Oggi il via del Giro 2022, con tanta Italia, pochi italiani e senza veri padroni
Parte il Giro d’Italia 2022, il numero 105, e non può che essere una corsa piena di novità e cambi di scena continui. Il ciclismo internazionale oggi vive un momento magico con una serie di campionissimi giovani che si danno battaglia su ogni terreno. C’è il campione generazionale, Tadej Pogačar, che può vincere ovunque e ha per adesso due grandi sfidanti nei grandi giri, Primož Roglič ed Egan Bernal. Nelle corse di un giorno e quindi per le tappe di un giro di tre settimane i nomi di alto livello sono Wout Van Aert, Julian Alaphilippe, Remco Evenepoel (che a brevissimo sarà in lizza anche per la prima categoria) e infine Mathieu van der Poel. Di tutti i nomi citati al Giro per i motivi più vari ci sarà solo l’olandese ultimo vincitore del Giro delle Fiandre (e da lui ci si aspettano i fuochi d’artificio) e per questo motivo, un po’ come la Serie A attuale, sarà una corsa più povera nei contenuti ma di sicuro più emozionante per la vittoria finale.
Tra i favoriti almeno tre si stagliano fra gli altri. Il primo è Richard Carapaz, già vincitore del Giro 2019 e capitano della squadra migliore, la Ineos. Come sempre la squadra inglese porta in gara anche un vicecapitano che potrebbe diventare utile in caso di poca forma dell’ecuadoriano, in questo caso Richie Porte. Una squadra che a questi due aggiunge anche Jonathan Castroviejo e Pavel Sivakov, oltre a tanti gregari di grandissimo livello può tenere senza grossi problemi in mano la corsa. Sullo stesso livello di Carapaz ci sono poi Simon Yates della Team BikeExchange-Jayco, che questa volta spera di reggere anche nelle ultime tappe, spesso per lui indigeste e Joao Almeida, capitano della UAE Team Emirates e l’unico tra i migliori ad avere un vantaggio competitivo nelle cronometro che però saranno solo due per soli 26 km in totale contro il tempo.
In seconda fila ci sono un sacco di pretendenti: Miguel Angel Lopez, capitano dell’Astana che può contare anche su Vincenzo Nibali in appoggio, Mikel Landa, guida della Bahrain Victorious che è forse la vera variabile impazzita capace di far saltare il banco. Infine altri due nomi molto pesanti, il cui Giro dipende solo dallo stato di forma: Romain Bardet, potenziale scalatore migliore del gruppo, e Tom Dumoulin, capitano di un’altra grande squadra, la Jumbo-Visma, che schiera anche altri co-capitani come Tobias Foss e Sam Oomen. L’olandese è stato già vincitore del Giro 2017 ed è il campione che può diventare l’uomo-guida del gruppo. Purtroppo tra i nomi fatti è evidente come gli italiani che possono davvero pensare di vincere il Giro non ci sono. Il secondo dello scorso anno, Damiano Caruso, non ci sarà, possiamo riporre qualche piccola flebile speranza in Giulio Ciccone, ma meglio non creare troppe pressioni su un corridore che non ha mai retto le tre settimane.
Per noi italiani, un po’ come anche nel calcio in cui scontiamo il secondo Mondiale “casalingo”, meglio dedicare una speranza ai giovani: Lorenzo Fortunato, non di primissimo pelo ma in crescita nella Eolo-Kometa, Alessandro Covi, forse il miglior cacciatore di tappe under 25 che abbiamo, Matteo Sobrero e Edoardo Affini per le cronometro, Giovanni Aleotti e Filippo Zana per le montagne. Poca roba, lo sappiamo, ma per altri anni dobbiamo più che altro attendere e sperare, in attesa di tempi più fausti.
Ma più che un Giro di giovani, questa sarà di sicuro una corsa rosa di vecchi volpaccioni. In volata si sfideranno Caleb Ewan e Mark Cavendish. Per le tappe ci sono nomi “storici” come Wouter Poels, Arnaud Démare e poi il ciclista italiano degli ultimi dieci anni, Vincenzo Nibali. Non può essere un probabile vincitore e non sarà nemmeno il capitano della sua squadra, però lo attende la sua corsa, vinta per due volte e quella tappa che arriva sull’Etna, la sua terra. Proprio la quarta tappa sarà la prima a dirci qualcosa sulla classifica finale, dopo un inizio con tre tappe in Ungheria.
Da un punto di vista geografico sarà un Giro che toccherà molte grandi città italiane (Napoli, Torino, Messina, Genova, Parma, Catania, Reggio Emilia) e sarà meno “periferico” rispetto al normale. La seconda tappa da non perdere sarà la nona che arriva al Blockaus, la salita che fece scoprire al mondo Eddy Merckx. Dopo diverse tappe molto insidiose si decide tutto dalla quindicesima tappa in poi. C’è un doppio impegno per due volte: prima la Rivarolo-Cogne con tre salite durissime e la Salò-Aprica, con oltre 5000 i metri di dislivello e il mitologico Mortirolo, per poi passare alla ventesima e ventunesima tappa, ovvero la Belluno-Marmolada, in cui si scala anche la cima Coppi, il Passo Pordoi e infine la cronometro di Verona, con arrivo nell’Arena di Verona, palcoscenico della vittoria di Francesco Moser nel 1984 e di Richard Carapaz nel 2019.
Sarà un Giro pieno di cose e di possibili sorprese, ma la doppietta ecuadoriana sembra essere proprio la scommessa più sicura.