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Lance Armstrong svela perché non toglierà mai dalla bacheca le 7 maglie del Tour vinte col doping

L’ex ciclista americano, oggi 53enne, ha rivendicato di sentirsi il vero vincitore di quelle sette edizioni della Grande Boucle cancellate dai suoi titoli in seguito allo scandalo doping. “Magari sarò morto quando la storia cambierà perché la storia non smette mai di cambiare”.
A cura di Maurizio De Santis
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Per Lance Armstrong lo scandalo in cui restò coinvolto è stato solo un incidente della storia. È convinto che, prima o poi, la verità verrà a galla. Che la gente capirà chi è stato il vero vincitore delle sette edizioni del Tour de France cancellate dopo un'indagine federale e un'inchiesta dell'Usada (l'agenzia americana che si occupa della ‘pulizia' nel mondo dello sport a stelle e strisce) che smascherarono il programma di doping più sofisticato e professionalizzato che lo sport abbia mai visto. "Ciò che conta davvero è che non me ne frega niente di quello che dicono oggi i libri di storia e non me ne frega niente di quello che è stato scritto", ha ammesso l'ex corridore nel podcast Wild Ride! di Steve-O.

Lui continua a sentirsi legittimo proprietario di quei successi ottenuti in carriera e svaniti dagli almanacchi ufficiali a partire dal 1° agosto 1998 perché i campioni ematici prelevati si rivelarono perfettamente compatibili con manipolazioni sanguigne, incluso l'uso di Epo o di trasfusioni. E se nel 2012 non ebbe remore nel condividere sui social la foto iconica delle maglie gialle appese in cornici alle pareti vicino al divano a L sul quale era sdraiato, oggi torna sull'argomento e ribadisce il concetto: quelle vittorie le sente sue a tutti gli effetti.

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Il ciclista texano 53enne venne squalificato a vita e in un colpo solo fu cassato anche il record delle edizioni della Grande Boucle in cui primeggiò tra il 1999 e il 2005. Fu una mazzata tremenda all'immagine del campione e dello stesso ciclismo. Eppure fu proprio Armstrong che nel 2013, in una clamorosa intervista con con Oprah Winfrey, ammise l'abuso di pratiche proibite. Nel corso degli anni ha cambiato idea e ora non ha alcuna remora nel fare appello alla storia che non "smette mai di fare il suo corso", certo che la "verità, prima o poi, sarà raccontata".

L'ex corridore passò dall'essere l'uomo che era sopravvissuto al tumore alla versione più biasimevole della persona che aveva messo in piedi la più grande truffa nella storia dello sport. A sentirgli parlare oggi dei fatti accaduto all'epoca sembra venga da un'altra dimensione. "La versione di allora era che non aveva vinto nessun Tour. Mi hanno tolto tutti e sette i titoli. Dicono che in quegli anni non c'è un vincitore. Ma non è possibile perché un evento come il Tour, così bello e iconico deve avere un vincitore".

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E quel vincitore ritiene di essere lui. Alla fine la verità verrà a galla. E non gli importa di tutto quanto è stato scoperto e provato. "Quello che mi interessa sono le persone che erano accanto a me, i miei compagni di squadra e le persone che sono state colpite, le persone che avrei voluto battere e quelle che mi sono rifiutato di abbracciare. Se chiedete a loro cosa è successo, vi diranno chi ha vinto quelle gare. Magari sarò morto quando avverrà ma la storia non smette mai di cambiare".

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