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Maurizio Fondriest: “Nel ciclismo di oggi troppa esasperazione. Italia corrosa da miopie e invidie”

Maurizio Fondriest si è raccontato a Fanpage toccando temi a 360 gradi sul ciclismo. Dal prossimo Giro d’Italia 2025 ai campioni che oggi appassionano i tifosi, fino al ciclismo italiano in eterna attesa di un nuovo fuoriclasse. Senza dimenticare il problema sicurezza sulle strade e la cronica assenza delle istituzioni.
A cura di Alessio Pediglieri
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Maurizio Fondriest si è raccontato ancora una volta a Fanpage.it, in un bellissimo Tour in cui si sono toccati tutti gli aspetti del ciclismo, non solo dei professionisti. Dalle vittorie di una carriera unica ai campioni di oggi, passando dal prossimo Giro d'Italia, le tante cadute gravi dell'ultima stagione agonistica, i talenti di Pagacar, Van der Poel, Evenopoel. Fino ad analizzare la crisi del ciclismo italiano e la cronica mancanza di sicurezza sulle strade di un'Italia ancora non adatta per i ciclisti. Per i quali Fondriest si è mosso da sempre in prima persona, "ottenendo, con infinita perseveranza, alcune risposte finalmente positive. Anche se la miopia di molti e la burocrazia italiana complica da sempre tutto".

Partiamo dal prossimo Giro d'Italia 2025 appena presentato: le piace?
Quest'anno penso che ci saranno tre settimane molto equilibrate, speriamo fino alla fine, con diversi testa a testa e maggiore incertezza. A livello mediatico e per gli appassionati diventerà sicuramente molto più affascinante e per gli stessi partecipanti più stimolante con la possibilità di mettersi maggiormente in mostra.

Non ci sarà molto probabilmente Pogacar, è un passo indietro?
Pogacar ha ammazzato l'ultimo Giro. Molto bello da vedere per l'espressione di ciclismo che ha espresso, uno spettacolo puro, ma non avendo avversari alla fine ha rischiato di diventare monotono sul fronte dell'attesa e delle aspettative. Quest'anno sarà differente e per il Giro comunque non è una cosa completamente negativa.

Cioè, l'assenza dei migliori non crea un effetto boomerang negativo?
Tutte le altre squadre che sono comunque di livello ma sanno che i vari Pogacar, Vingegaard e altri fuoriclasse non ci sono, allora preferiscono partecipare ad esempio al Giro, alzando il livello generale. Perché a quel punto poter vincere diventa un traguardo decisamente concreto. Poi le squadre che oggi hanno un corridore veramente forte, l'appuntamento più importante è sempre e solamente uno, il Tour de France. Dico purtroppo, ma è innegabile: è sotto gli occhi di tutti.

A lei in particolare sarebbe piaciuto il Giro 2025?
No, assolutamente visti i tracciati delle varie tappe avrei faticato parecchio per le mie caratteristiche. Ci sono troppo poche tappe intermedie, con arrivi in salita ma non troppo duri dove potevo dire la mia. Oggi ci sono arrivi e frazioni che sono per puri velocisti o puri scalatori o anche per chi ama le fughe da lontano.

Ai suoi tempi tutti però correvano più gare rispetto ad oggi dove si sceglie. Come mai?
Sono generazioni e tempi diversi, c'è un abisso tra i miei tempi e gli attuali con mezzi, strade, rapporti, calendari, esigenze differenti. Oggi i ciclisti sono molto più seguiti, possono programmare meglio i carichi di lavoro, gestire le situazioni. C'è da dire che se anche oggi magari corre meno, chi è davvero campione lo è per tutto l'arco della stagione.

Come Pogacar?
Pogacar è un esempio: vince ad inizio e alla fine, non fa due mesi al top e poi non lo vedi più. E' semplicemente cambiato il ciclismo e i suoi obiettivi, i campioni ci sono sempre.

