Sonny Colbrelli: “Con Eriksen una differenza abissale, in discesa col defibrillatore rischiavo tanto”
La carriera ciclistica di Sonny Colbrelli si interruppe all'improvviso il 21 marzo 2022, subito dopo l'arrivo della prima tappa al Giro di Catalogna quando va in arresto cardiocircolatorio. Gli verrà applicato un defibrillatore sottocutaneo che ne determinerà di fatto la fine della carriera agonistica secondo le leggi italiane. Contrario al cambio di nazionalità sportiva, qualche mese più tardi saluterà il professionismo: "Non è stata mai una opzione". Ma a distanza di due anni l'amore per questo sport non è cambiato: "Cerco di trasmettere tutta la mia esperienza".
Oggi Colbrelli è ancora immerso nel mondo delle corse, nel suo ruolo di direttore sportivo della Bahrain, il team con cui concluse la sua carriera in sella e a Fanpage.it racconta il suo imminente debutto al Giro d'Italia su una ammiraglia: "Solo un paio d'anni fa avrei riso a chi me l'avesse proposto, oggi invece sono felice di aver trasformato un problema in una opportunità". In un ciclismo italiano che fatica ad alzare la testa ("Stiamo soffrendo, ogni anno si dice di aver fiducia ma ogni anno passa senza cambiamenti") e nella speranza di togliersi qualche soddisfazione negatagli dal destino: "Avrei sicuramente corso qualche Giro per vincere almeno una tappa, il mio più grande rammarico".
Sonny, il Giro 2024 è oramai alle porte. Un'edizione che presenterà un "cuore" forse decisivo, nella tre giorni di Livigno, d'accordo?
Quando il Giro arriva sulle Alpi lombarde e a Livigno in particolare c'è sempre grandissima attesa e sicuro spettacolo. Quest'anno saranno tre giorni importanti sia per i corridori, sia per i tifosi perché oltre all'arrivo sul Mottolino ci sarà poi un giorno di riposo che resta come sempre un interrogativo. Poi la ripartenza verso una nuova tappa di montagna con la Cima Coppi in programma altamente spettacolare.
Giro d'Italia, una corsa in cui non sei mai stato protagonista nella tua carriera. Come mai?
Ma sai, l'ho affrontato nei miei primi anni da professionista e allora mi è mancato davvero poco per riuscire a prendermi dei bei risultati. Poi nel corso degli anni ho acquisito sempre più fiducia in me stesso e ho conquistato altre vittorie importantissime. Sicuramente avessi deciso di affrontare nuovamente il Giro in questi ultimi anni, in cui ero al massimo della mia forma, mi sarei tolto di certo una di quelle soddisfazioni che poi restano per sempre.
Come vincere una tappa?
Sì, ad esempio questo traguardo mi manca se riguardo la mia storia: vincere almeno una tappa al Giro.
E se ti avessero detto che al Giro ci saresti tornato, ma in una veste tutta nuova da ds?
Sinceramente ci avrei riso su, non era di certo nei miei pensieri, eppure si è presentata questa nuova opportunità per me, un ruolo tutto nuovo in cui mi sto impratichendo. Essere in direttore sportivo non significa solo salire su una macchina e parlare tramite una radiolina ai corridori. C'è tantissimo da fare e in questi due anni in cui ho smesso di correre sto imparando tantissimo da altri direttori importanti, come Pellizzotti, Gorazd o Roman Kreuziger con cui ho corso e dove ho smesso la mia carriera.
Da italiano e da ds, allora, come vedi l'attuale momento del ciclismo italiano?
E' inutile nasconderci, stiamo soffrendo un bel po'. Dopo Nibali non c'è stato più nessuno all'altezza dei grandi. Abbiamo tante speranze e aspettative, ad esempio ce n'è una da noi in Bahrain proprio per il Giro d'Italia.
Tiberi?
Sì, Antonio che sarà il nostro capitano per la corsa. Ci puntiamo tantissimo, non solo noi ma l'intero movimento. Un grande professionista, giovane e talentuoso, mi aspetto che possa fare bene.
E per il resto? Il nulla assoluto?
Beh, non proprio, abbiamo qualche corridore da classiche, lo abbiamo visto nelle scorse settimane. Si sono messi in mostra Ganna, Bettiol e poi Mozzato che è riuscito a prendersi un prestigioso secondo posto al Giro delle Fiandre. Però, lo sai, stiamo soffrendo in linea generale e questo fa male.
