Cosa c’è di sbagliato nella Vuelta 2023, una corsa senza senso dominata dalla Jumbo-Visma
Alla fine di tre settimane di corsa, la Jumbo-Visma ci ha finalmente degnato di scegliere il vincitore della Vuelta 2023. L’ha vinta l’americano Sepp Kuss, in rosso dalla tappa numero 8.
Questa Vuelta 2023 è stata una gara con pochissimi momenti esaltanti, anzi con alcuni quasi comici se non fossero stati stucchevoli per la difficoltà da parte dei tre corridori della Jumbo-Visma di scegliere chi e come vincere.
Fino a quando Remco Evenepoel non è saltato nella tappa del Tourmalet, questa Vuelta l’idea di corsa ciclistica ce l’ha anche avuta, poi con Remco che ha preso 27 minuti e si è messo a fare il Virenque dei tempi d’oro facendosi 100 chilometri di fuga anche per la maglia a pois, la corsa è stata una mezza barzelletta mal raccontata, con Roglic e Vingegaard che attaccavano o acceleravano guardandosi indietro per vedere Kuss dov’era.
In tante tappe i tre Jumbo erano nettamente più forti degli altri e nasceva il dilemma: deve vincere Kuss perché è il grande ciclista che sceglie di fare il nostro gregario al Giro e al Tour e deve essere premiato per questo? Deve vincere Roglic che è quello che in questa corsa a tappe aveva il motore e la condizione migliore ed è quindi giusto che vinca lui? Oppure deve vincere Vingegaard perché è il numero uno al mondo nelle corse a tappe, ha vinto già due Tour de France e quest’anno può fare l’accoppiata Tour-Vuelta, riuscita solo a quattro altri ciclisti in passato: Federico Bahamontes nel 1958, Julio Jimenez nel 1965, Luis Herrera nel 1987 e a Tony Rominger nel 1993?
Inzigati da queste domande e dal dubbio che la squadra andasse verso uno o verso l’altro, i tre Jumbo invece di darsi battaglia, invece di spiegare la forza e il motivo che avrebbe giustificato la propria vittoria hanno corso con il polpaccio che non spingeva fino in fondo, con il serbatoio pieno fino al traguardo, con l’idea che far fesso uno dei propri non fosse il caso e appunto con la testa rivolta all’indietro.
Per questo motivo la corsa è stata noiosa e finta, come se si stesse vedendo un allenamento in cui si era deciso dall’inizio chi dovesse vincere. Certo, si può facilmente disintegrare l’idea che una gara non è gara se i tre più forti si accordano, portando come prova inconfutabile il fatto che se i tre sono nettamente più bravi non sia colpa loro se gli altri non esistono.
Questa è sicuramente una motivazione giustissima, ma allora bisogna cercare di impedire questo accentramento di bravura e capacità in una sola squadra. Se un grande giro a tappe diventa una non agonistica tra amici in giallonero, allora si perde ogni sfizio e anche ogni motivo per vedere la tappa il giorno dopo. Ci possono essere migliaia di dentellature nei regolamenti affinché questo non accada più e sarebbe il caso che qualcuno prenda provvedimenti sul caso.
A un certo punto la cosa che si cercava di più era capire se gli equilibri almeno comportamentali fra i tre Jumbo si incrinassero, invece hanno sempre avuto una faccia e delle parole neutre, del tipo: “Basta che vinca uno con la nostra maglia”. Ma il ciclismo non è semplicisticamente uno sport di squadra, è lo sport dove l’uno deve cercare di farcela in mezzo alle fatiche più immani che lo sport ti propone. Se quella fatica si divide per imperare, allora cambiamo lo sport e facciamolo diventare una kermesse a punti. Quella sì che puoi correrla con la faccia girata all’indietro.