Ullrich a ruota libera su doping e ciclismo: “Potrei trascinare nell’abisso tantissime persone”
Jan Ullrich è tornato a parlare del doping all'interno del mondo professionistico del ciclismo, rivelando ancora nuove sconcertanti verità attorno agli anni '90, l'epoca tra le più cupe di questa disciplina, totalmente sprofondata nella piaga delle sostanze proibite. Che il campione tedesco ritorna a rimarcare fossero pratica comune, "un sistema consolidato" in cui era naturale fare uso di prodotti dopanti.
Tuttavia, l'ex campione tedesco non ha voluto fare nomi e cognomi preferendo sorvolare su argomenti specifici che potrebbero coinvolgere moltissimi altri suoi ex colleghi della bivi in quegli anni, continuando a parlare di se stesso e confessando altri particolari sconcertanti sulle pratiche diffuse in gruppo a fine del secondo millennio: "Se non avessi praticato anch'io il doping, la mia carriera sarebbe finita".
Parole sconcertanti che si aggiungono ad altre indiscrezioni in cui Ullrich svuota il sacco su ciò che per anni si era portato dietro, rifiutandosi di parlare e di ammettere tutto quanto era accaduto in quegli anni che lo portarono ad un processo e conseguente squalifica, con la successiva cancellazione di ogni vittoria. Un'epoca di eccessi, sotto ogni punto di vista, tenuta sotto il tappeto come la polvere: "Se avessi raccontato la mia storia prima, avrei vissuto anni meravigliosi ma non ho mai avuto il coraggio di farlo. Ora però è bello ammettere la mia colpa".
"Sono entrato in contatto con il doping nel 1995 e 1996, prima del Tour de France" continua Ullrich nella sua catarsi verso il doping: "In quel periodo mi era stato spiegato in modo plausibile e non avevo paura. Anzi, tutto era chiaro in quel momento. Ero giovane e ingenuo e stavo entrando in un sistema che già esisteva". Le sconcertanti rivelazioni proseguono come un fiume in piena: "Mi era stato presentato in un modo così accettabile e necessario che decisi di farlo senza problemi. Dopotutto la mia carriera sarebbe finita se non l'avessi fatto".
Solamente ora, dunque, la verità viene ammessa da uno dei diretti interessati e maggiori imputati di quel periodo. Il nome di Ullrich fu associato alla Operation Puerto che sconvolse il Tour del 2006 e ad uno dei più chiacchierati medici sportivi del ciclismo, il famigerato dottor Eufemiano Fuentes da sempre accostato al ruolo di referente per tutti coloro che volevano utilizzare pratiche illecite. Come Ullrich che però non si tira indietro: "Non mi sento un criminale per quello che ho fatto ed è stato, io so quello che ho vinto e personalmente penso di meritare i titoli che ho raccolto. Altri, oltre a me, devono prendere questa decisione. Io nel profondo del mio cuore sono un vincitore del Tour de France".
Queste le sconcertanti anticipazioni che Ullrich ha voluto ribadire in vista del docufilm del ciclismo di quegli anni che prossimamente sarà in catalogo su Prime Video con il campione tedesco protagonista principale e unico: "Preferisco parlare di me in prima persona. Non farei mai e poi mai i nomi di altre persone" conclude serafico giurando il silenzio: "Altrimenti porterei nell'abisso con me tantissime persone, potrei demolire tutto. Ma oggi a che serve"