Vittorio Cecchi Gori dovrà risarcire quasi 20 milioni di euro per il crac della Fiorentina
La Fiorentina sarà impegnata a giocare domenica sera a San Siro per la sesta giornata di campionato. Ma la società viola, oggi in mano all'imprenditore italo-americano Commisso che l'ha prelevata dalla proprietà dei Della Valle, non ha alcun legame con un'altra Fiorentina di cui si sta parlando proprio in queste ore: quella di Vittorio Cecchi Gori. L'ex patron dei gigliati è stato infatti condannato dal Tribunale al pagamento record di quasi 20 milioni di euro indicato come unico e principale responsabile del fallimento del club toscano allorchè – precipitato nel baratro dei debiti – non riuscì a iscriversi al campionato di Serie B.
Il fallimento della società gigliata
Era il 2002 e di quella società oggi non ve n'è più traccia, ma il danno provocato è ancora tangibile e verrà risarcito attraverso la sentenza, alla quale i legali di Cecchi Gori hanno già promesso appello per un risarcimento al ‘contrario' pari a 300 milioni sostenendo che la mancata iscrizione fu causata da incuria ad imputarsi ad altre cause esterne. Sono stati intanto scagionati dalle accuse, i consiglieri e gli amministratori, oltre a Luciano Luna e Ottavio Bianchi che erano finiti a giudizio.
Le accuse rivolte a Cecchi Gori
Gli inquirenti hanno presentato un dettagliato resoconto di quanto avvenne a fine anni '90 quando in cima alla piramide gigliata c'era Vittorio Cecchi Gori: tra il 1998 e il 1999 Cecchi Gori aveva usato la Fiorentina come cassa continua per tamponare la crisi del gruppo di famiglia, utilizzandone i fondi per colmare lacune in altre aziende e creando un ‘buco' finanziario che man mano diventò talmente enorme da essere ben presto ingestibile.
I debiti, le cessioni, il fallimento
Nel corso di quegli altri, Cecchi Gori – sostiene l'accusa – dilapidò tutto, anche un prestito da circa 70 milioni, provò a rientrare cedendo top player (Toldo e Rui Costa), provò a rientrare con un aumento di capitale da 25 miliardi (di lire) ma alla fine il debito ammontò a ulteriori 20 miliardi complessivi (di lire) che costrinsero la Fiorentina a non iscriversi scivolando nel fallimento.