Caso Pantani, Fabio Miradossa lancia l’accusa: “Marco è stato ucciso”
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A pochi giorni dal sedicesimo anniversario della sua morte, il caso Marco Pantani continua a far discutere e ad alimentare nuove polemiche. A tornare sulla scomparsa dell'ex campione italiano di ciclismo è stato Fabio Miradossa: l'uomo condannato per spaccio nella vicenda legata al ‘Pirata'. "Marco l'ho conosciuto poco prima che morisse, di certo non mi è sembrato una persona che si voleva uccidere. Marco è stato ucciso. Era perennemente alla ricerca della verità sui fatti di Madonna di Campiglio, ha sempre detto che non si era dopato. Qualcosa stava facendo per arrivare alla verità, questa è però una mia convinzione".
I dubbi di Miradossa
Interrogato in Parlamento dalla Commissione parlamentare antimafia, Miradossa ha così risposto alle domande del senatore Giovanni Endrizzi: "Io sono stato costretto al patteggiamento dalla Procura – ha aggiunto – La verità non la volevano, hanno beccato me ma io già 16 anni fa dicevo che Marco non è morto per droga, è stato ucciso. Lui ne usava quantità esagerate e quella volta ha avuto una quantità minima di cocaina rispetto a quello a cui era abituato, e l'ha avuta cinque giorni prima della morte. Qualsiasi drogato la droga la usa subito. Per mia esperienza se Marco ha ricevuto la cocaina alle 6 dell'11 febbraio, alle 10 di sera era già finita: aveva ricevuto 20 o 30 grammi. Quando ho visto che il pm non mi credeva, ho chiesto all'avvocato di patteggiare. I 20mila euro prestati a Pantani? Quei soldi mancano: io non li ho avuti. Chi li ha presi?".
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La scena del crimine
Miradossa aveva già parlato in altre circostanze della morte di Marco Pantani. Lo aveva fatto anche tempo fa con ‘Le Iene', spiegando quelli che secondo lui erano i dettagli ritrovati sulla scena del crimine che non tornavano: come ad esempio le tracce di sniffate. "Marco non sniffava cocaina, era una cosa che gli faceva schifo – dichiarò Miradossa – Lui la fumava solo, e in quella stanza c'è traccia di cocainomani che sniffavano. Chi ha creato quella situazione non era ben informato sulle abitudini di Pantani".