Zauri a Fanpage.it: “Simone Inzaghi grande conoscitore di calcio, già da calciatore”
La Lazio si sta giocando lo scudetto con Juventus e Inter, l’Atalanta è una delle realtà più belle del calcio italiano ed europeo. Sono questi gli argomenti di cui abbiamo discusso con Luciano Zauri, più trecento presenze in Serie A e reduce da un’avventura poco fortunata sulla panchina del Pescara. Ai microfoni di Fanpage.it l’ultimo capitano della Lazio in Champions League si è soffermato sulla grande stagione dei biancocelesti, ci ha parlato del suo ex compagno di squadra Simone Inzaghi e dell’evoluzione dell’Atalanta, squadra con cui ha esordito in Serie A, negli ultimi anni.
Questa Lazio è diventata una realtà della Serie A con il “progetto Inzaghi” che è partito quasi per sbaglio: quali crede siano i maggiori punti di forza della squadra capitolina?
"È una squadra che gioca benissimo a calcio e quest’anno lo sta confermando anche la classifica, visto che lotta per lo scudetto, ma anche nelle passate stagione ha sempre dimostrato di avere delle idee di gioco chiare anche grazie a degli interpreti importanti, potrei nominare Leiva e Immobile ma ce ne sono anche altri; che sanno sempre cosa fare riuscendo a mixare bene qualità e quantità".
È stato compagno di Simone Inzaghi ai tempi della Lazio, si intravedeva qualcosa del futuro allenatore oppure è una scoperta anche per voi ex compagni?
"Simone Inzaghi era ed è un grande conoscitore di calcio a tutti i livelli, già da calciatore. Lui sapeva i giocatori di tutte le categorie, dai campionati stranieri a quelli dilettantistici, e ha sempre avuto questa grande passione nel conoscere il calcio".
In molti paragonano questa Lazio a quella di Eriksson per i risultati ma forse per il tipo di gioco espresso è molto più simile a quella di Mancini di quella che lei ha fatti parte: trova delle similitudini tra questa squadra e quella?
"La Lazio di Cragnotti era fatta da campioni di livello mondiale e faceva parte di un progetto diverso ma pure quella di Mancini aveva dei calciatori fortissimi, come ad esempio Mihajlovic, Stam e tanti altri. Dal punto di vista offensivo c’era l’idea di attaccare in maniera corale come la Lazio di adesso ma sono squadre diverse: certamente Roberto Mancini potrebbe avere influito sulle idee che sta sviluppando Inzaghi, perché le due idee si basano molto sulla fase offensiva e sull’idea di un calcio molto godibile".
A prescindere da come finirà questa stagione, la Lazio finalmente disputerà la Champions League il prossimo anno: come crede che la squadra biancoceleste dovrà muoversi sul mercato la prossima estate per affrontare le tre competizioni ma, allo stesso tempo, non snaturarsi?
"Questo credo sia stato anche un discorso affrontato anche nel mercato di gennaio appena passato perché è difficile rinforzare questa squadra a livello di nomi ma credo sia molto più importante che si rinforzi a livello numerico. È molto importante che prenda gente di qualità che non faccia sentire la mancanza dei titolari per avere una squadra competitiva ovunque: servirà qualcosa in mezzo al campo, dietro e davanti; come si dice “almeno uno per reparto”. Sugli esterni, nel caso in cui continui a giocare con questo modulo, ci sarà bisogno di almeno 3/4 esterni di alto livello. È chiaro che le dinamiche di squadra andranno salvaguardate ma è normale che si si vuole fare un percorso importante in Champions bisogna prendere qualcosa".
Lei ha fatto le giovanili nell’Atalanta e ha fatto il suo esordio con la maglia della Dea in Serie A. Era uno degli uomini più presenti nella stagione che vide la squadra di Vavassori chiudere al 7° posto e conosce bene l’ambiente di Bergamo: come e dove è cresciuta la squadra orobica in questi anni per arrivare così in alto sia in Italia che in Europa.
"L’Atalanta ha insegnato all’Italia come lavorare con i giovani negli ultimi trent’anni, non mi sembra di esagerare, perché ha cresciuto calciatori importanti che poi hanno vestito anche la maglia della Nazionale. C’è una serietà e una competenza nel lavoro quasi uniche se si pensa che con molti meno soldi delle grandi della Serie A, che magari prendevano più un prodotto finito, l’Atalanta si è sempre sobbarcata il lavoro precedente, cioè quello di prendere i ragazzi dalle categorie più basse e portarli fino alla prima squadra, facendo sempre ottimi campionati. Con l’avvento di Percassi si è speso qualche soldo in più dopo aver venduto bene dei prodotti del vivaio e oltre a fare un bel lavoro dal punto di vista di gestione si fa anche un bellissimo calcio. Un ottimo modo di abbinare la competenza calcistica a quella societaria".
In merito alla sua esperienza da allenatore del Pescara cosa crede non abbia funzionato e se pensa che avesse bisogno di un po’ più di tempo per lavorare?
"Io credo di aver lasciato pur essendo in linea con quanto mi era stato chiesto. Non ho rimpianti perché ho messo tutto me stesso in questa bellissima esperienza ma questa è l’unica cosa che posso dirti perché non ho rancori ed ero in linea con il progetto di cui avevo parlato all’inizio".