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Perché il Giro d’Italia è finito nel caos totale, la spiegazione di Pogacar: “Gente impreparata”

La 16a tappa del Giro d’Italia da Livigno a Santa Cristina di Valgardena è stata stravolta letteralmente causa maltempo. Previsto e annunciato ma che ha mandato il tilt l’organizzazione: è servito il piano D, improvvisato al momento, per risolvere una situazione più che imbarazzante.
A cura di Alessio Pediglieri
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Un caos vero e proprio che si è cercato come sempre di porvi rimedio con toppe che si sono mostrate ancor peggio del danno: la Livigno-Santa Cristina di Valgardena è stata letteralmente dilaniata da scelte dell'organizzazione del Giro d'Italia che hanno fatto infuriare i ciclisti. In primis  lo stesso Tadej Pogacar, straordinaria maglia rosa, che di fronte ai continui cambiamenti e alla mancanza di certezze, ha regalato veleno per come è stato gestito il tutto.

Un piano B, poi un piano C, quindi la soluzione finale: cancellare con un colpo di spugna la prima parte di frazione e dare il via alla 16a tappa da Lasa, invece di Livigno, con orario fissato alle 14:25 (invece dell'iniziale 11:20) stravolgendo dinamiche di corsa ma soprattutto gettando nella totale confusione team, direttori sportivi, ciclisti, tifosi e spettatori. Di fronte al maltempo, il Giro è andato in tilt completo mostrando una seria difficoltà nell'affrontare una situazione già evidente dal giorno prima.

Cos'è accaduto nella convulsa mattinata della 16a tappa

Di fronte alla fitta nevicata sui vari valichi che sarebbero dovuti essere percorsi partendo da Livigno, sin dalle prime ore del mattino si è capito che sarebbe dovuto cambiare qualcosa e ci sarebbe stata necessità di una decisione. Che è mancata, o meglio è stata cambiata troppe volte in troppo poco tempo. Un piano A indicava l'abbattimento ulteriore della Cima Coppi al Passo Umbrail, una scelta abdicata al 100% dai ciclisti con un comunicato deciso: "I corridori hanno unanimemente annunciato che non parteciperanno alla tappa con le attuali condizioni".

Il piano B: la passerella sull'Umbrail

Un problema non da poco che ha fatto scattare il piano B: percorrere i 20 km sull'Umbrail per una passerella dedicata al pubblico presente sulle strade del Giro, per poi risalire su ammiraglie e pullman per scendere a valle con le strade ghiacciate, impossibili da percorrere. Una scelta improponibile e subito cancellata: i mezzi non erano predisposti per affrontare manti stradali innevati, montando ruote estive.

Il piano C e il boicottaggio dei corridori

Dunque, il piano C: partire da Livigno alle 11:45 per percorrere i primi chilometri senza gara, fino al tunnel Munt Raschera e trasferimento con i mezzi fino a Prato allo Stelvio, laddove si doveva partire ufficialmente alle 14.00. Una totale assurdità con i corridori che non si sono presentati al via e così è saltato di nuovo tutto, con l'organizzazione che si è dovuta reinventare in fretta e furia una ulteriore soluzione, improvvisata.

Il piano D: la partenza da Lasa

Così, il classico papocchio: trasferimento in pullman e in ammiraglia da Livigno a Lasa, con il via fissato per le 14:20, neutralizzando di colpo tutta la prima parte di tracciato e chiudendo contenziosi, polemiche e difficoltà annesse. Una decisione che il Giro però ha saputo prendere solamente una volta messa al muro dai team e dai ciclisti.

Lo sfogo di Pogacar, poco prima della partenza da Lasa

Molti ciclisti non sono rimasti contenti di come si è gestita una situazione che era visibilmente chiara: maltempo su tutta la prima parte della tappa, impossibilità di percorrere il tracciato previsto, tra neve, pioggia e ghiaccio. L'urgenza e la necessità di prendere immediatamente la decisione finale per garantire serenità a chi poi in strada pedala e rischia in prima persona, i corridori. Che non hanno lesinato feroci polemiche e ha fatto sentire la propria voce anche Tadej Pogacar, maglia rosa in carica e che è stato spietato: "Io e i miei colleghi eravamo pronti e preparati a tutto questo maltempo, l'organizzazione decisamente meno" ha accusato ai microfoni Rai. "Potevano disegnare una tappa decisamente differente dall'attuale, c'era tutto il tempo sufficiente. Come era stata disegnata sulla carta la tappa di oggi non era più possibile affrontarla anche perché bus e auto avevano pneumatici estivi e non da neve".

Poi, un ulteriore sfogo, di fronte ad una situazione che doveva essere gestita meglio: "Il tempo è davvero terribile. È pericoloso andare in discesa. È una merda correre a 0°C, con neve e pioggia, ma se vogliono che corriamo, possiamo correre… Speriamo che non ci siano incidenti, voglio tutto il i ciclisti siano al sicuro".

Cosa aveva detto Mauro Vegni, direttore del Giro

Mauro Vegni, direttore del Giro, aveva precedentemente cercato di rasserenare la situazione, spiegando che la commissione per il maltempo era stata costituita già nella giornata di riposo pianificando soluzioni alternative: "Non è successo niente, era quello che era previsto. Spero i ciclisti siano soddisfatti perché abbiamo fatto di tutto per venire loro incontro. Ieri avevamo già previsto tre casi differenti". Peccato che si è partiti inventando al momento un piano D, del tutto improvvisato.

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