Ma questo tipo di ciclismo le piace?
A me personalmente il ciclismo piace sempre e tutto e quello attuale non mi dispiace affatto. E chi dice che oggi non ci sono campioni del passato, sbaglia. Sono diversi, ma ci sono.

Il podio dell'ultimo Tour con il meglio del ciclismo mondiale: Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel
Il podio dell'ultimo Tour con il meglio del ciclismo mondiale: Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel

Il pensiero va sempre a Pogacar?
E' un po' un novello Bernard Hinault. Stiamo parlando di livello altissimo e con tanti avversari di spessore. Parliamo di Evenepoel, che alla sua età ti vince la Vuelta, i mondiali su strada e a cronometro, le Olimpiadi con quella facilità disarmante…. insomma di che parliamo? Vogliamo ricordare Van der Poel che ha vinto in strada e nel cross, con 6 Mondiali.

A proposito di Mondiali, Renaix '88.  Tra i tanti suoi successi forse il più rocambolesco: pensa mai ad un colpo di fortuna?
Arrivano da una Milano-Sanremo dello stesso anno che avevo perso perché avevo sottovalutato i miei avversari tra cui Fignon. Lì a Renaix non avevo sottovalutato nessuno, sapevo perfettamente che gara mi aspettava e chi erano i miei antagonisti. Poi ogni gara è a sé, puoi vincere o perdere per un episodio. Anche a Stoccarda mi ricordo, nell'anno in cui vinse Bugno i Mondiali, io non ho vinto solo perché mi uscì il piede dal pedale. Nelle gare ci sono sempre tanti se e ma, purtroppo…

Ma ha qualche rammarico?
L'unico vero rammarico ad esempio è che ho vinto un solo Mondiale e ne avrei davvero potuti vincere almeno due.

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E l'Amstel Gold Race 1991 con l'epica scorrettezza di Maassen, la annovera tra le occasioni perse?
Un'occasione perduta perché sarei stato il primo italiano nella storia a vincere l'Amstel Gold Race, per cui senza tanti giri di parole me l'hanno rubata, diciamolo.

Ma ha più avuto occasione di incontrare Maassen?
Sì certo, quando lo vedo alle corse lo vedo, lo saluto ma mi è rimasta dentro un po' di rabbia. Oramai sono passati tantissimi anni,  però ti rimane quel fastidio dentro che non puoi togliere anche perché anni dopo mi hanno raccontato anche qualche retroscena di quella mancata squalifica durante un Giro d'Italia.

Cioè?
Durante il Giro 2022, una giudice di gara che oggi lavora per RCS mi fermò e mi disse: sai che l'altro giorno un collega olandese mi ha chiesto se eri tu quel Fondriest famoso dell'arrivo del 1991 con Maassen? No, perché mi ha raccontato un aneddoto di quell'arrivo e cosa accadde dietro le quinte.

E cosa successe in quell'occasione?
Quell'uomo nel 1991 faceva parte della commissione di giuria dell'Amstel e si ricordava benissimo di quella scorrettezza di Maassen. Però la giuria non si mosse e non decise alcun intervento. Lui era a suo tempo giovanissimo, alla sua prima esperienza da giudice in una gara internazionale e rimase stupito che non si fossero presi provvedimenti. Non si era azzardato a far notare la cosa, ma ancora oggi lui steso si ricorda benissimo che essendo in Olanda si decise di non punire Maassen. E a quell'epoca queste cose ancora erano all'ordine del giorno…

Hai vinto anche due Coppe del Mondo, competizione tolta: non farebbe bene al ciclismo oggi?
In questo momento non la reinserirei anche se hanno completamente sbagliato a toglierla. Era una maglia importante, una competizione alla quale ci si teneva: avrebbero dovuto tenerla e rinforzarne l'importanza, dandole una nuova vita sportiva perché adesso c'è chi fa solo la prima parte delle classiche o solo la seconda. Insomma avrebbero dovuto rivedere la formula di un primato comunque prestigioso che ha fatto epoca.

