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Walter Sabatini: “Sono malato cronico ai polmoni e ai bronchi, per parlare devo usare l’ossigeno”

I problemi si salute hanno fatto allontanare Sabatini dal mondo del calcio, ma non parla ancora di ritiro: “Il cervello non mi permetterebbe il ritiro. Aspetto ancora qualcosa dal calcio”
A cura di Ada Cotugno
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Walter Sabatini senza filtri, nel pieno del suo stile. L'ex dirigente sportivo si è raccontato in un'intervista fiume in cui non ha parlato soltanto di calcio, ma si è soffermato su questioni molto più profonde: i problemi di salute lo stanno condizionando da un po' di tempo ma non smette mai di respirare sport, in qualsiasi forma, nonostante qualche anno fa sia stato davvero a un passo dalla morte.

Ai microfoni del Corriere della Sera ha parlato della battaglia più dura, quella che ogni giorno conduce con il suo corpo martoriato dalla malattia e dalle operazioni. È lontano dal campo soprattutto per questioni di salute, ma non smette mai di sognare un ritorno nel mondo del calcio che tanto ha amato.

Sabatini racconta la sua malattia

Non c'è più l'adrenalina delle partite, le litigate con i giocatori e l'apprensione per come andrà a finire la stagione. Sabatini ha spiegato come vive le sue giornate e come convive con il suo corpo: "Sono un malato cronico ai polmoni e ai bronchi e ho due stent al cuore. Le mie giornate sono pigre, ritmi alti non ne posso tenere. Quando esco lo faccio con la sedia a rotelle, perché mi si è spostata una vertebra e dopo la cementificazione mi ero montato la testa e sono scivolato dal letto, fratturandomi il femore. Sono tutto rotto, ma il vero problema resta il respiro: per parlare senza affaticarmi devo usare l’ossigeno".

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L'ex dirigente ricorda anche l'episodio più duro della sua carriera, quando nel 2018 ha rischiato realmente di morire: "Sì, nel 2018. Ma quello che mi tormenta è il coma farmacologico di circa venti giorni: ho incontrato chiunque sotto gli effetti dei farmaci. Sembrava così reale che mi causa ancora dei tormenti. Ho incontrato anche Dio sotto mentite spoglie, ma è stato un po’ deludente perché mi ha trattato con molta sufficienza".

La mancanza del calcio

Ovviamente non si è tirato indietro dal parlare di sport, l'essenza della sua vita. Del suo lavoro gli mancano tante cose: "Il timore della sconfitta, che è un cattivo compagno di viaggio ma è il senso di chi fa questo mestiere. La gioia di una vittoria non avrà mai lo stesso peso del dolore per una sconfitta". Nonostante tutti i problemi di salute tornerebbe in pista subito: "Mai. Non sono uno che si ritirerà: devo morire e non succederà neanche quello, non per ora. Il cervello non mi permetterebbe il ritiro. Aspetto ancora qualcosa dal calcio: devo prendere e dare. Anche se il calcio mi ha devastato"

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