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Totti fa i conti col passato, mano tesa a Spalletti e a Ilary manda un messaggio in una parola

L’ultimo ‘dieci’ della Roma e del calcio internazionale confessa tutto a cuore aperto. Traccia una linea spartiacque su un mondo del pallone nel quale non si riconosce, si “vergogna” per lo sputo a Poulsen e sulla vita privata dice: “Adesso desidero solo trovare quel giusto equilibrio per proteggere i ragazzi”.
A cura di Maurizio De Santis
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Quando parla Francesco Totti ti viene voglia di avere un camino acceso accanto e stare lì ad ascoltarlo come raccontasse una delle favole più belle ed emozionanti si possa mai immaginare. Come fai a non pendere dalla labbra di un calciatore che, per amore della maglia, ha detto no a tanti soldi e alla fama? Come fai a non restare incantato dalle giocate che nel corso della carriera lo hanno incoronato re di Roma e trascinatore della Nazionale?

Semplicemente, non puoi. Perché se gli chiedi che rumore ha la felicità, gli brillano gli occhi e puoi leggervi dentro il sogno del ragazzino divenuto un'icona del calcio internazionale con la maglia della sua città. Perché i ‘dieci' come lui, che inventavano magie di puro istinto e facevano gol col fiuto del bomber, sono scomparsi. "Quel ruolo si è estinto", sospira con amara consapevolezza.

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Come fai a non riconoscergli di essere stato uno dei più forti di tutti i tempi e a rimpiangerne il talento? Non puoi e basta. Soprattutto adesso che la saggezza degli anni ha messo a tacere i bollenti spiriti, gli impulsi della gioventù che fanno parte del lato oscuro della forza e ti portano a commettere cose di cui pentirsi. Ce n'è una in particolare di cui ancora si vergogna e quando gli torna in mente vorrebbe non fosse mai accaduta.

Gli errori ti fanno crescere – dice l'ex ‘dieci' della magica e dell'Italia nell'intervista al Corriere della Sera -. Lo sputo a Poulsen è una cosa che mi rimprovero. Non riesco a credere a quelle immagini. È una cosa così assurda e lontana dal mio mondo di interpretare il calcio e intendere la vita che per me è come non fosse successo. Non posso immaginare di aver fatto una cosa del genere.

Mazzone, Zeman, Spalletti gli allenatori che in giallorosso hanno contribuito alla sua formazione in tempi e modi differenti: hanno preso il suo talento e lo hanno plasmato, educato senza ingabbiarlo, trasformato fino a farlo esplodere. Poi c'è stato Lippi, che gli restò accanto nel momento più difficile quando rischiò di saltare i Mondiali 2006, quello che era capace di metterlo "sull'attenti" e mettere la mano sul fuoco per lui. Insieme dipinsero d'Azzurro il cielo sopra Berlino.

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Però è il rapporto con l'ex tecnico del Napoli, attuale ct della Nazionale, che ha segnato i passaggi più e meno belli della sua esperienza di calciatore. Fu Spalletti a condividerne e a esaltarne voglia e capacità di far gol, cucendogli l'abito tattico a lui (e agli equilibri della squadra) più congeniale.

La narrativa costruita intorno alle loro figure, al conflitto che ha scandito l'ultimo anno da giocatore con la casacca giallorossa addosso, ha partorito perfino una mini-serie televisiva (Speravo de mori' prima). Ma come stanno veramente le cose? Totti spiega tutto per l'ennesima volta e dice senza giri di parole che con ogni probabilità a minare la loro intesa furono altri fattori, situazioni, persone.

Credo che tra noi ci sia un profondo legame. Quello che abbiamo passato insieme, quando arrivò da Udine, è qualcosa di irripetibile. Io uscivo una o due volte a settimana con lui a cena. Luciano era una persona piacevole, divertente, sincera. Nella fase finale il nostro rapporto è stato condizionato dall’esterno, dai dirigenti o consulenti della società, e non ci siamo più capiti. Anche io ho fatto degli errori. Se tornassimo indietro, non entreremmo più in conflitto.

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Il "secondo Spalletti", quello della stagione del suo addio al calcio e alla Roma, gli fa venire in mente altri ricordi poco felici. Il modo in cui lo aveva trattato la società che per lui era stato tutto, alla quale aveva dato tutto.

Ho trascorso trent’anni nella Roma. Ho portato rispetto a tutti, rinunciato ad altri ingaggi senza farlo pesare. Ho detto no al Real e altri perché volevo quella maglia. Il modo in cui è finita mi è dispiaciuto. La verità è che quando nel calcio non servi più non c’è più rispetto. Se Maldini, Del Piero, Baggio, io siamo fuori dal calcio significherà qualcosa, no?

Maldini, Del Piero, Baggio… quando Totti li cita sembra parli di un'era preistorica del calcio italiano. Un'altra epoca che si reggeva su capisaldi differenti rispetto a quelli odierni. E se un campione della sua risma, che non s'è lasciato persuadere dagli agi del dio denaro, fa certe affermazioni lascia riflettere. Il potere d'acquisto della moneta sonante ha spazzato via ogni cosa, ribaltato i parametri di riferimento nel tentativo di tracciare una nuova geografia del calcio mondiale.

E allora capita che il ct di una nazionale, l'Italia, al quale è stato consegnato nelle mani un progetto tecnico di ampio respiro, molli tutto da un momento all'altro per andare in Arabia Saudita. E come lui anche ragazzi molto più giovani. Perché succede?

La scelta di Mancini? Ha sbagliato tempi e modi. Ma è una sua decisione e va rispettata… vai a capire le dinamiche interne tra lui e la Federazione. La differenza tra i nostri venti anni e questi sta tutta nei soldi. Se non sei tifoso della squadra di cui indossi la maglietta cosa ti dovrebbe impedire di accettare la migliore offerta? È un calcio senza sentimenti, con giocatori sempre con la valigia in mano. È tutto freddo, portano le cuffiette invece di parlarsi, nello spogliatoio. Noi quando arrivavamo al derby da quindici giorni prima pensavamo a quello che dovevamo fare. Quando scendevi in campo, avevi voglia di spaccare il mondo.

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Il campo e la vita privata. Due aspetti di Totti finiti sotto i riflettori, riempendo le pagine di cronaca sportiva e quelle del gossip più fiabesco per la relazione tra il ‘pupone' e l'ex ‘letterina', il calciatore famoso e la ragazza che del mondo dello spettacolo. Una coppia scoppiata con tutto quel che ne è conseguito: perché se Ilary e Totti si separano e dicono basta al loro matrimonio è materia che attira curiosità morbosa come pastura per i pesci.

Abbiamo trascorso venti anni insieme, con tanti momenti molto belli. Adesso desidero solo trovare quel giusto equilibrio per proteggere i ragazzi che sono la più grande ragione di amore per entrambe. Ma so che non è facile.

Così come non è stato facile (e non è tuttora) superare la morte del padre, Enzo. Totti regala un'altra sfumatura di sé, parla a cuore aperto senza alcun timore di confessare i sentimenti più profondi.

Era il mio punto di riferimento. Mi mancano il suo sorriso, lo sguardo, la sicurezza che era capace di darmi. Anche oggi, se lo vedessi solo dieci secondi al giorno, mi basterebbe per stare meglio. Pure se non ci dicevamo una parola, ci capivamo. Ma quei silenzi erano pieni. Lui veniva la mattina a Trigoria, portava cornetti, pizza per tutti. Sapere che c’era mi dava serenità.

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