L’inferno del Tour de France stravolto dalle cadute: “Non è più ciclismo, avremo dei morti”
La terza tappa del Tour de France è stata caratterizzata da una serie impressionante di cadute negli ultimi chilometri di un tracciato che ha lasciato più che perplessi per la pericolosità delle strade soprattutto nella parte finale con il gruppo arrivato compatto a 70 chilometri all'ora e impegnato in difficili curve quasi a 90 gradi. Scatenando la polemica, degli stessi ciclisti, dei direttori di squadra che seguono il Tour e dei tifosi che nei giorni scorsi erano stati accusati quale prima causa degli incidenti.
Dunque, il Tour non lascia spazio a van der Poel che si conferma in giallo. Tutta l'attenzione si è spostata altrove, nemmeno a Merlier bravissimo a chiudere in volata un arrivo difficilissimo e complicato. L'argomento principe sono le cadute che oggi, ma anche nelle precedenti due tappe sono al centro dell'attenzione generale. Polemiche. Tante. Molte giuste, alcune di rivincita – come quelle dei tifosi a bordo strada – tutte giustificate dalle immagini che la Grande Boucle ha regalato anche oggi.
Il più duro, a caldo, è stato Marc Madiot, ex ciclista su strada e ciclocrossista francese e oggi direttore sportivo del team Groupama-FDJ: "Sono padre di famiglia e non voglio vedere mio figlio fare il ciclista professionista dopo quello che abbiamo visto oggi sulle strade del Tour. Questo non è più ciclismo. Dobbiamo cambiare, non può più proseguire così, ad altissime velocità su strade strette: se non cambiamo, avremo dei morti. Non è degno del nostro sport"
Le immagini non posso che dargli ragione. Una prima scivolata è arrivata ai 15 dall'arrivo, poi un'altra e un'altra ancora. Coinvolti decine di ciclisti, costretti in un gruppo composto da un centinaio di atleti racchiusi su tratti stradali stretti e inadeguati. Una situazione inaccettabile per una delle più importanti corse a tappe e con un'organizzazione tra le più perfette al mondo. Cavendish, Gaudu, Lopez poi Primoz Roglic, Haig e Clarke e quindi Caleb Ewan che si tocca con Sagan ai 100 metri finali, in piena volata. Prima, poco dopo la partenza, c'era stato un prologo altrettanto dannoso con coinvolti Tony Martin e Robert Gesink (poi ritiratosi) e Geraint Thomas, capitano della Granediers.
Davanti a quanto accaduto è scoppiata anche la polemica social dei tifosi. Fino ad oggi, la ‘colpa‘ di quanto era avvenuto al Tour de France era stata identificata con il maldestro e pericoloso comportamento dei fan a bordo strada, che avevano già creato più di un problema serio. Il tristemente famoso cartellone che colpì Martin provocando una maxi caduta nel gruppo era stato l'emblema di un pubblico ‘colpevole'. Oggi, tutti i tifosi di ciclismo hanno postato le foto delle varie cadute, provocate dal tracciato e dagli stessi ciclisti costretti spalla a spalla, mostrando l'assenza di tifosi a bordo strada. Puntando il dito indice sull'organizzazione.