Lei scelse la Panasonic, una squadra straniera quando gli italiani sceglievano di correre in casa. Cosa intravide nel team di Peter Post?
Io avevo litigato con la Del Tongo, avevano perso la fiducia nei miei confronti e le squadre che mi avevano cercato con interesse furono proprio la Panasonic, la TVM altra olandese e la Once spagnola. Tra gli italiani c'era stato un approccio ma nessuna convinzione forte. Così decisi per la Panasonic perché la Once guardava più alle gare a tappe e invece io volevo una squadra proprio che mi valorizzasse nelle classiche. Scelsi per il meglio: una scelta perfetta anche a livello di crescita professionale e di esperienza.

La stagione 2024 ha avuto il triste record del maggior numero di cadute e incidenti e anche gravi. Cosa sta accadendo?
Io sinceramente non ho mai visto una cosa del genere ed effettivamente bisogna fare qualcosa di immediato e di serio. Il numero di incidenti è davvero impressionante.

Però anche ai suoi tempi si cadeva, cos'è cambiato?
Sì, vero, ma in tanti anni di carriera non mi ricordo che ci sia mai stato un anno di fratture e incidenti così gravi come adesso, che è davvero eccessivo e grave.

Ma a cosa è dovuto?
E' dovuto a tanti fattori, c'è molta più aggressività e competizione tra le squadre. C'è anche un modo diverso di correre in gruppo, con tutti che vengono obbligati a stare davanti via radio. Tutto questo porta ad una esasperazione collettiva. Poi ci sono le strade che si sono complicate, con più spartitraffico, rotonde, impedimenti che con l'aumento della velocità rende tuto estremamente pericoloso.

L'UCI sta facendo il necessario a suo avviso?
Di certo bisogna aggiungere altre regole per la tutela dei corridori. Vanno bene i cartellini gialli, ma quelli sono per le scorrettezze palesi, una sanzione sulla disciplina in corsa. Bisognerebbe dare dei limiti sulla velocità, lavorare anche sul mezzo che si utilizza.

Dunque anche le moderne bici, più performanti, esasperano la velocità?
Molto di più rispetto a quando correvo io dove tutti avevamo bene o male le stesse biciclette e i materiali. Ora c'è forse più differenza tra World Team e Professional. Per il resto no, il talento conta sempre e fa la differenza sempre, comunque e ovunque.

Ha parlato di talento, che manca al ciclismo italiano. Perché?
Bisogna avere pazienza, in primis il talento non sai mai quando nasce. O sei un figlio d'arte come van der Poel o come Nys che hanno i geni dei genitori che erano già loro campioni. In Italia non ce n'è nemmeno uno… Secondo aspetto più persone praticano quello sport più la legge dei grandi numeri ti aiuta e da noi non c'è stato un enorme sviluppo da questo punto di vista che si unisce al terzo aspetto: quando lavori per il bene di uno sport devi creare una buona base, creare un ampio bacino.

Filippo Ganna, il fiore all'occhiello del ciclismo italiano di oggi
Filippo Ganna, il fiore all'occhiello del ciclismo italiano di oggi

E in Italia si sta facendo tutto il possibile?
Assolutamente no. Se andiamo avanti sulla falsariga di quanto è stato fatto fino ad oggi, abbiamo già sbagliato tutto. Dobbiamo capire che uno Stato prima che una Federazione deve investire nello sport attraverso la scuola. Stesso binario per insegnare, crescere e formare. E un investimento che diventa un risparmio sociale, perché tutti i ragazzi che fanno sport vivono meglio, creano meno problemi e alla lunga uno Stato non ha più necessità di gestire con nuovi investimenti. Son soldi ben spesi. Per il ciclismo in particolare, c'è bisogno della disponibilità delle strutture.

