Un anno di Zlatan Ibrahimovic al Milan: le due telefonate che hanno cambiato la storia
La notizia irrompe nel placido pomeriggio italiano di un Santo Stefano come tanti, esattamente un anno fa: Zlatan Ibrahimovic torna al Milan. Inizialmente al clamore si accompagnano i dubbi: Ibra è Ibra, ma arriva a 38 ani dagli Stati Uniti in una squadra piena di problemi. Gol è lecito aspettarne, ma miracoli non ne può fare. E invece arrivano entrambi. I gol da subito, sin dal suo debutto dal primo minuto a Cagliari: saranno 22 in 30 partite, complelssivamente. Il miracolo si materializza partita dopo partita, mattoncino dopo mattoncino. Zlatan contribuisce a ricostruire da zero l'autostima del gruppo e trasforma il Milan da brutto anatroccolo del campionato a miglior squadra del 2020 in Serie A, dai quartieri periferici della classifica alla corsa Scudetto con un ruolo da protagonista. Una storia resa possibile dalla sua voglia di rimettersi in gioco e dalla fiducia del Milan nei suoi mezzi. Scandita da due, fondamentali telefonate.
La prima risale a poco più di un anno fa. Ibrahimovic è reduce dall'esperienza in MLS con i Los Angeles Galaxy e sta valutando la sua prossima mossa. Tra le ipotesi c'è anche il ritiro. Il primo a non crederci è Mino Raiola, ancora convinto che Zlatan possa fare la differenza in Italia. L'agente si mette in moto per cercare opportunità nel vecchio continente e tra le varie soluzioni annota anche la possibilità di un ritorno al Milan. Da parte dei rossoneri non c'è solo un desiderio, ma proprio un'esigenza: uno come Ibra serve, per costruirgli qualcosa attorno. Ed è così che si arriva alla telefonata decisiva, come spiegato dallo stesso Ibrahimovic.
"Dopo l'America c'era anche la possibilità di smettere, ma Mino Raiola mi ha detto di tornare in Europa per dimostrare a tutti che potevo giocare ancora a grandi livelli. Ho chiesto quale fosse la squadra che più aveva bisogno di Zlatan, mi hanno detto Milan. E quindi ho detto ‘Chiama il Milan che arrivo'".
Ibrahimovic torna al Milan ed è un successo, come detto. Il lockdown per certi versi rovina i suoi piani, per altri consente a quel brutto anatroccolo di diventare la miglior squadra in Italia. Zlatan rende il Milan una squadra migliore e soprattutto dimostra di poter essere ancora decisivo in un contesto come quello della Serie A attuale. Si apre così un nuovo confronto: restare o no? Il tema diventa prioritario a Casa Milan, i dubbi accompagnano la breve pausa tra la fine dello scorso campionato e l'inizio di quello in corso. Fino al momento in cui Ibra decide e alza di nuovo la cornetta.
"Pioli mi ha chiesto cosa volevo fare e gli ho risposto: ‘Non continuo, basta'. La mia famiglia è importante e io sono qui da solo, è un sacrificio che va bene per sei mesi, non per un anno. Poi è cambiato qualcosa. Non volevo rimpianti: ho chiamato il Milan e ho deciso di andare avanti".
E da lì la storia cambia ancora una volta. Nel segno di Zlatan.