Quindi bisognerà accettare di aspettare ancora…
Bisogna avere pazienza, questo sì. Ma è anche vero che oramai sono troppi anni che ogni anno si dice, aspettiamo che qualcosa accada. E invece siamo qui a sperare, mentre gli anni passano, anche per chi corre. La speranza però non la perdo, credo che dopo il periodo delle grandi classiche con i grandi giri qualcuno dei nostri saprà mettersi in mostra.
E in questa prima parte di stagione, qualcuno che ti ha sorpreso al di là dei soliti favoriti?
Mah, direi quasi nessuno perché c'è stato davvero pochissimo spazio alle sorprese, con l'evidente dominio dei corridori più forti. Comunque ripeterei il nome di Mozzato: nel suo Fiandre nessuno si aspettava una prestazione di questo livello.
Tra i fenomeni del momento: van der Poel, Pogacar o Vingegaard?
Sorprendente van der Poel, una vera e propria macchina da guerra, come pochissimi in questo momento. Poteva dargli problemi van Aert ma è caduto e mi dispiace moltissimo per quello che gli è successo. Forse è mancato un po' questo dualismo che tutti si attendavano.
Sonny, rivivendo per un istante il difficile momento dell'addio, hai mai pensato di riprovarci comunque?
No, ci ho pensato e non mi sono mai pentito delle decisioni che ho preso, nemmeno quando mi avevano ipotizzato la possibilità di correre all'estero per ovviare ai regolamenti in Italia che non mi avrebbero mai più permesso di avere l'abilità agonistica.
Non poteva essere, comunque, una possibilità?
Non è mai stata una opzione: ho due bimbi piccoli, ho pensato alla mia vita al mio futuro. E' stata una scelta difficile ma saggia, perché poi il ciclismo non è mica il calcio.
Ti stai riferendo a Eriksen che all'Inter ebbe il tuo stesso problema e andò a giocare all'estero?
Sì, perché la situazione è molto simile. Ma con una differenza abissale: Eriksen gioca con il defibrillatore ma è su un campo da calcio. Se ci dovesse essere un problema nella macchinetta che abbiamo sul nostro corpo, lui cade sull'erba. Se io sono in discesa lanciato a 90-100 chilometri all'ora e accade qualcosa, io posso rischiare davvero tantissimo. Senza dimenticare che potrei anche far male ad altri ciclisti.
Come hai vissuto quei momenti?
Con tantissimo e credo giustificato rammarico perché ero davvero all'apice della mia carriera. Avevo appena vinto delle corse importanti, avrei potuto e voluto difendere quelle due maglie che mi ero guadagnato (campione europeo e campione italiano in linea nel 2021, ndr) e l'assurdo è stato non poter nemmeno provare a riconfermarmi alla Parigi-Roubaix dove avevo sorpreso tutti vincendo al mio debutto assoluto in quella classica.
E qualche soddisfazione che ti saresti voluto togliere?
Vincere al Giro d'Italia, indubbiamente. Sicuramente avrei partecipato e lo avrei fatto al massimo della forma e della mia maturità sportiva. Poi magari provaci anche al Tour de France, sarebbe stato il massimo. Comunque provo a non lamentarmi visto che nel ciclismo poi vince sempre solo uno alla volta e tantissimi miei colleghi hanno provato a rincorrere i sogni di una vita senza riuscirsi. Io qualche bella soddisfazione me lo sono tolta.
Il ciclismo di oggi è davvero più pericoloso che in passato?
Direi che è super performante, perché per essere pericoloso il ciclismo è sempre stato. Oggi è vero che tra gallerie del vento, nuove tecnologie per biciclette sempre più leggere, attrezzature e abbigliamento si guarda sempre più alla prestazione. Poi ci sono le dinamiche di gara: non si può affrontare una curva tutti insieme o restare tra i primi sempre e comunque.
Senza dimenticare velocità e andature sempre più elevate e a rischio.
Ma guarda, sul fronte organizzativo ci stanno provando, stanno lavorandoci. Un esempio è stata la chicane alla Roubaix per limitare la velocità, poi è stata comunque l'edizione più veloce. Certo è che le cadute sono sempre di più, alcune anche gravi, e non è mai piacevole vedere ciclisti che si fanno male. Ma provate a dirglielo voi, di frenare e andare più piano…