La farsa più grande del ciclismo: Visma e Soudal non si fondono, c’è chi si è ritirato all’ultimo
Tanto rumore per nulla: la decantata fusione tra i giganti del ciclismo moderno, ovverosia i team World Tour tra i più forti come Jumbo-Visma e Soudal-QuickStep, non si farà. Dopo settimane di indiscrezioni e conferme, tra il malumore generale dei corridori e scadenze da rispettare, in molti hanno gettato la spugna: proprietari, investitori, ma soprattutto gli sponsor. Un dietrofront repentino e totale a tal punto che i ciclisti sono stati già infornati che non si farà più nulla
La ripercussione in caso di intesa sarebbe stata epocale, ma alla fine non se ne farà nulla perché c'è stata una imperiale marcia indietro dei diretti interessati. In particolare è rimbalzata la notizia che soprattutto in casa Soudal si è deciso di ridurre tutto in una zingarata: Patrick Lefevre e Zdenek Bakala proseguiranno insieme, senza però disgregare l'attuale team belga e unirsi alla Jumbo-Visma. I motivi? Ufficialmente le tempistiche che non si sarebbero potute rispettare, ma sotto la cenere ci sarebbe ben altro.
Una inversione a U in autostrada, così si potrebbe spiegare a tutti, quanto è accaduto nel primo pomeriggio di venerdì 6 ottobre: alla UCI, nei giorni precedenti era arrivata anche una lettera di intenti da parte dei proprietari dei due team World Tour, per unirsi in una unica realtà, andando così a fagocitare il ciclismo moderno. Una decisione che ha trovato moltissimi pareri discordanti e la ferrea opposizione degli stessi ciclisti. Ma nulla e nessuno ha fermato Richard Plugge e Patrick Lefevre. Almeno all'apparenza.
Fonti vicine al mondo Soudal hanno confermato il dietrofront totale di Bakala, uno degli uomini più influenti nel mondo finanziario dell'Europa dell'est, tra i più ricchi del Vecchio Continente, azionista di attività minerarie, energetiche e finanziarie e possessore ed editore di diverse testate giornalistiche economiche. Tra i primi a fomentare l'ambiente ciclistico con l'epocale accordo, oggi ha dato praticamente mandato che tutto resti così com'è, anzi: è previsto un ridimensionamento dei suoi investimenti a partire già dalla prossima stagione. Uno scenario surreale che conferma il tragico momento che sta attraversando il ciclismo mondiale.
L'idea di unire i due colossi era stata presentata come la risposta necessaria alla sempre più influente presenza di multinazionali arabe nel ciclismo e provare a mantenere inalterate le gerarchie attuali. Ma tutto ciò ha portato ugualmente ad una feroce critica generale da parte dei ciclisti stessi, sia direttamente interessati sia di altri team. La prima ‘picconata' pubblica al progetto è arrivata dai ciclisti stessi: "Una porcata" era stata chiaramente definita dall'ultimo vincitore della Tre Valli Varesine, van Wilder della Soudal, mentre altri avevano evidenziato una totale mancanza di sicurezze per il proprio futuro professionale. Su questo fronte, Lefevre aveva provato a inventarsi la soluzione, preparando un Team "satellitare" tra Visma e Soudal con il preciso intento di inserire tutti i ciclisti che sarebbero rimasti esclusi dal ‘super' team.
Il secondo scossone è stato dato poi dai big, senza i quali nulla si sarebbe potuto fare. In primis, Remco Evenepoel (una istituzione in Belgio) attuale capitano della Soudal che è andato giù pesante: "Non sappiamo assolutamente nulla. Io so solo quello che sapete voi giornalisti attraverso ciò che scrivete. Non riceviamo zero informazioni e quindi non abbiamo risposte. Al momento? Solo punti interrogativi, per tutti, anche per me. Si deve attendere e sperare che vada tutto bene…".
Bene non è andato praticamente nulla, perché una terza picconata – forse decisiva – è stata anche l'ufficializzazione della prima "fuga" importante, che ne preannunciava altre: Primoz Roglic che, senza indugio, ha lasciato la barca Visma prima che venisse gettata tra i flutti, strappando un accordo nelle stesse ore in cui si dissolveva l'intesa con la Soudal, firmando un nuovo biennale con una delle storiche rivali di sempre, la Bora. Con contratto triplicato: da 2 a 5,5 milioni di euro.
Tutte situazioni che hanno portato al collasso dell'accordo spaventando chi più esigeva sicurezze e garanzie: gli sponsor. Che hanno fatto marcia indietro non garantendo più investimenti e progetti iniziali, anche declamati a piena voce, come nel caso del colosso Amazon di Bezos che si è subito ufficialmente ritirato. In un brevissimo lasso di tempo sono venuti meno i soldi che avrebbero dovuto garantire l'egemonia, e l'incertezza e la rabbia generale ha fatto il resto. Così, nell'arco di 24 ore si è sgonfiata una realtà costruita da mesi, sin da luglio, quando durante il Tour de France, Lefevre, Bakala e Plugge si erano visti in gran segreto per compiere il grande passo. Trasformatosi in una inesorabile farsa.