Tudor e il nodo contratto, il retroscena della telefonata di De Laurentiis
Il nodo è il contratto. E non è questione da poco per il Napoli che, all'acme della crisi dopo la sconfitta contro l'Empoli, ha di fatto esonerato Rudi Garcia e adesso deve ingaggiare il nuovo allenatore.
La scelta è in un collo di bottiglia dove confluiscono la legittima aspirazione del candidato numero uno, Igor Tudor, di avere le spalle coperte, abbastanza fiducia e un ruolo che non sia solo di traghettatore ma di programmazione per il futuro, e il timore del club di non andarsi a infilare in quel vicolo cieco che fu l'avventura di Gennaro Gattuso. In buona sostanza, Aurelio De Laurentiis vuole tenersi le mani libere per valutare l'operato e i risultati e poi trarre le conclusioni.
Il metro di misura, che va al di là della capacità di fare presa sul gruppo e ridargli un'anima (oltre che un gioco), è essenzialmente uno: classificarsi almeno al quarto posto, che è una sorta di punto di non ritorno perché fare a meno degli introiti della Champions sarebbe esiziale e aprirebbe la strada a dolorosi ridimensionamenti. Quanto al cammino nella Coppa attuale, già passare il girone è considerato un traguardo-salvagente. Una specie di esame propedeutico: se non lo passi, come pensi di presentarti alla sessione per quello più importante?
Il croato, ex Marsiglia, in Italia già a Verona e Udine oltre alla collaborazione con Pirlo alla Juve finita male, è convinto di aver studiato. Ambisce a qualcosa di differente: un accordo fino al 2025, con eventuale opzione di rinnovo valida per un altro anno. Per la serie: se credi in me allora mettiamo nero su bianco e io mi tuffo anima e cuore nell'impresa.
I contatti con Tudor non sono una novità, erano stati avviati già un mese fa e ieri la telefonata del patron all'agente, fatta direttamente dallo stadio, li ha rinfocolati dopo che lui stesso ci aveva buttato su un po' di cenere sporcandosi le mani con il no di Antonio Conte e la sua riluttanza a calarsi in situazioni del genere. È l'unico per il quale avrebbe fatto (e farebbe) un sacrificio, il resto lo reputa un accomodamento per non affondare. Ma lo scenario che ha di fronte lo obbliga a darsi un pizzico sulla pancia.
Ecco perché trovare una sintesi tra domanda e offerta nell'incontro tra le parti è la vera questione sul tavolo, perché che Garcia fosse ormai inadeguato, e un errore commesso a corredo di un'estate da delirio di onnipotenza, non aveva bisogno di analisi particolari ma era sotto gli occhi di tutti.
Il presidente ha messo la parola fine all'esperienza del francese già al termine del primo tempo della gara coi toscani: quello che aveva visto – a cominciare dalla formazione stravolta con le esclusioni clamorose di Kvara e Zielinski – gli era stato sufficiente per calare negli inferi dello spogliatoio e fare il diavolo a quattro con la squadra, agendo come se l'allenatore non ci fosse e utilizzando anche nei suoi confronti toni molto forti.
Walter Mazzarri, altra ipotesi in agenda e alternativa numero un al croato, attende solo una chiamata: ha dato disponibilità, non avrebbe problemi ad accettare un ruolo a termine, convinto che – alla luce anche del legame con l'ambiente per quanto fatto in passato in azzurro – ha buone carte da giocarsi per dare la sterzata alla stagione e restituire un po' di smalto alla sua figura di allenatore un po' appannata anche dopo l'esonero di Cagliari.
Quanto a Fabio Cannavaro, presente in tribuna domenica al Maradona, sarebbe sicuramente una scelta suggestiva ma da parte del presidente, al di là di un invito di cortesia ad accomodarsi un po' più vicino, non c'è stato alcun gesto o passo in avanti (per ora) che lasci pensare a una possibile assegnazione dell'incarico.