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Vincenzo Italiano a Fanpage.it: “Il mio Spezia ‘tutti registi’, sempre a testa alta”

Vincenzo Italiano è uno degli allenatori di cui si parla di più della Serie A 2020/2021. Il tecnico dello Spezia è finito sotto i riflettori per il modo in cui fa giocare la sua squadra e per come i suoi ragazzi giocano senza paura contro le dirette concorrenti per la salvezza e con le big. Il trainer del club ligure a Fanpage.it ha parlato delle sue idee e di come lavora per tenere sempre alta la concentrazione, di quali sono i suoi modelli e delle sue speranze per il prossimo futuro.
A cura di Vito Lamorte
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“Noi dobbiamo cercare di uscire dal campo sempre a testa alta. Dobbiamo sempre ben figurare e se con l’organizzazione mettiamo in difficoltà gli altri vuol dire che avremo lavorato bene”. Vincenzo Italiano non ti aspetta, viene a prenderti alto e se la gioca con tutti. L’allenatore dello Spezia è uno dei tecnici che sono finiti sotto la lente degli appassionati e dei tifosi in questa prima parte di campionato per il modo in cui fa giocare la sua squadra, neopromossa in Serie A e alla prima partecipazione al massimo campionato italiano; per le idee che cerca di trasmettere ai suoi ragazzi e perché è uno che parla chiaro. Niente giri di parole, nessuna mezza risposta. Concetti chiari, studio e tanta passione.

Dal Vigontina San Paolo allo Spezia passando per l’Arzingano e il Trapani: sono queste le tappe della sua carriera in panchina dopo aver giocato per anni tra Serie A, B e C. “Mi immedesimo sempre nei calciatori e cerco di capire come non far mai calare la concentrazione, lavoro per avere un rapporto di fiducia che sia reciproco”. Il tecnico del club ligure a Fanpage.it ha parlato del modo in cui lavora, di quali sono i suoi modelli e delle sue speranze per il prossimo futuro a livello personale e per il suo club.

Italiano, come sono stati i primi mesi da allenatore di Serie A?
“È la mia prima esperienza in A ed è una grande emozione essere qui da allenatore. Da calciatore ho sempre giocato in squadre che si dovevano salvare ed ero già cosciente delle difficoltà che avremmo incontrato. Confrontarsi con tecnici importanti ti spinge sempre a dare il massimo e trovare le strategie opportune per cercare di uscire dal campo sempre a testa alta”.

Se dovesse riassumere il 2020 dello Spezia in poche parole, quali userebbe?
“Lasciando da parte la pandemia, a livello sportivo il 2020 dello Spezia penso sia qualcosa che rimarrà per sempre. Un anno indelebile per tutti gli sportivi spezzini e per noi che l’abbiamo vissuto. Era il sogno che tutti volevano realizzare e lo abbiamo ottenuto. È stato davvero bello”.

Siamo a metà campionato e dello Spezia si dice: “Gioca bene”. Cosa vuol dire giocare bene per lei?
“Giocare bene vuol dire avere massima attenzione in entrambe le fasi, perché giocare bene non vuol dire far vedere che uno sa cosa fare solo con la palla. C’è la fase di non possesso, della riconquista, dell’essere ordinati in campo: riconoscersi quando si ha il pallone e quando lo hanno gli altri. La qualità con cui si fanno le cose è importantissima, quando si ha il pallone tra i piedi, nello smarcamento e nella fase difensiva. Non è solo l’estetica della giocata o di una partita ma avere delle idee per essere sempre dentro la partita“.

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Nella tesi del Master di Coverciano c’è un capitolo in cui parla del “sentirsi allenatore e poi esserlo davvero”: com’è stato il suo passaggio dal campo alla panchina?
“Anche se si è stati calciatori, ci sono responsabilità diverse. Io giocavo da centrocampista, sono stato anche capitano, e ho cercato di essere utile anche ai più giovani. Uno pensa che quelle cose servono, mi riferisco al carisma, al carattere e alla personalità; ma quando si è in panchina è tutto un altro mondo. Bisogna rapportarsi con la società e le varie componenti della squadra, tra tifosi, stampa e tutto il resto. Quando sei calciatore fai quello che devi e torni a casa più spensierato, ma da allenatore non è così. Lavori sempre perché devi essere perfetto in tutti i particolari. Non è un passaggio così semplice, è un lavoro complesso ma la passione può aiutare a superare tutto.”

