La squalifica di oltre 30 ciclisti al Giro Next Gen: “Pessima immagine, situazione intollerabile”
Il Giro Next Gen, fiore all'occhiello del calendario ciclistico Under 23 è stato macchiato da quanto accaduto durante la 4a tappa con arrivo sullo Stelvio: una trentina di corridori sono stati espulsi per "traino non consentito", attaccati a decine sulle ammiraglie per concludere la salita. Video che hanno fatto il giro del mondo e che hanno lasciato una pessima immagine di questo sport. Ne abbiamo parlato ai microfoni di Fanpage.it con Massimo Binotto, presidente della Ciclistica Rostese, società dilettantistica torinese presente al Next Gen e che si sta distinguendo per le ottime prestazioni di Valerio Damiano. Purtroppo direttamente coinvolta nella triste vicenda, con la squalifica di tre tesserati e di un direttore sportivo.
Presidente, quest'edizione del Giro Next Gen rischia di passare agli annali per quanto accaduto sulla tappa dello Stelvio.
Come al solito. Si tende a mettere in risalto solo l'aspetto negativo dimenticando il resto. Accade anche in altri sport: in una gara di Formula 1 la miglior audience arriva quando magari c'è un incidente o una polemica e così è accaduto puntualmente al Next Gen dove tutto il resto è passato in secondo piano.
Come ha vissuto quei momenti?
Il mio stato d'animo è stato ed è ancora ovviamente diviso a metà. Purtroppo l'immagine del ciclismo ne è uscita in modo pessimo: con l'avvento dei social oggigiorno è stato molto più facile mostrate il lato peggiore a tutti. All'arrivo di quella tappa un mio ciclista si è sfogato ripetendomi, ‘ma io sono salito con le mie forze, mi giravo e vedevo gli altri trainati, perché?'. Cosa vuole dirgli? Come si può consolare un ragazzo è che è arrivato faticando, con la propria forza di volontà? Che ha perfettamente ragione, è stata una situazione intollerabile.
Intollerabile e punita, ma non senza le classiche polemiche
Anche a me è rimasta una perplessità, che non intende giustificare nulla e nessuno per quanto successo: dov'erano i giudici mentre tutto ciò accadeva? A mio avviso, una moto della giuria o quant'altro predisposto sul tracciato e sul fine tappa ci doveva essere. E poi ci hanno espulso il primo direttore sportivo, che nel caso specifico non c'entrava nulla e ora non potrà assistere in corsa Valerio Damiano che si sta comportando con una condotta esemplare esprimendosi a livelli importanti: è il primo dilettante in classifica generale dietro a tutti i continental.
Ma nessuno ne parla. E fa male.
C'è stato anche chi ha provato a giustificare i ciclisti, richiamando il discorso del tempo massimo…
Ma il tempo massimo esiste da sempre: chi non è in grado di arrivare all'arrivo nei limiti prefissati viene messo fuori gara, non è ammissibile attaccarsi ad una moto e ad una ammiraglia. Vede, è anche una questione di rispetto verso tutti gli altri: chi è giunto all'arrivo e non si è fatto trainare, allora è il più fesso di tutti gli altri?
E a chi le risponde che è una pratica comunque da sempre diffusa nel ciclismo?
Che si sia sempre fatto può essere anche vero. Come in altre situazioni e in altri sport anche nel ciclismo si sono commessi tanti errori e altrettanti se ne commetteranno, ma non per questo bisogna perseverare. Non si può fare di tutta l'erba un fascio: i corridori non sono un gruppo di fannulloni, dei bamboccioni come ho letto da più parti. La maggior parte sono ragazzi che fanno sacrifici pazzeschi per allenarsi, per farsi trovare preparati. Come nel nostro caso in cui i miei corridori sono puri e veri dilettanti che si confrontano con ciclisti continental e professional. Ma niente giustifica ciò che è accaduto. E se vuole le dico anche qualcosa di impopolare.
Cioè?
Le cito una battuta amara che spesso si fa tra noi dirigenti: se avessimo tutti corridori orfani non avremmo alcun tipo di problema. Le famiglie spesso e purtroppo fanno fatica ad accettare il proprio ruolo. Io ho sempre lavorato con un pensiero preciso: meglio un potenziale campione in meno che un sicuro rompicoglioni in più. Nel momento in cui mi ritrovo con qualcuno che pensa o a cui fanno pensare di essere un fenomeno, la prima cosa che io faccio è accompagnare alla porta lui e i genitori. Non è facile ma è necessario in una realtà come la nostra dove chi segue i ragazzi spesso non è stipendiato, lo fa per amore e rinunce personali. E i valori restano essenziali.
Ci saranno ripercussioni?
Non c'è spazio per i furbi, vede al di là dei tre corridori coinvolti io devo tutelarne altri 130 e l'immagine di una società seria e sana di cui sono presidente da 14 anni. Quest'occasione ha dato un esempio negativo ma ha anche rafforzato quelli positivi come nel caso di Damiano che è un punto di riferimento ancor più forte per tutti i più giovani che guardano alle categorie immediatamente superiori cercando esempi da seguire. Per il resto ho già preso difficili posizioni in passato, continueremo su questa strada.
E le soluzioni?
Ci sono: nel nostro piccolo avevamo già deciso di affiancare ai ragazzi oltre i direttori sportivi e i tecnici anche uno psicologo dello sport perché è fondamentale aiutarli nel cammino. Ci saranno incontri con tra lo staff, perché se è vero che bisogna investire sui corridori è ancora più importante farlo sull'organizzazione che segue i ragazzi e dà loro direttive e insegnamenti. I ciclisti passano, i dirigenti e i tecnici restano e sono loro il vero perno. Educando ragazzi e ragazze per essere oggi ciclisti e veri sportivi, domani per essere uomini e donne con valori sani.