L’orrore di Hamas nei racconti dei ciclisti israeliani: “Nascosti per ore, respirando a malapena”
Il conflitto tra Israele e Hamas non fa sconti a nessuno e continua a mietere quotidianamente migliaia di vittime mentre si susseguono le drammatiche testimonianze, tra cui i racconti anche dal mondo del ciclismo, grazie alla denuncia fatta dal Team Pro World Tour Israel Premier Tech sui propri account social e attraverso i propri tesserati.
Nella squadra israeliana UCI ProTeam ci sono diversi campioni iscritti, come l'inglese Chris Froome, i canadesi Michael Woods e Derek Gee (fresco vincitore del titolo nazionale) nonché tre italiani tesserati: Domenico Pozzovivo, Marco Frigo e Giacolo Nizzolo. Ma soprattutto l'Israel Premier Tech è stata la squadra maggiormente colpita dall'attacco di Hamas e ne ha voluto raccontare l'orrore attraverso testimonianze dirette.
Storie di disperazione e dolore, come nel caso del triatleta assassinato insieme a tutta la sua famiglia o dei mountain biker circondati e uccisi mentre andavano ad allenarsi. Altre riguardanti ciclisti che si sono dovuti nascondere per ore sotto i cespugli per sfuggire ai terroristi o del giovane corridore quindicenne che ha salvato la vita a suo padre, sfuggendo ad una rappresaglia armata.
"Un trauma enorme, tale per tutti noi che non credo che saremo più gli stessi" ha confessato Guy Niv, il primo israeliano a partecipare al Tour de France e che è tornato in patria dove sta trascorrendo i propri giorni tra un funerale e l'altro, a celebrare amici, colleghi e parenti caduti. "Né come paese né come individui sarà facile rialzarsi" ha continuato, facendo visita ai feriti in ospedale: "Sono loro gli eroi, è quello che penso davvero e gliel'ho detto".
Nel lungo racconto pubblicato dalla Israel Premier Tech terrificante il racconto di Aya Meydan che è stata sorpresa da Hamas mentre stava raggiungendo il suo compagno di squadra Lior Weizman. Si è nascosta vicino ad un rifugio, nascondendosi per ore sotto foglie e cespugli: "Abbiamo sentito i terroristi per strada; guidavano moto, auto, quad, trattori con aratri… tutti i pensieri del mondo correvano nella mente in quel momento, ma cercavo di calmarmi e di non cedere allo stress. Ho indossato il casco da bici per proteggermi e ho tolto gli occhiali per evitare che il bagliore rivelasse la mia posizione". Tutte mosse che le hanno salvato la vita: gli altri compagni nei pressi del rifugio sono stati assassinati.
E poi, la testimonianza di due giovani ciclisti quindicenni, Zohar Shahar e Itay Cohen sempre della IPT, finiti tra le fauci di Hamas mentre si stavano recando all'allenamento quotidiano. Sono riusciti miracolosamente a salvarsi ma sono stati tutti colpiti da una raffica di proiettili e sottoposti a interventi chirurgici d'urgenza. Più tragica la sorte di un altro gruppo di ciclisti, che stavano preparando il loro ultimo allenamento prima della gara di mountain bike Epic Israel: due di loro sono morti sotto le bombe e i proiettili, "e temo che la lista non sia finita" ha raccontato uno dei superstiti.
Ad alzare la richiesta d'aiuto di fronte ad una situazione oramai oltre ogni limite è stata la stessa UCI israeliana che ha scritto una lettera aperta all'Unione ciclistica internazionale: "Torneremo in piedi" ha scritto nel comunicato. "Stiamo lottando per mantenere la sanità mentale in tutto questo, ma lo supereremo e torneremo ancora in bici prima o poi".