Alex Carera, manager di Pogacar: “È come Micheal Jordan. Ma lo trovi al supermercato per la spesa”

L'orologio da 300 mila euro che Tadej Pogacar tiene al polso (ma non è l'unico a indossarlo) nonostante corra nel fango della Parigi–Roubaix è il segno di una disciplina evoluta, che ha rivisto l'epica dell'uomo solo al comando in chiave moderna e coniuga agonismo, risultati e business. Nell'intervista a Fanpage.it, Alex Carera, figura di grande esperienza nel management sportivo che opera soprattutto nel ciclismo, spiega come si gestisce un campione del calibro dello sloveno, che non è solo uno sportivo ma un'azienda a tutti gli effetti, il marchio di un mondo del quale fanno parte "sempre più persone che hanno il piacere di acquistare delle biciclette di gran valore perché considerano il ciclismo uno sport green".
Oggi il brand è tutto nell'industria di un settore il cui indotto va al di là di premi e contrattualistica sportiva: in fatturato c’è un ritorno d'investimenti commisurato alla riconoscibilità e alla percezione di prodotti testati da atleti di alto livello che appartengono a grandi squadre del WorldTour. È il caso di UAE Team Emirates: chiamatelo pure effetto Tadej, avrete la risposta alla domanda su quanto guadagna una Casa di biciclette (Colnago) che ha visto moltiplicare gli introiti sponsorizzando il migliore ciclista al mondo, combinando flussi di mercato e marketing.
Alex Carera, quale direzione ha preso il ciclismo?
"Sta andando verso l'identità di uno sport globale, uno sport accessibile a tutti, che ha superato i confini dell'Europa e ha portato il ciclismo verso la concezione che chi lo pratica svolge un'attività sana. Si è allargato l'orizzonte che fino a trent'anni fa lo relegava solo al Vecchio Continente. Oggi invece è molto diffuso in Sud America, Nord America, Asia, Middle East e perfino in Africa. In questo senso anche le piattaforme social hanno permesso di avvicinare il grande campione ai suoi fans. In più, rispetto agli altri sport, il ciclismo ha il vantaggio che non ha le barriere. Non sei in uno stadio con una rete metallica o un muro, il tifoso/spettatore del ciclismo può quasi toccare il sui beniamino alla partenza, può scattarsi una foto e può vedere a pochi centimetri un proprio idolo passare sulle grandi montagne".

È sicuramente un pregio ma forse anche un difetto? La domanda sorge spontanea alla luce di quanto accaduto durante la recente Parigi-Roubaix sia a Mathieu van der Poel (al quale hanno lanciato una borraccia in faccia) sia a Pogacar, la cui visuale è stata disturbata da una persona che s'era spinta oltre i bordi della carreggiata per scattare una foto.
"Non è un difetto se i tifosi rispettano i campioni. È un difetto se invece, purtroppo, si comportano come già è successo in passato… Ricordiamoci che Vincenzo Nibali ha perso un Tour de France per colpa di un tifoso che, involontariamente, lo fece cadere all'Alpe d'Huez e riportò un infortunio molto grave. Quanto accaduto a van der Poel rappresenta il limite estremo, è stato sì un atto scandaloso ma scaturito in situazioni differenti a causa di persone che hanno agito in maniera altrettanto diversa".
Più tifosi, più followers, più visibilità, più soldi. Come si amministra uno sportivo come Pogacar, che è un azienda a tutti gli effetti per la mole d'introiti che genera?
"Si gestisce direttamente lavorando in maniera professionale e trasparente, anzitutto perché il grande campione va tutelato in tutte le sue forme. Va gestito cercando di salvaguardare al più possibile la sua privacy e la possibilità che possa allenarsi in assoluta tranquillità, dedicando la maggior parte del suo tempo all'allenamento, al recupero e alla nutrizione. Tra i miei compiti c'è anche quello di proteggerlo".
Qual è il livello di business in grado di procacciare un personaggio come lo sloveno?
"Tadej è come Michael Jordan nel basket o come Tiger Woods nel golf. È un'icona per i giovani ciclisti e per tutti i tifosi, non solo a livello europeo ma anche mondiale. È per questo che la sua linea di caschi, la sua linea di scarpe, la sua bicicletta con il suo logo hanno avuto un successo così eclatante. È uno dei più grandi sportivi riconosciuti ovunque. Se oggi si chiede a una casalinga: qual è il ciclista che conosci? Il primo nome che dirà è Pogacar".

