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Il giorno in cui Lance Armstrong tolse la maschera e distrusse il ciclismo degli anni zero

Nel giorno in cui Lance Armstrong decide di togliersi la maschera e dire tutta la verità sull’uso sistematico del doping che lo ha aiutato a vincere sette Tour de France consecutivi, il ciclismo era davvero sull’orlo del burrone. Dopo quell’intervista a Oprah Winfrey però si è ripulito ed è ripartito, magari senza il glam americano dell’eroe, ma con la consapevolezza di poter continuare a esistere.
A cura di Jvan Sica
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Il 19 gennaio 2013 Lance Armstrong finalmente strappa da sé quel velo di dubbi fattosi negli anni sempre più sottile riguardo al suo costante uso di doping. Dichiara ufficialmente di essersi sistematicamente dopato per vincere ognuno dei sette Tour conquistati, seguendo una strategia chimico-sportiva messa a punta con stupefacente esattezza da medici, tra cui il medico italiano Ferrari, lui stesso e la sua squadra. Un vero e proprio attacco drogato alle regole di base dello sport, pur di vincere a ogni costo.

A dire la verità il castello di carte di Armstrong cade quando ormai tutto il sistema-Armstrong era un segreto di Pulcinella. La storia delle accuse contro di lui è vecchia quanto la sua nuova carriera dopo il tumore. Il primo a parlarne e scriverne è stato David Walsh nel suo “L.A. Confidential, i segreti di Lance Armstrong”, che nelle prime pagine scrive di un Armstrong in ospedale, poco prima dell’intervento ai testicoli per rimuovere il tumore, a cui l’anestesista chiede: “Hai preso farmaci negli ultimi anni?”- Al che Armstrong snocciola una serie interminabile di farmaci dopanti che ha assunto da quando ha scelto di fare il ciclista. Un compagno di squadra presente, in preda alla vergogna più nera fa per andarsene, ma Lance gli dice: “Puoi benissimo restare, perché quello che ho preso io, l’hai preso anche tu”. Ecco cosa voleva dire far parte del sistema.

A corroborare le tesi di Walsh anche l’articolo uscito su L’Equipe a firma di Pierre Ballester che parlava di positività all’EPO riscontrata e non fatta uscire già al Tour del 1999. Non si sa come, Armstrong e i padroni del vapore di Tour e ciclismo internazionale riuscirono a silenziare le prime voci, mentre l’americano continuava a vincere giri di Francia.

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Quando però alle voci di corridoio e ai primi articoli e reportage giornalistici si sono unite le voci di chi faceva effettivamente parte del sistema-Armstrong, la faccenda è diventata molto più bollente. Prima sono uscite voci dalla US Postal per cui esistevano cure con sangue di vitello, roba che nemmeno David Cronenberg, poi nel 2006 arrivò la confessione di un suo ex compagno di squadra, Frankie Andreu (molto probabilmente era lui in quella stanza quando l’anestetista interrogò Armstrong), il quale spinto anche dalla moglie, Betsie, decise di dire tutto, parlando di doping sistematico già nel 1995 in Motorola e poi dal 1999 in US Postal, accusando che il grande vate e utilizzatore fosse proprio Lance Armstrong.

L’americano riuscì di nuovo a controaccusare e, con metodi anche poco ortodossi a mezzo stampa e non solo (nel Tour del 2004 andò a riprendere in maglia gialla Filippo Simeoni in fuga per non farlo vincere. L’anno prima il ciclista italiano aveva affermato di aver fatto uso di doping dietro consiglio e smercio del medico Michele Ferrari, lo stesso medico di Armstrong), tacciò di infamia e codardia Frankie e tutti coloro che lo accusavano.

Intanto Lance vinceva e vinceva Tour de France come se piovesse e il mito del guarito dal tumore che conquistava la corsa ciclistica più difficile del mondo continuava a montarsi, toccando vette inimmaginabili.

Scavallati gli ani 10 però le cose per Armstrong iniziarono a diventare più insidiose. Nel 2011 Victor Conte, fondatore della Bay Area Laboratory Co-operative, la famigerata BALCO, lo accusò di essere poco onesto nel dichiararsi fuori dal doping, ma è nel 2012 che tutto crolla. Il 24 agosto è l’USADA, l’agenzia antidoping USA a squalificare a vita Lance Armstrong e a togliergli tutti i risultati sportivi dal 1998 in poi, il 22 ottobre si accoderà l’UCI e infine il CIO  il 17 gennaio 2013, togliendogli anche il bronzo a cronometro di Sydney 2000.

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Qualche giorno dopo Lance Amstrong, schiacciato da prove inoppugnabili, proferisce tutta una serie di “Yes” alle domande di Oprah Winfrey la qualche gli chiedeva se avesse fatto uso di doping. Pochi mesi prima, il 5 settembre 2012, era uscito “The Secret Race”, il libro del suo delfino, Tyler Hamilton, che descriveva nei minimi dettagli il programma doping della US Postal. E a partire da quelle informazioni, Stephen Frears realizzerà “The Program”, il film che ripercorre l’intera vicenda umana, ciclistica e soprattutto chimica di Lance Armstrong.

Dopo quell’intervista il ciclismo in quanto sport che ha dato emozioni enormi a milioni di persone dalla fine dell’800 in poi ha tremato, è stato davvero sull’orlo del collasso ma ha retto, ripulendosi di Armstrong ma anche di tutti i personaggi che ne hanno avallato i modi. Da quel momento si è capito che ci si era spinti troppo in là, fin quasi a cadere nel burrone. Oggi è meno seguito, meno cool, meno “americano”, ma il ciclismo c’è ancora.

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