Witsel bacchetta i colleghi calciatori: “In Cina e in Arabia si va per soldi, non per il progetto”
L'Arabia Saudita e il suo campionato si sono presi la scena in quest'ultima sessione di mercato e tanti calciatori si sono mossi anche dall'Europa per andare a vestire maglie della Saudi Pro League. Un fenomeno che ha messo paura a tanti appassionati e dirigenti del Vecchio Continente, vista forza economica di questi club.
Dopo Cristiano Ronaldo lo scorso inverno, sono stati tanti i giocatori importanti, di squadre top, dei campionati d'Europa: da Brozovic a Jordan Henderson, da Gabri Veiga a Carrasco passando per Mahrez, Firmino e Mané. Tutti questi calciatori, che si sono fatti notare negli anni scorsi nel nostro continente o erano delle promettenti stelle, hanno deciso di sposare le offerte ricevute dall'Arabia.
Nel corso di una lunga intervista rilasciata a Radio Marca prima del derby di Madrid tra Atletico e Real, il centrocampista belga Axel Witsel ha parlato dell’esodo di calciatori verso l’Arabia Saudita. Lui fu uno dei primi ad andare in Cina, dopo essersi fatto notare con il Benfica e lo Zenit, quando il campionato del paese orientale sembrava pronto per il grande salto ma poi la bolla è scoppiata, soprattutto per decisioni del governo, e tutto è stato ridimensionato.
Witsel ha fatto riferimento anche a Yannick Ferreira Carrasco, suo connazionale, ex compagno all'Atletico Madrid e ora all’Al-Shabab: “Ognuno di noi ha la sua strada. Non dico che sia stato brutto partire per l’Arabia Saudita, io sono andato in Cina a 27 anni. Ha fatto bene, per me fu un esperienza di vita. Ovviamente ci andiamo per soldi, non dobbiamo stare a parlare del progetto sportivo. È la verità, Carrasco lo ha fatto e per me va bene“.
Una vera e propria ammissione a distanza di qualche anno dal trasferimento al Tianjin Quanjian, dove collezionò 36 presenze e 5 reti, ma che durò esattamente una stagione: l'anno successivo, nel 2018, tornò in Europa per vestire la maglia del Borussia Dortmund.
Witsel, a differenza di tanti altri colleghi, ha avuto il coraggio di dire la verità e non di mettere insieme le solite quattro frasi sul ‘progetto' e sul ‘calcio in crescita'.