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Ganna spiega il record dell’ora, un’esperienza disumana: “In pista pregavo che finisse”

Filippo Ganna dopo il record dell’ora ha raccontato di come abbia spinto il suo fisico al limite. Un risultato che lo ripaga, e gli permette di togliersi qualche sassolino.
A cura di Marco Beltrami
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Tutti in piedi per Filippo Ganna. Il ciclista italiano è entrato nella storia, stabilendo il nuovo record dell'ora. Il classe 1996 di Verbania sulla pista del Tissot Velodrome di Grenchen in Svizzera ha polverizzato il precedente primato di Dan Bigham con 55,548 km, chiudendo con 56,792 km all'attivo. Un risultato superiore anche alla miglior prestazione umana sull'ora detenuta dal 1996 da Chris Boardman.

Gli aggettivi si sprecano per Ganna che si è confermato un fuoriclasse riportando nel Belpaese un riconoscimento che mancava da 38 anni. Talento, intelligenza, ma anche e soprattutto fatica, abnegazione e spirito di sacrificio. Cosa c'è dietro una prova del genere? A raccontarlo è stato il diretto interessato, che dopo aver immediatamente esternato la sua incontenibile gioia per il record si è lasciato andare anche al meritato relax, consapevole di aver gettato il cuore oltre l'ostacolo.

Nelle interviste post-gara, il neo record-man tutto italiano ha spiegato quanto sia stato difficile restare sul pezzo fino alla fine, quando anche il fisico sembrava cedere. Dolori lancinanti per Filippo Ganna che ha provato a non pensare, concentrandosi solo sull'obiettivo: "Quando ho sentito che verso metà corsa la gamba c’era ho provato a spingere e cercare di fare il nuovo record più ‘alto' che si poteva. Non pensavo, ma gli ultimi 15 minuti sono stati veramente faticosi anche dal punto di vista della posizione, avevo il sedere abbastanza affaticato e anche abbastanza aperto".

Ad un certo punto a Ganna non è rimasto altro che pregare, e cercare anche di focalizzarsi su altro. In questo modo è riuscito a chiudere la sua prova: "Sono riuscito a reggere bene, gli ultimi 10 minuti erano veramente troppo…. non riuscivo a trovare una posizione confortevole in sella, cercavo sempre di aggiustarmi. Pregavo che finisse perché non ce la facevo più. Continuavo a pensare ‘dai è l’ultimo sforzo che fai, come quando sei in pista con i ragazzi’, ma invece era più lungo. Alla fine pensavo solo agli ultimi giri e che poteva finire presto'".

E la dedica speciale non può che essere per se stesso, e per una rivincita dopo qualche critica di troppo per risultati stagionali altalenanti: "La dedica? È per me stesso, quando ne hai tanti contro è difficile, ma farli star zitti è ancora più bello. Ho avuto tanti momenti no, e altri sì". E ora dopo tanta fatica è finalmente il momento di godersi il trionfo.

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