Immagino che gli sponsor facciano la fila per averlo…
"Vengono assolutamente selezionati, la nostra è stata ed è una scelta consapevole. Ogni sponsor ha dei diritti e non li puoi concedere a troppi perché il suo tempo è limitato. Il suo tempo viene dedicato principalmente all'attività agonistica, non alle cose extra ciclistiche".
Il rinnovo del contratto lo ha reso straricco, fino al 2030 percepirà da UAE Team Emirates un ingaggio complessivo di circa 50 milioni di euro: 8 milioni a stagione, oltre a bonus per le vittorie nelle grandi corse, agli sponsor e alle royalties del merchandising. Nessuno nel ciclismo è mai arrivato a quote del genere, è vero che ha anche una clausola da 200 milioni?
"È una clausola che tutela la squadra e lui, perché fino al 2030 nessuno pensa minimamente di poter cambiare squadra perché lui si trova bene. È la sua squadra da quando è professionista, insieme hanno iniziato a vincere e insieme vogliono continuare a vincere. C'è un rapporto di assoluta fiducia tra le parti. A questi livelli, quando sei il numero uno al mondo nel ciclismo, così come in un'altra attività sei all'apice del tuo lavoro, è normale essere pagati molto bene. Ma a quel punto i soldi non fanno nessuna differenza e non sono più la priorità. Fa la differenza, invece, stare bene in una squadra o in un'azienda".
L’orologio da 300 mila euro sul polso sporco di sangue è un'immagine dei tempi che cambiano. Pogacar è obbligato a portarlo?
"Oggi è normale che un ciclista possa avere un accessorio così importante sul braccio nonostante corra la Parigi-Roubaix. Richard Mille è uno sponsor della UAE Team Emirates, ha addirittura anche il logo posizionato sulla bicicletta. È un orologio che non va a incidere sulla prestazione perché è leggerissimo. E se Richard Mille ha scelto Tadej è perché si sono resi conto di trovarsi dinanzi a un'icona dello sport, com'è stato per Rafa Nadal nel tennis oppure Charles Leclerc nella Formula 1".

Jean-René Bernaudeau, manager della squadra TotalEnergies, ha recentemente elogiato Tadej Pogacar, sottolineando l'importanza della reputazione del ciclismo e il ruolo del campione del mondo. Ha espresso concetti del tipo: "Vorrei ci fornisse garanzie e rendesse pubblici tutti gli esami", frase che si presta a diverse interpretazioni.
"Nessuno ha sospetti su Pogacar, sia chiaro. Lui (Bernaudeau, ndr) ha detto che bisognerebbe che i dati di allenamento fossero visibili a tutti. A questo punto faccio una riflessione e uso questo esempio: ma secondo voi un'azienda alimentare può mai andare a chiedere il brevetto di un'altra concorrente che commercia lo stesso prodotto? No, certamente no, è chiaro. Quindi perché io devo dire come mi alleno ai miei avversari? Trovo assurdo che un team che investe per avere i migliori atleti e i migliori allenatori debba rivelare agli altri come lavora… Oggi i dati sono più o meno visibili e consultabili perché pubblicati direttamente e rispecchiano fedelmente la realtà a cominciare dal peso. Ci può essere un piccolo margine di errore ma questo non cambia la sostanza delle cose: se un ciclista non vince le gare non è perché non conosce i dati di van der Poel, Pogacar, Evenepoel o altri ancora".
Come è vissuto Pogacar dagli altri ciclisti?
"Con grande rispetto. Tutti, dal primo all'ultimo, sanno che fa tanti sacrifici. Tadej è una persona umile e rispettosa, è sempre aperto al dialogo. Non è che lui, solo perché è il numero uno al mondo, si rifiuta di parlare con i compagni o con gli avversari. Non c'è nessun tipo di gelosia nei suoi confronti".
Chi è Pogacar fuori dal ciclismo?
"Un ragazzo tranquillissimo che ama stare in compagnia della sua fidanzata, che fa le cose che fanno tantissimi suoi coetanei, che va a fare la spesa da solo, che ama andare in bicicletta. Un ragazzo normalissimo".
Cosa mangia un ciclista della sua portata?
"Il ciclismo è uno sport molto molto duro, quindi i corridori devono seguire una alimentazione che è calcolata al massimo calibrandola con la struttura fisica dei ciclisti, gli sforzi che devono sopportare e le prestazioni che devono esprimere. C'è un nutrizionista che si occupa di lui e della squadra. Tutto questo perché il loro corpo è considerato come una macchina di Formula 1".
E vero che gli piace la carbonara, rigorosamente preparata col guanciale?
"Sì… anche se non la mangia sempre perché non può. Però è vero che, se può scegliere, preferisce che il cuoco della squadra sia italiano. Quello attuale gli ha fatto provare la carbonara col guanciale e ha detto che c'è una bella differenza con la pancetta".
Com'è iniziato il rapporto con il ciclista sloveno?
"Lo vidi in una gara quasi dieci anni fa, capii subito che era un ragazzo dalle doti fuori dal comune. Solo che la differenza rispetto a tanti altri è che oltre ad avere delle caratteristiche fisiche fuori dal comune ha anche delle caratteristiche personali speciali. Tadej ha dimostrato che non basta avere un talento eccezionale per arrivare ad essere ad altissimo livello ma ci vuole anche una costanza e una capacità di sapersi allenare, di fare sacrifici. E se non la hai, non ti basta il talento per essere un grande".
Perché in Italia si fa fatica a trovare un Pogacar?
"Pogacar non è che lo trovi… capita che nasca come è capitato Roger Federer alla Svizzera. Ovviamente più atleti ci sono, più ragazzi corrono in bicicletta e più aumenta la percentuale di poter trovare un super campione. Abbiamo avuto Vincenzo Nibali qualche anno fa e speriamo che un nuovo Nibali o il futuro Pogacar possa arrivare anche in Italia. Ma lì capita… non c'è la scienza che ti aiuta".