Vieira su Balotelli: “Il modo di pensare di Mario non è adatto ad uno sport di squadra”
Se c'è qualcuno che conosce bene Mario Balotelli, quello è Patrick Vieira. L'ex centrocampista dopo aver condiviso lo spogliatoio da compagno di squadra del centravanti italiano con le maglie di Inter e Manchester City, è stato il suo allenatore al Nizza. Un rapporto non semplice quello tra i due, che il tecnico ha voluto descrivere in un'intervista al Daily Mail. Per Vieira, in sintesi, Balotelli non è del tutto adatto ad uno sport di squadra.
Per Vieira Balotelli non è del tutto adatto ad uno sport di squadra
Patrick Vieira ha parlato così dei rapporti con Mario Balotelli, sottolineando quelle che a suo dire sono le difficoltà del giocatore in uno sport di squadra come il calcio: "Il modo di pensare di Mario è complicato da far coincidere con uno sport di squadra come il calcio. E vista la filosofia che volevo mettere in pratica, l’etica del lavoro e la compattezza che avevo intenzione di costruire, è stato davvero difficile per me lavorare con un calciatore come Balotelli. Anzi, è stato difficile per entrambi lavorare l’uno con l’altro, quindi abbiamo deciso di separarci”.
Vieira e il rispetto delle regole nello spogliatoio
Vieira si è dimostrato intransigente nella sua esperienza da allenatore, anche con SuperMario. Per il tecnico chi infrange le "leggi" dello spogliatoio paga: "Se vogliamo vivere bene assieme, dobbiamo avere regole e dobbiamo rispettarle. E chi non rispetta queste regole può essere multato o messo fuori squadra. Io sono il guardiano di come i miei ragazzi si comportano, allo stesso modo in cui sono il guardiano del modo in cui giochiamo in campo".
Patrick Vieira e gli insegnamenti di Wenger, Mourinho e Mancini
E Vieira vuole seguire gli insegnamenti dei suoi allenatori, da Wenger a Mourinho fino a Mancini, uno che con Balo ha avuto sempre un rapporto tra alti e bassi: "Anche quando Wenger aveva un periodo complicato, non perdeva la testa . Se vincevamo o perdevamo, lui era sempre lo stesso. Ed è un qualcosa che mi piaceva molto, perché a un giocatore un comportamento del genere ispira fiducia. Ma un po’ tutti gli allenatori che ho avuto, da Wenger a Mourinho fino a Mancini, conoscevano bene i loro giocatori e sapevano come legare con loro".