Zidane racconta la verità sulla testata a Materazzi: “Mia madre quel giorno non stava bene”
Zinedine Zidane ha più volte detto che non è certo orgoglioso del gesto compiuto in mondovisione 16 anni fa a Berlino, quando diede una testata a Marco Materazzi durante la finale dei Mondiali vinta dall'Italia. Un gesto inconsulto che rappresenta una macchia indelebile per il campione transalpino e del quale gli viene chiesto conto in ogni intervista. Ad onore dell'ex juventino, c'è da dire che non si sottrae mai alla risposta né alle sue responsabilità. Lo fa anche oggi, nel giorno del suo cinquantesimo compleanno, nella lunga chiacchierata con L'Equipe che gli dedica la copertina con un occhio al suo possibile futuro sulla panchina della Nazionale attualmente allenata da Deschamps.
"Quel giorno mia madre è molto stanca – ricorda adesso Zizou, tornando a quel 9 luglio del 2006 – Ho mia sorella al telefono più volte durante il giorno. So che mia madre non sta bene, non è un problema serio, ma comunque mi preoccupa. Rimango ancora concentrato, ma queste sono cose che condizionano. La pressione, questo, quello. Materazzi in campo non nomina mia madre. Lui ha detto spesso che non ha insultato mia madre. È vero. Ma ha insultato mia sorella, che in quel momento era con mia madre. Su un campo di calcio non è la prima volta che volano insulti. Tutti parlano tra di loro, a volte male, ma tu non fai niente. Lì, quel giorno, accadde quello che accadde. Ha scatenato qualcosa parlando di mia sorella Lila. Il tempo di un secondo ed è finita… Ma dopo lo devi accettare. Non sono orgoglioso, ma fa parte del mio viaggio. A quel tempo ero più fragile. A volte è in momenti come questi che puoi fare qualcosa di sbagliato…".
E certamente lo fu. Ma nella carriera di Zidane, oltre quest'ombra, c'è tanta altra roba che luccica. Al Real Madrid, dopo aver lasciato la Juventus, ha vinto tutto da giocatore (e poi lo farà da allenatore) con la maglia numero 5 sulle spalle. Oggi racconta il motivo di quel numero: "Cinque anni alla Juve, cinque anni al Real… Se un giorno qualcuno guarda il posto del numero 5 della mia vita e scava, ci sono cose incredibili. Ad esempio, sono stato coinvolto in cinque vittorie in Champions League con il Real Madrid: una da giocatore (2002) , una da assistente di Ancelotti (2014) e tre da capo allenatore (2016, 2017, 2018). Anche nella mia vita familiare, questo numero torna. Quando vado in un hotel e sono al 5° piano, vinco la partita aò 99%! Ci sono cose speciali. A Madrid, Florentino Perez mi dice, quando firmo: ‘Nella mia squadra i numeri vanno da 1 a 11. Non ci sono 35 o 40 sulle maglie'. E continua: ‘L'unico che è libero è il 5'. Gli rispondo: ‘Nessun problema, lo prendo subito'. Questo 5 mi ha dato molto".
Arrivato a mezzo secolo, per Zidane è il momento dei bilanci, tra gioie e dolori: "Sto bene, la vita va avanti. Sono ancora un bambinone nella mia testa! Voglio godermi tutto, assieme alla la mia famiglia. Ci sono ovviamente cose che non mi soddisfano… E poi ci sono anche grandi disgrazie. Ho perso uno dei miei fratelli (Farid, nel 2019)… Ma la vita va avanti. Sono istintivo, non mi piacciono le cose fisse, dicendo che domani farò questo o quello. Ad esempio, ero un allenatore. Non volevo più farlo tutto il tempo, quindi ho detto: "Smetto". E riprenderò quando riprenderò. Mi piace molto quell'idea della vita, della mia vita. Faccio quello che sento quando lo sento. E lì, non ti sbagli. Se ascolti troppo, se ti dicono troppe cose intorno a te, stai pensando, e c'è la possibilità che sbaglierai. Faccio tutto con il cuore. Va bene. Quindi se sbagli, non importa".
"Oggi, a 50 anni, non ho rimpianti. Mai. Anche i momenti difficili fanno parte della mia vita, le cose di cui non sei orgoglioso. Li prendo. Fanno parte del mio viaggio di vita. Cosa mi resta da realizzare? Continuare ad allenare, voglio ancora farlo. E poi, perché non essere in un progetto in cui io stesso sono il leader. Ad esempio, il presidente di un club o il manager di un'azienda – spiega Zidane, che poi apre al suo grande sogno, sedersi sulla panchina dei Bleus – Allenare la Francia? Voglio, ovviamente. Lo sarò, spero, un giorno. Quando ? Non dipende da me. Ma voglio chiudere il cerchio con la squadra francese. L'ho conosciuta da giocatore. Ed è la cosa migliore che mi sia mai capitata! (Si mette una mano sul cuore) Ma davvero! È l'apice. E così, visto che oggi sono un allenatore, la Francia è saldamente radicata nella mia testa. Subito dopo Deschamps? Non so. Se deve accadere, accadrà, allora o no. Quando dico che un giorno voglio prendere la Francia, lo presumo. Oggi c'è una squadra. con i suoi obiettivi. Ma se si presenta l'occasione, allora ci sarò. Ripeto, non dipende da me. Il mio desiderio profondo è lì. La Francia è la cosa più bella che ci sia".