Sta cambiando tutto: perché ora Messi può restare al Barcellona
"Como en casa, en ningún sitio", recita un noto proverbio spagnolo che descrive in modo pratico quanto il comfort del proprio focolaio domestico sia una condizione basica per raggiungere la felicità. E Lionel Messi a casa sua vi è da oltre vent'anni, quando cioè decise di solcare l'Atlantico insieme a papà Jorge per cercare fortuna sulle sponde del Mediterraneo dopo aver lasciato la prima vera casa, quella del quartiere di Las Heras a Rosario. Da un fiume a un mare, l'argentino ha trovato a Barcellona non solo un club disposto a far sviluppare al massimo il suo talento e a offrirgli le migliori condizioni economiche possibili, ma anche e soprattutto un ambiente idoneo per vivere serenamente.
Quando, nell'agosto scorso, il numero 10 blaugrana fece tremare il Camp Nou chiedendo di essere lasciato libero dal club con il quale si era sentito identificato per un ventennio, solo pochi romantici idealisti avrebbero immaginato che la stagione 2020-21 non sarebbe stata la sua ultima in blaugrana. E invece, nove mesi dopo quello scatto d'ira, le possibilità di una permanenza della stella argentina al Barcellona aumentano di giorno in giorno.
Laporta e un contratto decennale
Quando, l'8 marzo scorso, l'argentino si era presentato al Camp Nou saltando il confinamento perimetrale per andare a votare alle elezioni del nuovo presidente accompagnato dal suo primogenito Thiago, si percepì un primo segnale di cambiamento. Mai prima di allora, infatti, il capitano blaugrana aveva partecipato a un'elezione presidenziale, il che ampliava maggiormente l'enfasi di quel gesto. Sorridente e propositivo, colui che aveva provocato, seppur in maniera indiretta, le dimissioni di Josep Maria Bartomeu, non aveva mai nascosto il suo estremo feeling con Joan Laporta, candidato tornato a presentarsi dopo la sconfitta del 2015 ma con alle sue spalle la virtuosa gestione dal 2003 al 2010. Fonti vicine al calciatore confermano che tra i due il rapporto era sempre stato ottimo, qualcosa che è stato poi certificato dall'abbraccio tra i due al momento di partire per Parigi, dove si sarebbe giocato il match di ritorno dell'ottavo di finale di Champions League due soli giorni dopo la vittoria di Laporta alle elezioni. Un mese dopo i due hanno nuovamente suggellato la loro estrema intesa con un altro abbraccio poco prima della foto ufficiale del club, a conferma del fatto che il mal di pancia di Messi era generato dall'inettitudine di Bartomeu e non da un disamore verso il club.
Gli ingenti debiti del Barcellona, tuttavia, obbligano Laporta e il suo staff a pensare a una soluzione particolare per prolungare il contratto del giocatore più pagato al mondo. Gli 80 milioni lordi che l'argentino guadagna ogni anno sono una zavorra pesantissima per un club la cui massa salariale – che ammonta a circa 600 milioni di euro – va ridotta drasticamente. La formula per convincere Messi a restare sarebbe una sorta di ‘leasing' nel lungo periodo sotto forma di un contratto che prevede un impegno vincolante di due stagioni per poi poter decidere dove finire la carriera, verosimilmente negli Stati Uniti, e in seguito tornare in Catalogna una volta appese le scarpette al chiodo in qualità di uomo immagine del club.
Preparare il Mondiale
C'è, inoltre, un'altra causa, e forse la più forte, che non è stata troppo presa in considerazione quando si pensava a una dipartita di Messi dal Barcellona. Si tratta della causa argentina, quella che gli sta più a cuore da quando da adolescente rifiutò la convocazione della Spagna per non precludersi la possibilità di vestire la maglia dell'Albiceleste. Il mondiale che si giocherà a fine 2022 in Qatar sarà l'ultima occasione per la Pulce di giocare questa competizione con in rappresentanza di un paese che, seppur lontano fisicamente, porta sempre nel cuore, come dimostrano i suoi frequenti asados e il mate che porta ovunque con sé. E quale luogo migliore del centro sportivo del Barcellona per preparare un mondiale invernale, in un avamposto molto più vicino al Golfo Persico rispetto a Buenos Aires e che già nell'estate del 2018 funse da hub europeo della Selección prima del trasferimento in Russia? Se la casa di Messi è il Camp Nou, il suo giardino è il centro di allenamento del Barça, che dopo il rinnovato accordo gli permetterà senza indugi di stabilire il quartier generale dell'Argentina al suo interno. Un privilegio che la squadra del tecnico Lionel Scaloni non avrebbe in nessun altro luogo d'Europa.
A nulla servirà, dunque, il corteggiamento del suo amico Neymar, che lo vorrebbe con lui al Paris Saint Germain. La Ligue 1 è un campionato mediocre che non attira l'argentino, il quale non potrebbe allenarsi in modo adeguato al mondiale. La suggestione Manchester City, invece, resterà tale nonostante il fascino della Premier, un campionato però troppo esigente dal punto di vista atletico e nel quale Messi dovrebbe reinventarsi. Qualcosa che invece non dovrà fare a Barcellona, il suo posto nel mondo grazie soprattutto alla sua magione di Castelldefels, borgo ritirato e pacifico dove sua moglie e i tre figli vivono a due passi dalla spiaggia e lo riconfortano ogni volta che torna da un allenamento o da una partita. Insieme al clima mite di quel Mediterraneo che Lionel non cambierebbe con il grigiore urbano dell'hinterland di Manchester o della borghese banlieue parigina. Neanche per un contratto migliore.