Sempre in merito alla sua tesi, i concetti che colpiscono di più sono quelli del “tutti registi” e “dell’adattabilità”. Come li spiegherebbe in parole semplici?
“Per quanto riguarda ‘tutti registi’, posso dire che nel calcio moderno si cerca di avere calciatori che siano partecipi e che possano essere in grado di essere protagonisti in tutte le situazioni. Una volta per creare ci si affidava ai centrocampisti e ai giocatori più qualitativi, mentre adesso si lavora con tutti gli effettivi, dal difensore che imposta al portiere che è più responsabilizzato. Invece per ‘adattabilità’ mi riferisco al fatto che in base alle caratteristiche che si hanno a disposizione nella rosa, bisogna mettere i giocatori nelle condizioni di rendere al meglio. Modificare qualcosa, ma sempre basandosi su determinati principi. Insomma, cucire il vestito sulla squadra con ciò che si ha ma senza tradire se stessi”.

C’è una corrente di pensiero: la costruzione del basso nel calcio non è per tutti ed è un rischio. Il suo Spezia ci prova sempre: perché?
“Ricercare il portiere non è abusare o coinvolgerlo in maniera inutile. Al posto di buttarla in tribuna o regalarla all’avversario, uno scarico dietro ti permette di restare in possesso. Se c’è lo sviluppo in avanti e si può verticalizzare si deve sempre fare, ma se non c’è possibilità lo sfogo sul portiere è un’opportunità. Poi è chiaro che non siamo dei folli, se non ci sono dei punti di fuga si può puntare su altre situazioni in caso di pressione forte: da lì nasce un nuovo sviluppo e si lavora su seconde palle o su dove casca il pallone. Si tratta di tenere il pallone più tempo e coinvolgere tutti gli effettivi, tra cui il portiere. Ma senza dimenticarci che il suo primo compito è quello di parare (ride, ndr)“.

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Quali sono i suoi modelli in panchina e quale di questi si ispira maggiormente?
“Ci sono mille fonti di ispirazione e si tenta di rubare sempre qualcosa a qualcuno per poi adattarla alle situazioni che si hanno tra le mani. A me piace molto l’idea che ha il Barcellona come società. C’è un timbro da rispettare, c’è un’idea, c’è un pensiero dalle giovanili alla prima squadra; con ragazzi che poi vengono portati tra i grandi e hanno già le idee chiare. Sono affascinato da quel pensiero e cerco di capire come riprendere quell’idea lì”.

Il girone d’andata è quasi finito e le mancano da affrontare solo Torino e Roma: quali sono le squadre che le sono piaciute di più per proposta calcistica?
“Tutte le squadre hanno idee e strategie di base molto precise. La Serie A è sempre di altissimo livello per la tattica. La gran sorpresa è il Sassuolo, per dove sta dall’inizio dell’anno e per come gioca; la Roma, che fa un calcio super propositivo; e la stessa Juventus di Pirlo, che piano piano sta portando avanti un’idea e sta venendo fuori. Potremmo parlare dell’Inter o del Milan, che con un’eta media molto bassa sta facendo cose davvero egregie. Tutte le squadre mi hanno impressionato per motivi diversi”.

Ha affrontato Milan, Inter e Juventus: chi vince lo Scudetto secondo Italiano?
“Rispetto agli anni precedenti c’è più equilibrio. All’inizio dissi Juventus ma ora come ora dico che si arriverà fino alla fine con molti dubbi e una lotta davvero serrata. Ne sono abbastanza convinto”.

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L’impatto di Nzola sul campionato è stato sbalorditivo. Lei lo vede da vicino ogni giorno: quale campione le ricorda di più?
“Io l’ho avuto al Trapani ma devo dire che ha avuto un cambiamento incredibile. Sta diventando concreto, si presenta dal dischetto ed è sempre freddissimo. È quel tipo di situazione che esplode da un momento all’altro e io mi auguro che abbia preso quella strada lì, che sia un giocatore che possa rimanere a quel livello. Per lui è il primo anno di A ed è un classe 1996, non dobbiamo dimenticare questo. Io l’ho paragonato al primo Drogba, potrebbe diventare un calciatore di quel livello lì perché sa giocare, è veloce e non è solo forza fisica”.

Cosa potrebbe rendere il suo 2021 professionale e quello dello Spezia migliore del 2020?
“La risposta può sembrare scontata e banale ma se dovessimo ottenere la salvezza per me sarebbe come aver raggiunto la terza promozione consecutiva. Siamo al primo anno in Serie A e con tutte le difficoltà che abbiamo avuto sarebbe davvero straordinario. Il 20 agosto eravamo ancora in campo e in 20 giorni abbiamo preparato uno dei campionati più difficili che ci sono al mondo. Ci siamo presentati con 17 debuttanti e 16 calciatori nuovi. Se dovessimo salvarci sarebbe come aver vinto lo Scudetto e sarebbe il frutto di un lavoro quotidiano e collettivo, costruito tutti insieme. Noi lavoriamo per questo e speriamo di riuscirci”.

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