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Ullrich e la sua più grande follia: “Ho fumato 700 sigarette al giorno, il passo dopo era la morte”

Nuove rivelazioni sconcertanti di Jan Ullrich sul suo dramma interiore tra disperazione, depressione ed eccessi estremi: “Spingevo il mio corpo sempre più in là per vedere fin dove potessi arrivare. Il passo successivo era solo la morte…”
A cura di Alessio Pediglieri
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Jan Ullrich continua la sua catarsi nel raccontare e ricordare di quando era al vertice del ciclismo mondiale, a cavallo tra gli anni 90 e i 2000, tra vittorie, fama, soldi e una infinita dose di eccessi estremi, tra doping, alcool, cocaina e fumo. Una vita scellerata che gli costò la carriera, una maxi squalifica e tribunali per accuse di utilizzo di sostanze vietate. Ma soprattutto che lo portarono sul bordo della vita, sfiorando la tragedia: "Non so nemmeno io come sia potuto sopravvivere".

Rivelazioni che arrivano oramai come un fiume in piena da parte di chi ha deciso di liberarsi dal peso più grande, quello che grava su una coscienza sporcata da anni di nefandezze: Jan Ullrich ha rivelato co sì in questi giorni altri particolari sconcertanti, attorno alla sua vita dissipata, in una bipolarità che lo ha portato ad essere uno dei fenomeni più grandi del ciclismo professionistico e contemporaneamente uno degli uomini più complicati e complessi, in grado di far convivere in parallelo il meglio e il peggio di sè.

Jan Ullrich con la mitica maglia della Telekom con cui scrisse pagine impagabili nella storia del ciclismo
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"Non so come possa essere sopravvissuto". Riparte da questo pensiero il racconto di Ullrich iniziato a ridosso della promozione del suo docufilm in cui denuncia e si autodenuncia sul tema del doping, utilizzato come "pane quotidiano" per anni, aderendo ad un sistema radicato e diffuso di cui accettò senza alcuna esitazione, tutto: "Ero un atleta di altissimo livello e potevo sottoporre il mio corpo a qualsiasi sforzo estremo. Tutto questo talento per la sofferenza mi ha reso anche il vincitore del Tour, ma purtroppo ha funzionato anche nell’altro senso, il peggiore".

Vinse il Tour de France 1997 e la Vuelta a España 1999, un titolo olimpico a Sydney 2000 e a tre titoli mondiali su strada
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Così, dopo aver svelato particolari agghiaccianti sull'uso massiccio di doping, Ullrich ritorna sul fronte privato di una esistenza oltre il limite, svelando alla rivista Humo altri aneddoti con cui ha convissuto per anni e che oggi è fortunatamente in grado di raccontare: "Molti altri sarebbero morti o si sarebbero uccisi. Per me è un mistero ancor oggi pensare al fatto che io sia ancora vivo. Ero all'estremo, il passo successivo era la morte". Tutto ciò perché all'apice del successo, il campione tedesco entrò in una vorticosa spirale personale: "Portavo il mio corpo all'estremo. Una volta non ho bevuto nulla per mesi, forse addirittura nove. Poi ho iniziato con un bicchiere e dopo un attimo ho subito perso il controllo. Non mi sono più fermato, sono passato dal vino al whisky con una bottiglia al giorno, poi due e così via, intorpidendomi di settimana in settimana"

Ullrich e Armstrong, eterni rivali in bici, amici profondi nella vita
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In tutto questo non mancavano droghe e fumo: "Potevo bere sempre più whisky, sniffare sempre più cocaina. Molti sarebbero morti ma il mio corpo ha resistito" ha ribadito a Humo, il 50enne atleta tedesco. "Ero sul baratro, mi inventavo delle sfide con me stesso, solo per il piacere di affrontarle e vedere fino a dove potevo spingermi. Per esempio, una volta ha deciso di stabilire un assurdo record mondiale… e ho fumato più di settecento sigarette in un giorno". Follie estreme che sono continuate anche dopo il ritiro, mentre si rincorrevano le prime voci sul doping, con la depressione che oramai era diventata parte integrante delle giornate di Ullrich: "Per me è un mistero come sia riuscito a resistere così a lungo ripensando a ciò che facevo tutti i giorni. Se come corridore avevo insegnato al mio corpo a come soffrire, dopo la mia carriera quella sofferenza l'avevo indirizzata nella direzione sbagliata, provando a distruggermi".

Siamo nel 2018, quando lontano dalle gare, il dramma personale di Ullrich arriva all'apice, senza più il punto di ritorno: "Ero arrivato al mio punto più basso, quello che mi facevo era tutto ciò che una persona poteva sopportare fisicamente e mentalmente. Il passo successivo sarebbe stato la morte, che non è arrivata." Sono gli anni successivi all'onta dell'Operacion Puerto, della squalifica e della cancellazione di anni di vittorie macchiate indelebilmente dal doping. "All'improvviso sono caduto dal mio piedistallo di candidato alla vittoria finale. Mi sono ritrovato da solo, mentre tutta la Germania mi stava puntando il dito contro. Da cavallo di razza sono diventato improvvisamente un cavallo da fattoria. È stato molto difficile e non è ancora passato perché in realtà, sento lo stesso dolore ancora adesso"

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