Gianni Bugno: “Nascondevo i trofei per sentirmi normale. Mi han strappato l’ultimo sogno: fare il pilota”

Gianni Bugno oggi aiuta i corridori a lottare per la propria sicurezza, in un ciclismo sempre più votato ad estremizzare lo spettacolo spesso a rischio della propria incolumità. Una collaborazione con gli addetti ai lavori, le giurie e gli organizzatori di grandi eventi e Giri da parte di uno dei campioni più straordinari che questo sport ha regalato agli appassionati: "Nascondevo i trofei, odiavo le cerimonie e al traguardo non alzavo mai le mani, non ero capace. Mi piaceva essere considerato uno normale".
Ma di "normale" in Gianni Bugno c'era poco o nulla perché ha regalato ad appassionati e non solo straordinari momenti di ciclismo, tanto da essere considerato ancor oggi uno dei più grandi talenti in Italia e in assoluto: "Non lo so… a me piaceva solamente correre e fare fatica. E quando ero giovane andare in fuga: non sapevo stare in gruppo, me ne andavo via prima per evitare di fare disastri".
Di disastri alla fine Gianni Bugno ne ha fatti ben pochi, anzi. Sono le sue gare, le sue vittorie, la sua storia a raccontare che è stato uno dei più grandi ciclisti di sempre: ha vinto un Giro d’Italia (1990) assolutamente straordinario, restando in maglia rosa dalla prima all’ultima tappa. Un record che nemmeno il grande Merckx fu mai in grado di dare e che ancor oggi resiste al "cannibale moderno" Pogacar. Poi due Mondiali di fila , una Milano-Sanremo, un Giro di Lombardia e altre grandi corse per un totale di oltre 60 successi: "Ma ho sempre cercato di vivere normalmente, non volevo che gli altri mi giudicassero per i successi. L'invidia è brutta, un cattivo sentimento. La gente invidia chi vince e ha successo, così nascondevo i miei trofei in fogli di giornale prima di tornare a casa".

Una casa in cui il giovane Gianni Bugno ha deciso di andare in bicicletta quasi per ripicca: "In quarta liceo venni rimandato da una docente che non riteneva possibile che chi andava bene nello sport facesse bene anche negli studi. Così per ripicca non mi presentai agli esami di riparazione e venni bocciato. Tornai a casa e dissi ai miei: basta, ora faccio il ciclista". Una scelta che non piacque ma che diventò quella giusta, anche se gli studi ritornarono più avanti nella vita di un più maturo Bugno: "Ho sempre considerato il ciclismo una parentesi, ho cullato altri sogni, due in particolare: fare il campionista e pilotare elicotteri".
Se per il primo, è bastato prendere le patenti necessarie ("Ho la B, C e D. Chi vuole, ci sono come autista") per coronare il sogno da pilota è dovuto tornare a studiare: "Una passione iniziata guardando gli elicotteri della Rai che ci svolazzava sopra e decisi che sarebbe stato il mio nuovo lavoro. Per anni andai in trasferta con due trolley: nel secondo c'erano i manuali per studiare per l'esame di volo", ricorda al Corriere della Sera. Un obiettivo che Bugno riuscì a raggiungere: "Cinquemila ore in volo prima con la Rai e poi al servizio del 118. Dormivo in branda negli aeroporti militari, con turni di dodici ore, anche su piattaforme petrolifere e per gli interventi in autostrada". Poi, la revoca nel 2020 dopo un lieve malore: brevetto revocato, sogno infranto: "Non ci fu verso, non me lo diedero più. Ho visto nero, tutti mi abbandonarono, anche la Federciclismo. Avevo programmato tutta la mia second vita per quel sogno, che mi strapparono".