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Jack Bobridge oggi fa il muratore: “Il ciclismo mi aprì tutte le porte, anche quelle del carcere”

Jack Bobdrige ha toccato il cielo con un dito grazie al ciclismo. Nei primi anni 2000 è stato campione su strada e su pista, con svariati titoli mondiali e record. Poi il prematuro ritiro per l’artrite reumatoide e l’inizio della fine: alcool, droghe e carcere: “Mi sentivo invincibile. Chiedere aiuto non è debolezza. Io non l’ho fatto e guarda dove sono finito”
A cura di Alessio Pediglieri
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Jack Bobridge, classe 1989, oggi si guadagna da vivere come muratore, una professione umile, dignitosa e soprattutto onesta, distante mille miglia dalla sua vita passata che lo ha fatto precipitare nel baratro delle droghe e dell'alcol dopo aver toccato il paradiso grazie al ciclismo. Di cui è stato, nei gli anni 2000, tra gli indiscussi campioni collezionando una serie enorme di titoli mondiali e record: "Mi ha aperto tutte le porte, anche quella della galera dopo essere sprofondato nell'alcool e nelle droghe".

Jack Bobridge: dai titoli mondiali al ritiro per l'artrite reumatoide

Una doppia vita per Bobridge, fenomeno australiano su pista e strada, imbattibile in sella e impresentabile nella vita privata fata di eccessi e abusi. Su pista ha vinto due medaglie d'argento olimpiche e tre titoli mondiali, detenendo per quasi un decennio il record del mondo sulla distanza dei 4km da fermo, mentre su strada è stato campione del mondo Under23 a cronometro nel 2009. Una carriera straordinaria, frenata anzitempo da un problema fisico insuperabile: l'artrite reumatoide. Una malattia autoimmune progressiva caratterizzata dall'infiammazione delle articolazioni. "A un certo punto è diventata addirittura una lotta alzarsi dal letto. Non riuscivo più a indossare i calzini da solo a causa del dolore ai piedi. Per non parlare del fatto che riuscivo a malapena alzarmi, figuriamoci allenarmi".

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Il ritiro e l'abisso: "Per dimenticare il dolore iniziai a bere e con le droghe"

Nel 2016, così appende la bicicletta al chiodo e inizia il lungo precipizio: Bobridge nel 2017 viene accusato e condannato dal tribunale per uso e spaccio di stupefacenti. Una sentenza spietata per la quale finisce in prigione per quasi tre anni. "Non c'era spaccio, non ho mai approfittato o fatto le cose per lucro. E' vero, ne compravo per me e per i miei amici" ha spiegato anni più tardi rivivendo il lato oscuro del successo che lo ha portato nel lungo tunnel della depressione.

"Non c'era nulla che non potessi fare, non c'0erano più barriere"

Per Bobdrige è l'inizio della fine: il successo lo condanna agli eccessi. La sua vita diventa un incubo in pochi istanti, divorato dai propri demoni fino al punto di finire in cella: "Il ciclismo ad un certo punto mi aveva aperto a tutte le possibilità, non c'era nulla che non potessi tranquillamente fare. Per dimenticare il dolore iniziai a bere e a fare uso di droghe, non c'era più alcuna barriera davanti a me. Avevo tutte le porte aperte, anche quelle del carcere".

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"Ho fatto male a chi amavo, mia figlia piccolina non capiva cosa stava facendo il suo papà"

Anni durissimi, in cui Bobridge perde tutto: onore, fama, rispetto. Ma anche soldi, affetti e famiglia: "Quando scendi nel vuoto è difficilissimo per tutte le persone che ti stanno attorno, per coloro che ti vogliono bene e di cui ti dimentichi: mia figlia ad esempio, all'epoca era piccolina e non capiva cosa stava facendo il suo papà. Oggi me ne assumo la piena responsabilità, ma vorrei che ci fosse più sostegno per gli ex atleti".

Bobdrige e la lezione più dura: "Chiedere aiuto non è debolezza. Io non l'ho fatto e guarda dove sono finito"

Un pensiero che potrebbe diventare anche un nuovo inizio per l'ex campione australiano che si è guadagnato da vivere col mestiere di muratore, che gli ha insegnato il sacrificio e la dedizione per le piccole cose dopo i fasti della fama: "Durante la tua carriera senti di poter dare il 100%  e ricevere altrettanto. Poi, una volta che ti fermi, tutto svanisce, hai finito. Sparisci: non ho mai ricevuto telefonate, ho smesso di ricevere email, non c'è stato più nulla" ha raccontato all'interno dell tg americano la rubrica "A current affair". "Non voglio che capiti ad altri, anche se riuscissi a dare un buon consiglio ad un solo ex atleta sarei felice. Alzare la mano e chiedere aiuto non è debolezza. Io non l'ho fatto e guarda dove sono finito"

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