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Cos’è il “rebreathing”, la pratica sospetta che fa tremare il Tour: si inala monossido di carbonio

Sia la squadra di Pogacar, sia quella di Vingegaard -e non solo – sottoporrebbero i propri ciclisti al “rebreathing”, una pratica non considerata doping dalla WADA, ma che se usata in modo “intensivo” porterebbe all’alterazione della soglia aerobica e un aumento delle prestazioni. Così si spiegherebbero le prestazioni fenomenali dei due ciclisti rispetto agli altri.
A cura di Alessio Pediglieri
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Doping o non doping? Il dubbio resta e sta facendo sempre più discutere il mondo del ciclismo professionista davanti all'ultima denuncia, via stampa, in cui si accusano diverse squadre di far praticare ai propri corridori il cosiddetto "rebreathing" intensivo, ovvero l'inalazione diretta di monossido di carbonio, con il preciso obiettivo di favorire la trasmissione aerobica e aumentare le prestazioni. Non ci sono prove, ma qualcosa che non torna, per molti, già c'è anche perché si inserirebbe in una "falla" della WADA, l'agenzia internazionale antidoping, che non contempla questa pratica tra le proibite.

L'accusa del "rebreathing" intensivo

La questione è nata all'indomani di una indagine giornalistica condotta da uno dei siti internazionali maggiormente affermati sul ciclismo, "Escape Collective" che ha puntato il dito indice su tre squadre in particolare: UAE Team Emirates, la Visma-Lease a Bike e la Israel-Premier Tech. Tre monstre Team, per intenderci, le squadre di Tadej Pogacar, di Jona s Vingegaard e di Chris Froome.

L'accusa sarebbe quella di utilizzare il metodo del "rebreathing" in modo illecito, anche durante questo Tour de France, per alterare – e migliorare – le prestazioni dei propri atleti: le tre squadre farebbero inalare ai corridori il monossido di carbonio, per ottimizzare l’allenamento in altitudine favorendo l'attività aerobica.

L'accusa da parte della testata Escape Collective, tra le più prestigiose sul ciclismo internazionale
L'accusa da parte della testata Escape Collective, tra le più prestigiose sul ciclismo internazionale

Che cos'è il "rebreathing" e perché non è doping

Questa metodologia non è per nulla nuova al mondo del ciclismo e non solo visto che si utilizza, nei modi giusti, per verificare l'esatta quantità di monossido di carbonio all'interno dei polmoni di un atleta. Si pratica attraverso un costoso dispositivo chiamato "carbon monoxide rebreather": uno strumento lecito, di misurazione, che aiuta a monitorare rapidamente e con precisione i principali valori ematici e ottimizzare i potenti benefici fisiologici dell’allenamento in altura.

Poi c'è il "rebreathing" intensivo, ovvero l'utilizzo meno lecito di tale strumento, facendo inalare direttamente quantità di monossido con il fine di alterare le prestazioni a proprio vantaggio. Visma Lease a Bike, UAE Team Emirates e Israel Premier Tech hanno già confermato di avere accesso a un dispositivo di rebreathing, ma di utilizzarlo nel modo "ortodosso", con beneplacito della WADA che non lo considera pratica illecita visto che tale tecnica non è vietata. Per il momento.

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