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La verità su Lance Armstrong, un dittatore che selezionava amici e nemici: “Una persona terribile”

A rivelare l’inquietante retroscena è stato l’ex compagno alla US Postal, Tommy Boonen: “Quando lasciai il team, mi scrisse dal nulla ‘buona fortuna, ne avrai bisogno’… avevo solo 21 anni”. Poi altre rivelazioni: “Difendeva solo chi lo copriva, era terribile con i suoi ex amici. Non mi ha parlato per sei anni, senza un motivo valido”
A cura di Alessio Pediglieri
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Ancora Lance Armstrong al centro delle cronache di ciclismo, ovviamente non corso ma parlato. Perché sul campione texano dagli occhi di ghiaccio è stato detto tutto e il suo contrario, a volte dipingendolo come una vittima del sistema altre come uno spietato calcolatore per coltivare i propri scopi. Un nuovo mattone alla seconda tesi è stato posto dall'ex campione belga Tommy Boonen , il maestro del pavè ritiratosi nel 2017 e che aveva iniziato la propria carriera proprio nel Team di Armstrong, la US Postal Service, dalla quale scappò via quasi subito, ricevendo l'ira dell'americano che lo bollò come nemico giurato: "Non mi parlò per sei anni, poi si fece vivo quando ebbe bisogno. Un personaggio detestabile in tutto".

Il racconto inedito dell'altro volto del texano è stato svelato durante un collegamento in diretta su un podcast ciclistico molto seguito, "Foto's Met Kurkdroog" in cui Booner è stato ospite. E ha svelato ciò che molti sanno ma che in pochi, ancor oggi, hanno il coraggio di ammettere: Lance Armstrong era un vero e proprio tiranno del ciclismo, con cui le scelte erano solo due: o con lui o contro di lui. Lo sa bene "Tornado Tom", il soprannome di Boonen che ha legato la sua carriera a grandissimi successi, conquistando quasi tutte le classiche del pavè: cinque E3 Harelbeke tre Gand-Wevelgem, tre del Giro delle Fiandre e quattro Parigi-Roubaix. Tutte lontano dai colori della US Postal e dagli occhi di Armstrong, con cui iniziò.

Nel 2002, infatti, il primo anno tra i professionisti, Boonen lo vive venendo ingaggiato dalla US Postal Seervice il super team americano in cui c'è anche Armstrong. Ci restò per meno di una stagione cambiando subito squadra: "Quando ho lasciato la squadra, ho mandato un messaggio a tutti intorno a Natale per ringraziarli dell’anno fantastico. Ho ricevuto molti messaggi carini di ringraziamento in risposta. Poi, all’improvviso, ho ricevuto un messaggio da Armstrong" ricorda Boonen. "Dal nulla mi ha ha scritto ‘Buona fortuna, ne avrai bisogno’…. All’epoca avevo 21 anni". Da quel giorno, ricorda Boonen, i rapporti col texano si chiusero totalmente, era diventato un suo nemico giurato, una sorta di traditore alla causa.

La descrizione che Boonen fa di Armstrong è devastante: "Lance era una persona super tranquilla, nel suo mondo dove proteggeva i compagni di squadra attorno a lui. Ma se qualcuno decideva diversamente, veniva trattato malissimo. Diventava detestabile anche con chi considerava i suoi ex amici. Una persona semplicemente terribile". A provare l'ira e l'astio del texano è stato in prima persona Boonen: "Non mi ha parlato per sei anni consecutivi e non ho mai capito perché. Però il tutto mi divertiva: quando eravamo alle stesse corse, gli passavo di fianco e gli dicevo, "Hey, Lance!". Lui guardava nel vuoto, facendo finta di nulla".

Tom Boonen consacrato nella mitica vittoria del 2010 alla Parigi-Roubaix
Tom Boonen consacrato nella mitica vittoria del 2010 alla Parigi-Roubaix

Un atteggiamento che per Boonen non aveva comportato nessuna conseguenza personale, se non quella di ripagare Armstrong con la stessa moneta: "Ad un certo punto, fu il 2006 o il 2007" continuano i ricordi del belga "Armstrong venne a cercarmi. Si fece vivo perché aveva bisogno di aiuto, era in crisi. Decisi di non aiutarlo". Dopotutto i motivi erano molteplici: oltre ad aver ricevuto un atteggiamento mai spiegato, Armstrong si era comportato malissimo anche nei confronti di Frankie Andreu quando quest'ultimo confessò le sostanze proibite che l'americano aveva preso durante la sua lotta al cancro. "Era una persona squisita" ricorda Boonen, "Armstrong un mosto da questo punto di vista".

Un calcolatore senza scrupoli, che proteggeva i suoi compagni nel momento in cui servivano per ottenere lo scopo prefissato. Così all'US Postal si era costruito un cerchio magico su cui costruire in modo fraudolento le vittorie: "Fortunatamente non ho mai avuto diritto a partecipare al Tour perché era accesso esclusivo solo per il gruppo intorno ad Armstrong. Se fossi rimasto in quella squadra, però finito invece in quella squadra del Tour" ammette Boonen che evitò solo per caso il rischio concreto di doversi confrontare con il sistema metodico di doping adottato dall'americano e i corridori a lui più vicini: "Sono stato molto fortunato, nelle squadre in cui militavo abbiamo detto subito che non avremmo fatto certe cose. Rabobank, US Postal, T-Mobile… invece continuavano a farlo, ma si sentiva che si stava avvicinando la fine. Scoppiava uno scandalo dopo l’altro".

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