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Andrea Iannone, il doping da Drostanolone deriva dal pollo: le tesi dell’accusa non stanno in piedi

La difesa del pilota Aprilia MotoGP deposita un fascicolo di 100 pagine in cui smonta le dimostranze del PM, il ceco Jan Stovicek che, tra l’altro, ha un conflitto d’interesse perché è manager di alcuni piloti e ha diversi incarichi nella Federazione internazionale, in quella europea e pure in quella ceca.
A cura di Valeria Aiello
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Andrea Iannone, 30 anni / Getty
Andrea Iannone, 30 anni / Getty

Ore decisive per Andrea Iannone. Il pilota dell’Aprilia, sospeso dalle competizioni dal 17 dicembre per la positività al Drostanolone riscontrata in un test antidoping svolto dopo il GP di Malesia della passata stagione, è ancora in attesa della sentenza della Corte Disciplinare Internazionale della FIM. La difesa del pilota MotoGP ha depositato le controdeduzioni alla documentazione prodotta dall’accusa in seguito all’udienza dello scorso 4 febbraio e, da quanto si apprende attraverso l’avvocato Antonio De Rensis, il legale che rappresenta Iannone nel processo, le congetture dell’accusa sarebbero prive di ogni logica. Si parte dalla foto di Iannone in mutante, che il PM, il ceco Jan Stovicek ha mostrato ai giudici durante il processo, sostenendo che il 30enne di Vasto non si sia dopato per migliorare le sue prestazioni in moto, ma per fini estetici. “Alle supposizioni dell’accusa, noi replichiamo con argomentazioni di luminari, fra cui il dottor Alberto Salomone, e con la negatività del test del capello, che traccia un profilo di Andrea pulito da settembre, senza tracce di steroidi” le parole dell’avvocato a Gazzetta dello Sport in edicola oggi.

La difesa deposita un fascicolo di 100 pagine

Le carte della difesa, un fascicolo di 100 pagine depositato venerdì 28 febbraio, non dovrebbero lasciare dubbi alla Corte della Disciplinare, composta da tre giudici: un portoghese, un finlandese e un ceco, della stessa nazionalità del pubblico ministero Stovicek che, tra l’altro, è anche manager di piloti e ricopre diversi incarichi sia nella Federazione Internazionale, sia in quella europea e ceca. “Il PM non dovrebbe avere conflitti di interesse con la gestione dei piloti e altre cariche – ritiene l’avvocato di Iannone – , ma crediamo nell’onesta dei giudici. Noi chiediamo solo che queste carte siano valutate in modo scientifico”.

Per l'accusa il Drostanolone deriva dal pollo

L’accusa si avvale di alcune relazioni: la prima è una relazione del dottor Peter Van Eenoo della Wada che riporterebbe frasi del tutto vage (“Per quanto ne so”) e di un altro medico della Wada, il dottor Olivier Rabin in cui si parla di “Drostanolone derivante dal pollo”. Uno steroide anabolizzante, il Drostanolone, che fa parte della lista delle sostanze proibite ma che sarebbe comunque presente in concentrazioni esigue nel campioni di urina del pilota analizzati dai laboratori dell’agenzia antidoping (1,150 milligrammi/ml). La difesa, sottolinea l’avvocato di Iannone, ha tra l’altro sempre sostenuto la tesi dell’assunzione accidentale, attribuendo la contaminazione alle carni “rosse e bianche” consumate dal pilota durante la trasferta asiatica del Motomondiale.

Per l’accusa, Iannone avrebbe mangiato sempre all’Hotel Sama Sama di Kuala Lumpur “e invece il 28, 29, 30 ottobre era a Singapore e alla vigilia del GP ristorante Marini’s”. A tali supposizioni, ovvero che Iannone non avrebbe potuto mangiare carne cinese contaminata perché non era in Cina, la difesa ha replicato con alcune tabelle dei professori dell’Università di Bologna (i dottori Felice Adinolfi e Andrea Formigoni del Dipartimento di Scienze Mediche e Veterinarie) che dimostrano, come ogni anno, in Malesia vengano importante migliaia di tonnellate di carni dalla Cina. Contro l’imputazione che il Drostanolone è poco utilizzato negli allevamenti bovini, la difesa ha invece depositato gli studi del professore Bartolomeo Biolatti del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Torino che hanno indicato la presenza dello steroide nelle escrezioni degli animali allevati in Cina, tra cui anche bovini e cavalli.

La prova del capello può scagionarlo

Anche l’analisi del capello, di cui si era saputo subito dopo l’udienza, è stata contestata dal PM. “Non possiamo immaginare che la Corte non consideri il test del capello, che il Tas usa come prova e che pure il presidente della Wada, Craig Reedie, ha detto che creerà tremende opportunità per i progressi nell’antidoping, consentendo approcci alternativi per testare campioni di sostanze vietate" aggiunge De Rensis. Alla foto presa da Instagram con Iannone che pubblicizza un noto marchio intimo, la difesa ha invece replicato con quelle di altri piloti della MotoGP, come le immagini pubblicate sui social dal campione in carica della Honda Marc Marquez piuttosto che quelle dei due fratelli Pol e Aleix Espargaro, “tutti muscolosi per i moderni metodi di allenamento dei piloti” .

La sentenza entro 45 giorni

La Corte Disciplinare dovrà ora esaminare la documentazione ed emettere sentenza entro 45 giorni, anche se per arrivare a una decisione ne potrebbero servire molti di meno. Iannone rischia la squalifica che può essere estesa fino a quattro anni in caso di dolo, ma la sentenza sarà comunque appellabile dalle parti al Tas di Losanna. Aprilia crede fermamente nell’innocenza del suo pilota e, qualora venga presentato ricorso al Tas, l’appello rischierebbe di dilungare i tempi. “Il test del capello è stato negativo e chiunque sia andato al Tas con questa prova ha vintoha recentemente dichiarato l’amministratore delegato di Aprilia Racing, Massimo Rivola – . Ci sono stati almeno otto casi di atleti che grazie a questo test hanno vinto il ricorso dopo aver perso in primo grado”.

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