Zoff su Adani: “L’urlo lo dovrebbe fare un tifoso allo stadio e non chi racconta le partite in TV”
Lele Adani sicuramente non lascia indifferenti nel suo modo sopra le righe di raccontare il calcio, e questo probabilmente era l'obiettivo che il 50enne ex difensore si era prefisso quando ha intrapreso la sua seconda carriera da opinionista dopo aver appeso gli scarpini al chiodo. Una carriera che da Sky lo ha portato – dalla scorsa estate al posto di Antonio Di Gennaro – a commentare le partite dell'Italia sulla rete ammiraglia della RAI, come spalla tecnica di Alberto Rimedio. Intanto Adani continua le sue chiacchiere con Cassano e Ventola a ‘Viva el Futbol', con uno stile appena più scanzonato di quello che utilizza in TV. Lele divide, anzi spacca, tra chi ama questo modo non ingessato di narrare il calcio e chi lo reputa troppo urlato ed autoreferenziale. Tra questi ultimi c'è il mito Dino Zoff, che non potrebbe essere più diverso da Adani e non usa giri di parole quando gli si chiede delle telecronache dell'emiliano: "L'urlo lo dovrebbe fare un tifoso allo stadio e non chi racconta le partite in TV".
Zoff su Adani: "Siamo nella stagione dell'inflazione delle parole"
"Io provengo da un'altra era geologica e le mie partite sono state raccontate dapprima da Niccolò Carosio, poi da Martellini e infine dal mio amico Bruno Pizzul – argomenta l'82enne ex campione del mondo di Spagna '82, che ha fatto dell'essere di poche parole un tratto personale distintivo – Diciamo che erano altri stili di narrazione e fermiamoci qui. Non posso essere in linea con quello che ascolto in certi momenti. Ma, ripeto, io sono anziano per tutte le novità che vengono proposte oggi, è la legge della vita. Questo è il mondo dei giovani ma certi valori restano sacri, per me. Il primo è quello dell'educazione e della serietà. Siamo negli anni dell'adanismo? Siamo nelle stagioni di quella che definirei un'inflazione eccessiva delle parole che trova conferma anche nei racconti calcistici televisivi".
Zoff è onesto nel premettere che le sue considerazioni sulle telecronache di oggi sono figlie in primis del suo appartenere ad un'epoca molto diversa da quella attuale, ma le sue parole nell'intervista a Libero restano scolpite nella pietra: "Certe telecronache di oggi sono la vetrina dell'esasperazione mediatica e di un certo tipo di linguaggio. Certe espressioni tenorili possono sembrare esagerate, ma quello che non capisco sono i toni accesi in partite che non sono certo finali mondiali o europee per le quali la posta in palio è altissima".