo che la squadra era tutta dalla parte di Schumacher, che vinse cinque titoli Mondiali consecutivi: "Molte volte finivamo una riunione e poi ne iniziava un’altra solo con Michael. Alla fine si intuiva che la squadra era tutta per lui".
Il suo lungo excursus su quell'era meravigliosa per la Ferrari Barrichello l'ha chiusa esaltando Schumacher e parlando anche del rapporto con Jean Todt: "Michael era più forte di me, senza dubbio. Ma lui era in Ferrari già dal 1996, aveva quattro anni di esperienza in più nel team, e Jean Todt lo considerava un figlio. Così per un nuovo arrivato non c’era liberà d’azione".