Bradley Wiggins ha sofferto la sindrome dell’impostore: “Ho buttato via tutti i miei trofei”
Bradley Wiggins continua a far parlare di sé, al di là dell'immensa carriera del campione inglese ritiratosi dalle scene nel lontano 2016, dopo aver vinto moltissimo, tra cui un Tour, Olimpiadi e mondiali. L'oggi 44enne ex ciclista è ritornato alla ribalta per vicende extra-sportive e per alcune rivelazioni che hanno ancora una volta evidenziato retroscena di una vita piena di ombre, problematiche che lo hanno accompagnato sin dall'infanzia, tra cui la "sindrome dell'impostore" uno stato psicofisico contro cui ha combattuto per diversi anni durante la sua vita.
A raccontare il dark side di Wiggins è stato lui stesso all'interno di una serie di documentari prodotti dalla BBC, in cui ha confermato di non essersi mai sentito degno del ruolo che si era conquistato con fatica, dedizione e sacrifici, anche affrontando e superando i demoni di una gioventù tutt'altro che serena. Era riuscito a diventare uno tra i migliori e più popolari ciclisti sul fronte internazionale, ma non si è mai sentito veramente a proprio agio: "La mia carriera ciclistica è stata semplicemente un lungo tentativo di sfuggire al mio passato, una distrazione. Molto di questo può essere intrinsecamente legato all'assenza di una figura paterna durante la mia giovinezza" ha ammesso alla BBC. "La bici era l'unica cosa su cui mi sentivo più a mio agio".
Wiggins è stato venerato e osannato in madre patria a tal punto da aver ricevuto il cavalierato per meriti sportivi. Ed è proprio da questo punto preciso che inizia la ricostruzione di quanto accadde nel 2012, all'apice della sua notorietà, quando venne chiamato alla corte britannica per ricevere l'onorificenza di cavaliere. Un evento che avrebbe inorgoglito chiunque altro, non Wiggins che si trovò a totale disagio: "Il giorno in cui l'ho ricevuto è stato il giorno in cui questa sindrome ha colpito come un mattone. Non volevo nemmeno presentarmi quando mi diedero la notizia" racconta alla BBC. "Poi mia nonna mi disse che se avessi rifiutato mio nonno si sarebbe rivoltato nella tomba".
Un obbligo, dunque, più che un privilegio e un onore, vissuto nel peggiore dei modi: "Non c'erano altri atleti e sportivi, fu una cerimonia soprattutto rivolta al personale militare" continua Wiggins. "Mi trovai in enorme disagio. C'erano soldati con gli arti amputati che mi chiedevano foto e selfie… mi sentivo tutto tranne di essere un eroe. Non ero degno di essere nominato del titolo di cavaliere". Un malessere che si riassume in uno stato psicofisico ben conosciuto in psicologia, la "sindrome dell'impostore". In pratica, Wiggins si autoconvinceva di non meritare i successi e i meriti ottenuti, a dispetto delle competenze e capacità dimostrate, che gli avevano permesso di eccellere.
Una problematica con cui Wiggins ha dovuto convivere per anni e che se non sul fronte sportivo dei risultati, ha caratterizzato in negativo anche alcuni aspetti della propria vita privata. Ad esempio i rapporti con sua moglie. "Era il 2019", ricorda ancora dopo che si era già ritirato e cambiato vita, in un continuo vortice di alti e bassi personali. "Ho attraversato un momento difficilissimo perché mia moglie non stava bene e anch'io avevo perso il quadro generale della situazione". Di nuovo, la "sindrome dell'impostore" riaffiorò nella sua mente: "Un giorno decisi di buttare via tutti i miei trofei, non mi sentivo degno. Non gli allori ottenuti col ciclismo ma le cose che sono arrivate come sottoprodotto del ciclismo, come ad esempio il trofeo della BBC Sports Personality of the Year o il mio trofeo del cavalierato".
Non si è disfatto dunque di ciò che il ciclismo gli ha dato, frutto diretto dei propri sacrifici e passioni che sono comunque finiti in disparte: "Ho messo le medaglie e i trofei ciclistici delle mie vittorie tutti insieme in una borsa da qualche parte". Come a disfarsene, in una morsa di estrema inutilità: "Mi sono liberato di tutto. Tutto, anche le mie medaglie olimpiche sono ora in un sacchetto."