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Tour de France 2024

La tappa del Tour de France che è l’incubo dei ciclisti: “Vogliono vederci con la faccia incrostata”

La polemica scoppia dopo l’ultima tappa vinta dall’eritreo Girmay. Il general manager della Soudal Quick Step di Evenepole attacca: “Correre in certe condizioni come nella prossima tappa è solo una sciocchezza, un un modo per intrattenere il pubblico”.
A cura di Maurizio De Santis
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Nel giorno in cui l'eritreo Bini Girmay vince la seconda tappa al Tour de France sul tratto Colombey-les-Deux-Eglises, a tenere banco sono le parole di Patrick Lefevere, il general manager della Soudal Quick Step. Alimentano polemiche, sollevano un grido di allarme. Son un attacco diretto agli organizzatori per quei 32 chilometri di sterrato che impegneranno i ciclisti in una delle prove forse più dure e col rischio che tutto quanto fatto finora finisca a carte e quarantotto per una foratura o una caduta. Basta poco per perdere minuti preziosi e affacciarsi sulla seconda settimana della Grande Boucle con un ritardo importante prima di inforcare i pedali sulle grandi salite

La soddisfazione per il successo di Remco Evenepoel a cronometro, il belga ha ridotto lo svantaggio con Pogacar e può rientrare in corsa per la maglia gialla, è smorzata dalle tensioni e dalle preoccupazioni che accompagnano i ragionamenti sul percorso di Troyes. "Sono un po' preoccupato – ha spiegato – perché ci sono cose che possono andare storte. Dovremo essere concentrati dal chilometro 0 fino a dopo il traguardo così da non perdere tempo".

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Una trappola nella quale anche i più bravi e più forti possono cadere perché non c'entrano solo le capacità personali, il gioco di squadra, il talento e l'intelligenza nella gestione della gara. L'insidia maggiore è rappresentata dal fondo stradale che, secondo Lefevere, è assolutamente inadeguato per grandi appuntamenti come il Tour de France.

La mia rabbia e la mia frustrazione – ha ammesso nell'intervista a Het Nieuwsblad – consiste nel fatto che in un attimo tutto può essere compromesso. E il tempo guadagnato il classifica può essere spazzato via anche solo a causa di una foratura oppure da uno scivolone sul fondo insidioso.

Il manager parla della tappa di Troyes e delle caratteristiche che rappresentano un incubo per tutti i corridori con biasimo. E non nasconde profondo disappunto per quella che sembra più una trovata ‘pubblicitaria', uno spettacolo da offrire agli spettatori perché vedere i ciclisti sporchi di fango, col viso impastato da sudore e polvere fa scena. A tutto questo Lefevere dice no e attacca.

La tappa degli sterrati non mi piace – ha aggiunto il manager -. Ero contrario anche alla Strade Bianche, ma solo un idiota non cambia mai idea. Correre in certe condizioni come nella prossima tappa è solo una sciocchezza, un un modo per intrattenere il pubblico. E mi viene in mente il modo in cui Cadel Evans arrivò al traguardo nell'edizione del 2010. Vinse la tappa con il volto incrostato dal fango. E davvero così che vogliamo vedere i ciclisti?

Nell'ultima riflessione ribadisce con forza il concetto: a tutto c'è un limite e se c'è qualcosa che ritiene inadatto a un appuntamento come il Tour de France è proprio tappe di quel tipo.

Il Tour premia il corridore più completo, ma è un'altra cosa. Non dovrebbero esserci sterrati né pavé, salite così ripide da richiedere rapporti propri di una mountain bike. Sono un grande appassionato della Parigi-Roubaix, ma questi non sono percorsi da Tour. Viene fatto per rendere più avvincente la corsa? La soluzione, però, non può essere questa.

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