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Vingegaard in lacrime, ricorda il dramma ai Paesi Baschi: “Pensavo di morire e a mio figlio non nato”

Jonas Vingegaard ha rivissuto in lacrime l’incubo ad occhi aperti dello scorso aprile quando al Giro dei Pesi Baschi rischiò di morire per una orrenda caduta che lo costrinse a restare per mesi senza bici. “Continuavo a pensare che sarei morto, a mia moglie a mia figlia e al figlio che aspettavamo. Mi ero ripromesso di smettere se fossi sopravvissuto”.
A cura di Alessio Pediglieri
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Jonas Vingegaard e la sua famiglia hanno impressa in mente una data precisa: 4 aprile 2024, il giorno in cui al Giro dei Paesi Baschi fu coinvolto in una drammatica caduta a ridosso di una curva, in discesa, quando si schiantò dentro un canaletto in cemento dove subì diverse fratture e rischiò di porre fine alla propria carriera. Il campione danese si è raccontato a cuore aperto, in compagnia della moglie Trine, con le lacrime agli occhi rivivendo quei tragici momenti: "Pensavo di morire, che fosse tutto finito. Pensavo a mio figlio ancora non nato e che non lo avrei mai visto. Mi promisi che se fossi sopravvissuto avrei smesso col ciclismo". Alla fine, dopo una serie di operazioni e un lentissimo recupero, Vingegaard è ritornato in sella, a vincere, e a settembre ha potuto abbracciare il suo secondogenito.

La drammatica caduta di Vingegaard: "Quando sputai sangue capii che era tutto finito"

L'occasione per rivivere l'incubo ad occhi aperti arriva sulla scia di un documentario andato in onda sulla Tv di stato danese, "Estate dello sport 2024: secondi che ricordiamo" che ha ripercorso diversi momenti tra cui quella drammatica caduta che aveva sconvolto un Paese con il coinvolgimento di uno dei più amati e conosciuti campioni sportivi. L'intera Danimarca restò col fiato sospeso, con il due volte vincitore del Tour che era stato coinvolto insieme a Primoz Roglic, Remco Evenepoel e Jay Vine, subendo il danno maggiore: rimase immobile a terra per poi essere trasportato in ospedale in barella con la bombola d'ossigeno.

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Vingegaard subì la rottura di sette costole, sterno rotto, una clavicola rotta, un dito rotto e un polmone collassato. "Pensavo che fosse finita", ha ricordato alla televisione danese in presenza della moglie: "Quando ho tossito sangue, ho capito che era grave. È stato allora che ho pensato che ci fosse un'emorragia interna e che in qualche modo potesse annegare nel mio stesso sangue o in un'emorragia interna. Fu allora che pensai che tutto era perduto"

Vingegaard ricorda il dramma vissuto ai Paesi Baschi: "Mi sono giurato che se fossi sopravvissuto avrei smesso"

"Eri incinta. Ho avuto difficoltà con questo pensiero nella testa" ha continuato Vingegaard stringendosi vicino Trine, "soprattutto il pensiero che dovevi vivere senza di me e quando mi sono sdraiato immobile a terra ho pensato una sola cosa. Che se fossi sopravvissuto avrei smesso con il ciclismo. Continuavo a pensare a Frida (la sua prima figlia, ndr), a Trine (la moglie, ndr) e al nostro figlio che non ancora nato… Mi ripromisi che se fossi sopravvissuto a tutto quello, avrei detto basta col ciclismo". Alla fine però, Vingegaard non si è ritirato dal ciclismo. Dopo una lunghissima riabilitazione, è tornato in sella, correndo al Tour de France, dove ha vinto un tappa e prendendosi il secondo posto nella classifica finale, dietro all'inavvicinabile Pogacar.

Il ricordo della moglie di Vingegaard, Trine: "Non volevo guardare, avevo capito che non andava assolutamente bene"

"Ero incinta e avevo con me Frida" ha rivissuto con le lacrime agli occhi anche la moglie Trine. "Fortunatamente la bimba stava giocando nella sua stanza con un'amica quando è successo. Di solito guardava il papà correre… Ricordo di aver detto "cazzo, cazzo, cazzo!" perché vedevo che non andava assolutamente bene nulla… Il modo in cui stava torcendo il suo corpo era orribile… Ho detto a un amico: non voglio più vederlo. Ma lui ma dato coraggio: guarda attentamente, così puoi vedere cosa è successo"

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