Dopo sei mesi è finita: condannata la tifosa che provocò la maxi caduta al Tour de France
Era il 26 giugno e si correva la prima tappa del Tour de France: a 45 chilometri dall'arrivo, una donna, appostata sul bordo della strada, ebbe la geniale idea di dare le spalle al gruppo che arrivava a tutta velocità, per mettersi in posa a favore di telecamere con un sorriso a 32 denti e un cartello in mano, una dedica per i nonni che erano davanti alla TV. Di lì a pochi attimi sarebbe successo l'inferno, con una maxi caduta che fece crollare mezzo plotone al suolo, costringendo anche qualche corridore al ritiro. Quella vicenda ha avuto una coda giudiziaria che si è conclusa soltanto oggi, dopo quasi sei mesi, con la condanna della responsabile dell'accaduto.
Da quel 26 giugno si scatenò una caccia per tutta la Francia allo scopo di individuare ed arrestare la 31enne, che dopo quattro giorni si consegnò lei stessa spontaneamente alla gendarmeria non reggendo alla pressione dei media che mostravano in continuazione il suo identikit. Le immagini della donna, vestita con un impermeabile giallo e con in testa un berretto verde in modo da essere ben visibile alle telecamere, avevano fatto il giro del mondo, scatenando un interesse quasi morboso per rintracciarla e sapere chi fosse.
Incarcerata per una notte, fu rilasciata ed incriminata con l'accusa di aver messo in atto una condotta tale da "mettere in pericolo gli altri" ed avere provocato "lesioni involontarie" con conseguente inabilità al lavoro "non superiore a 3 mesi". Nello scorso ottobre c'era stata l'udienza del processo a suo carico, durante la quale la donna aveva continuato a fare mea culpa spiegando di "provare vergogna" per quanto scelleratamente fatto e riconoscendo "la pericolosità del suo comportamento".
In quella circostanza il tribunale di Brest aveva chiesto per lei 4 mesi di reclusione con la sospensione della pena, oggi è arrivata la sentenza: la donna è stata ritenuta colpevole e condannata, ma se l'è cavata con molto meno, una multa di 1.200 euro ed un risarcimento simbolico di un euro all'Unione Nazionale Ciclisti Professionisti, costituitasi parte civile. L'incubo durato sei mesi è finalmente finito: rischiava fino a un anno di galera.