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Tacconi racconta i momenti difficili in ospedale: “Certe volte mi legavano al letto”

Stefano Tacconi spiega che adesso è “al 70-75%” del suo recupero dopo l’emorragia cerebrale che lo aveva colpito due anni fa. L’ex portiere della Juventus e dell’Italia racconta che non è stato un paziente facile: “Scappavo con la carrozzina. Certe volte mi legavano al letto perché per ben tre volte sono caduto cercando di alzarmi”.
A cura di Paolo Fiorenza
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Stefano Tacconi prosegue nel riprendersi tutto quello che l'emorragia cerebrale conseguente alla rottura di un aneurisma gli aveva tolto due anni fa: adesso il 67enne ex portiere della Juventus e dell'Italia è "al 70-75%" e si dice "molto soddisfatto" del percorso riabilitativo seguito alle operazioni al cervello cui è stato sottoposto: "Hanno fatto dei miracoli, mi hanno rimesso a nuovo, peccato soltanto che a San Giovanni Rotondo fossero tutti interisti, ci siamo scontrati un po' con il medico, ma il suo contributo è stato provvidenziale".

Tacconi in ospedale, un paziente difficile da tenere a bada: "Scappavo con la carrozzina"

Nell'intervista a Tuttosport, Tacconi racconta i tanti momenti difficili vissuti durante le sue degenze ospedaliere, dopo quel giorno dell'aprile del 2022 che ha segnato un prima e un dopo nella sua vita, che fino a quel momento era trascorsa senza alcuna avvisaglia di problemi incombenti. Non è stato un paziente facile Stefano: "Scappavo con la carrozzina, una volta mi hanno trovato al quarto piano e non hanno capito come ci sono arrivato. Certe volte mi legavano al letto perché per ben tre volte sono caduto cercando di alzarmi. Mia moglie e mio figlio Andrea hanno avuto tanta pazienza…".

Stefano Tacconi in una delle sue apparizioni televisive dopo le operazioni al cervello
Stefano Tacconi in una delle sue apparizioni televisive dopo le operazioni al cervello

C'è un nuovo Stefano: "Adesso non faccio più il fighetto dopo aver visto la morte in faccia"

"È stato difficile un po' tutto, il cervello è andato indietro di tanti anni, ricordavo cose di 30 anni prima e non del mattino. Avevo difficoltà a parlare, muovermi, però con la riabilitazione ho recuperato. Ad Alessandria, al Don Gnocchi a Milano e poi a San Giovanni Rotondo hanno fatto dei miracoli, ma è stato lungo e io ero insofferente – spiega Tacconi – Ci vuole ancora tempo, però ho un carattere forte. Adesso non faccio più il fighetto di un tempo, sono più forte nel controllare le cose, nel seguire delle regole nel mangiare e nel bere, mi hanno tolto anche il fumo. Non faccio fatica dopo aver visto la morte in faccia…".

Il sogno ancora da realizzare di Tacconi: "Aprire un ristorante con mio figlio"

"Voglio dare un messaggio di speranza, dopo quello che mi è successo – conclude l'ex portiere perugino – Voglio dire a chi sta affrontando problemi di salute che si può ricominciare tutto da capo. Io ne sono un esempio. È sempre il solito Tacconi che para tutto, però l'aneurisma è stato l'avversario peggiore che abbia mai affrontato. È stata una partita con supplementari e rigori, però ho vinto io. Per la mia vita voglio un terzo tempo, perché ho ancora dei sogni da realizzare. Aprire un ristorante con mio figlio: ad Alba abbiamo già una cantina, ma cucinare è sempre stata la mia passione".

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