Vandeputte si racconta: “Volevo giocare in Serie A contro il mio idolo Mertens, ora sogno col Catanzaro”
Jari Vandeputte è uno dei calciatori più decisivi della Serie B negli ultimi 16 metri ma non è un attaccante: l'esterno offensivo del Catanzaro ha numero da punta ma, in realtà, gioca come laterale nel 4-4-2 che Vincenzo Vivarini quest'anno ha studiato per la sua squadra.
In 31 presenze stagionali sono 8 i gol e 10 gli assist per l'ala belga del club calabrese, che è diventata un vero e proprio osservato speciale da parte degli avversari: chi affronta i giallorossi non può non avere un occhio di riguardo per questo classe 1996, che parte da sinistra ma con il piede destro è bravissimo a puntare la porta o a servire i compagni messi meglio di lui per battere a rete.
Vandeputte è un brevilineo, abile negli spazi stretti e non particolarmente veloce sul lungo: destro naturale e dotato di buona tecnica individuale, sia nel primo controllo che nella conduzione del pallone, ma sa utilizzare bene anche il sinistro in tutte le fasi del gioco.
Jari in questi anni si è dimostrato particolarmente abile nel controllare il pallone e spostarlo rapidamente sia in fase di impostazione che per calciare verso la porta. È un ottimo tiratore da fermo e anche così ha servito parecchi assist ai compagni.
A Fanpage.it Jari Vandeputte analizza l'annata straordinaria del Catanzaro e il suo percorso calcistico, dagli inizi in Belgio all'arrivo in Italia.
Che stagione sta vivendo il Catanzaro: vi aspettavate di essere così in alto a questo punto del campionato?
“Eravamo consapevoli della forza della nostra squadra ma forse non ci aspettavamo di essere così in alto. Siamo rimasti al 90% quelli dello scorso anno e questi ci ha sicuramente aiutato a bypassare alcuni step. L’obiettivo della stagione era quello di salvarci il prima possibile ma al primo giorno di ritiro non pensavo che saremmo stati dentro i playoff in maniera costante“.
8 gol e 10 assist in stagione, 7 reti e 9 assist in campionato: i numeri di Vandeputte sono quelli di un attaccante, non di un esterno. Qual è il suo segreto?
“I numeri mi rendono felice e mi spingono a fare sempre meglio. Io sono un esterno a cui piace molto andare avanti e cercare delle soluzioni. Non c’è un segreto (ride, ndr), il lavoro che facciamo con la squadra durante la settimana mi aiuta a trovarmi in zone di campo dove posso far male agli avversari. Il cambio di modulo mi ha aiutato ad essere più fresco negli ultimi 16 metri“.
Preferisce giocare a sinistra più che a destra: quali sono i compiti e le funzioni che un buon esterno deve svolgere nel calcio di oggi?
“Sì, mi piace di più perché posso entrare nel campo con la palla con il piede forte sia per passare ai compagni che per calciare. Ho giocato diverse volte a destra quando il mister me lo chiedeva ma a sinistra mi esprimo meglio. Un esterno oggi deve fare entrambe le fasi nel miglior modo possibile, aiutare la squadra in ripiegamento ed essere decisivo negli ultimi metri”.
Era al Gent, poi è passato per la seconda serie del campionato belga e olandese prima di approdare alla Viterbese: ci racconta com’è nata la sua scelta di venire in Italia.
“I prestiti mi hanno permesso di giocare di più, quindi mi hanno aiutato, ma non ero lo stesso calciatore di adesso. Mi mancava qualcosa. Sono rimasto senza squadra dopo i tre anni in prestito e così è arrivata la proposta dall’Italia. Così sono arrivato alla Viterbese. Mia moglie è italiana e avevamo una base di appoggio e delle idee su quello che poteva essere. Ho fatto questa prova di due-tre giorni e poi mister Bertotto mi ha fatto firmare. Lui mi ha dato una mano perché ha una grande esperienza e mi ha aiutato ad inserirmi in maniera ottimale in un gruppo già formato“.
A Viterbo è stato uno dei protagonisti della finale di Coppa Italia che negò la gioia della vittoria al Monza. Che ricordi ha di quel doppio confronto?
“Io feci il gol nella partita d’andata e ci permise di vincere per la regola delle reti in trasferta. Il Monza era una corazzata e per noi fu una vittoria storica. Ho un bellissimo ricordo di quella finale e di quell’esperienza“.
La parentesi a Vicenza con la promozione in Serie B e il primo contatto con la cadetteria: che esperienza è stata quella in biancorosso.
“Il primo anno mi sono trovato molto bene e poi c’è stata la promozione dopo la sospensione per il Covid. L’anno successivo il peso della Serie B si è sentito e l’infortunio che ho avuto non mi ha aiutato. Non sono mai stato al massimo e non ho dato il meglio di me“.
Poi Catanzaro.
“Volevo giocare e la chiamata del direttore mi ha convinto. Sono felice perché il progetto è molto serio e ancora oggi sono convinto di quella scelta“.
Un passo indietro per farne uno avanti, è corretto?
“Vero, ho fatto un passo indietro ma il valore del progetto si è potuto riscontrare con la promozione e ora con quello che stiamo facendo".
Un calciatore a cui si ispira.
“Il mio idolo è sempre Dries Mertens. Quando sono arrivato in Italia il mio obiettivo era quello di arrivare in Serie A per giocare contro di lui ma ora è andato in Turchia. Un giocatore molto forte, lo seguo dai tempi dell’Utrecht e poi l’ho sempre guardato con piacere“.
Che qualcuno nel suo ruolo, oggi, che guarda con particolare interesse?
“Nel mio ruolo ho sempre osservato con grande interesse Ivan Perisic. Calciatore forte fisicamente e che negli ultimi metri sapeva fare tante cose, dagli assist ai gol. Un altro calciatore che mi piaceva molto ai tempi del Chelsea era Eden Hazard, nel breve era uno dei più forti del mondo“.
Che finale di stagione si prospetta per il Catanzaro?
“Lavoriamo per fare sempre meglio e ora che siamo lì vogliamo arrivare il più in alto possibile. L’obiettivo era la salvezza ma ora vogliamo dire la nostra nella zona playoff. Può succedere di tutto e siamo pronti a fare il meglio per poter piazzarci nella migliore posizione in classifica. Il calcio è bellissimo perché imprevedibile, ci proveremo come abbiamo sempre fatto”.