Tevez: “Calciatori privilegiati, pensiamo a chi lavora tutto il giorno per la famiglia”
Dalla gioia per la vittoria del titolo con il Boca, alla frustrazione per non poter aiutare la sua gente nei difficili giorni del Coronavirus. Carlos Tevez sta vivendo la quarantena in patria, ma si sente come un leone in gabbia. L'Apache pensa alla gente meno fortunata, che non può lavorare e vorrebbe mettersi a disposizione, facendo la sua parte
Tevez e il racconto dell'isolamento per il Coronavirus
Ai microfoni di Olé Carlos Tevez ha raccontato il suo isolamento per il Coronavirus: "Mia figlia ha compiuto 15 anni e abbiamo passato il compleanno insieme avevamo organizzato una festa, ma l'abbiamo rimandata a tempo debito. Adesso dobbiamo concentrarci su altro, sui nostri genitori e sui nostri nonni. Questo virus è una merda, temo più per loro che per i miei figli. Non si sa da dove venga, come ti possa colpire. Sappiamo solo che uccide e che, chi ne soffre, muore solo, senza poter essere confortato o abbracciato"
Il messaggio di solidarietà di Tevez
L'Apache ha sempre dimostrato grande generosità in campo e fuori. Il suo pensiero va a chi sta combattendo in prima linea e ai poveri: "Sono coloro che rischiano di più. So dove vivono, ci sono cresciuto anche io. È importante stare insieme e cercare di aiutare le persone che più ne hanno bisogno”. A tal proposito l'esperto bomber argentino vorrebbe fare qualcosa di concreto per aiutare la sua gente perché il Coronavirus, ha ricordato la necessità di fare squadra e remare tutti nella stessa direzione: "Noi calciatori possiamo stare un anno senza guadagnare e non siamo fra quelli che lasciano casa alle sei del mattino e ci tornano alle sette di sera pur di mantenere la loro famiglia. Sarei felice di aiutare e di mettermi a disposizione, perché lo Stato c'è ma dovremmo esserci pure noi. Questa situazione ci ha ricordato che siamo tutti uguali. Non serve a nulla apparire in un video".