Quali sono?
Ciclodromi, come l'Alfredo Martini in Toscana ma non basta, ne servono di più laddove anche c'è più densità, penso alla Lombardia ad esempio. E poi migliorare anche lo sviluppo delle ciclabili ma in modo costruttivo. Che servano davvero con un piano preciso, riqualificando strade secondarie, vie sugli argini, percorsi meno battuti dalle auto dove puoi mandare i ragazzini in sicurezza ad allenarti e a fare sport. Tutto ciò comporta anche un ulteriore sviluppo al quale molti non pensano nemmeno, il turismo che alla lunga ne beneficia.

Qualcuno l'ha mai coinvolta in queste dinamiche?
Mai, qualche volta a livello locale ma senza mai crederci fino in fondo. Si ha l'impressione che il politico tema qualcuno che sappia davvero l'argomento di cui parla e gli possa o togliere potere o relegarlo alla marginalità. Una sorta di gelosia, un tipo di miopia ignorante con cui mi sono confrontato diverse volte. Ti faccio un esempio, agli inizi del 2000 facendo una trasmissione in Trentino lanciammo l'idea di fare una pista ciclabile attorno ad un lago molto frequentato dai turisti. Un progetto ben studiato, con un'idea precisa, sostenibile e fattibile. Sai come è finita?

Come?
Non si è fatto niente… se ne è parlato e parlato ma nulla di nulla è stato fatto e non riesci a venirne a capo su un progetto semplice, utile, che avrebbe portato uno sviluppo ulteriore per la zona, per le altre filiere. Un investimento in una serie di strutture che avrebbero creato un vantaggio economico e generale da 12 volte superiore e a lungo termine. Purtroppo in Italia siamo miopi e pieni di burocrazia che limita tutto. Ma io insisto, ora ho un altro progetto.

A che cosa si riferisce?
Andrò in Sudafrica ad ottobre, per partecipare alla Graven Burn che mi permetterà di raccontare la mia vita sportiva ma che sfrutterò anche per esportare il nostro Paese, ciò che di buono stiamo facendo per il ciclismo e i ciclismi. Come ho sempre fatto ogni volta che giro per il mondo, sfruttando gli eventi che faccio perché si parli di sicurezza, di miglioramento, di crescita.

Cosa ne pensa a proposito del nuovo codice della strada? Sul fronte ciclisti è stato fatto qualcosa di utile?
Quando abbiamo iniziato con le nostre iniziative come mettere i cartelli stradali, ci sono statri solamente muri di gomma. Poi, piano piano i Comuni sempre di più hanno fatto a gara per inserirli sulle strade, ora siamo a 30 mila ed è un ottimo risultato di cui andiamo orgogliosi. Alla fine la perseveranza ci ha premiato perché sono passate anche leggi a favore dei ciclisti, non tutte le norme che avevamo richiesto per evitare nuove tragedie.

A che punto è l'Italia nella tutela dei ciclisti?
Stiamo facendo passi in avanti ma siamo in ritardo. Basterebbe guardare cosa di buono si fa altrove, senza dover inventarsi nulla. Come ad esempio la bike-lane, un argomento che vogliamo portare avanti e che all'estero è già realtà. In Italia no, non ti ascoltano e ti rispondono sempre alla stessa maniera.

Ovvero?
La parola d'ordine qui da noi, che ti senti sempre dire è "non è possibile". L'unica cosa di impossibile davvero è il sentirselo ripetere… a volte penso che la mentalità italiana invece di migliorare stia peggiorando su questi argomenti.

La strada intrapresa è comunque quella giusta?
Stiamo combattendo con le poche armi che ci danno a disposizione. Stiamo lavorando per parlare con i più giovani, abbiamo anche creato un fumetto che possa così parlare ai ragazzi delle scuole dove intendiamo andarci di persona. E poi servono le regole, regole chiare e che arrivino dall'alto per tutelare le persone, permettere di lavorare e crescere, tutelando anche chi si espone e si impegna. Senza facile buonismo, girando lo sguardo altrove come spesso accade in Italia…  altrimenti è il solito puttanaio

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