Sodinha racconta la festa da Ronaldinho a Varese: “Entro in una stanza e non credo a quello che vedo”
Felipe Sodinha oggi ha 36 anni e ricorda come fosse ieri la festa privata a casa di Ronaldinho, quando il talento brasiliano era un calciatore del Milan. Ne parla (ancora) estasiato, definisce "paradiso" quella serata in cui il numero delle donne presenti era nettamente superiore a quelli dei maschi. Tutti calciatori, alcuni anche molto importanti: "Ce n'erano quattro, cinque del Milan ma non posso dire chi erano". Uno di questi – ma non fa il nome, limitandosi a menzionarlo come "biondo e bellissimo" – era talmente ambito dalle ragazze che le aveva ai suoi piedi. E in quel party riservato a una ristretta cerchia di amici aveva solo l'imbarazzo della scelta.
La narrazione di Sodinha è dettagliata, ripercorre passo dopo passo cosa accadde in quel martedì sera che inizia con la più classica uscita in auto assieme ad alcuni compagni di ventura. "Mi vengono a prendere – dice durante il podcast Centrocampo – e credevo stessimo andando a Milano. Invece no, a un certo punto vedo la macchina che va in un'altra direzione, a Varese".
Perché proprio lì? "Mi dicevano: stai tranquillo, è una bella cosa… non ti preoccupare". In una villa da mille e una notte, immersa nel verde, si svolgeva un ricevimento riservato a pochi eletti. "Io non sapevo che era casa di Ronaldinho – aggiunge Sodinha -, stentavo a credere ai miei occhi. Scendiamo e vedo lì cinquanta ragazze e nessun maschio… mi sono detto: ma che è, il paradiso? A un certo punto vedo lui, Ronaldinho, uscire dal bagno, gli salto addosso e lo abbraccio. Mi dice: fa come a casa tua. Lì c'è il bar, lì la piscina… vai, divertiti".
Sodinha suona, balla e alza il gomito. "Ho bevuto tanto whisky, mi sentivo ubriaco. Ricordo che a un certo momento mi sono alzato e sono entrato in una stanza buia. Non si sentivano rumori, niente. Ho appoggiato una mano alla parete per cercare l'interruttore e quando s'è accesa la luce mi accorgo che ero finito in una sala enorme piena di vini. Mi guardo intorno e vedo che c'è un calciatore biondo e bellissimo che si baciava con una mora e una bionda".
Felipe non era lucido ma aveva riconosciuto benissimo chi era l'uomo/calciatore abbracciato alle due donne. Non uno qualsiasi ma di rango internazionale. "Non vi dico chi è, non posso… posso solo dirvi che era uno molto famoso. Quale fu la mia reazione? Dissi: sorry… sorry… e me ne andai. Spensi la luce e non ci credevo che era proprio lui". Come finì quella serata? La sintesi che fa Sodihna di quell'esperienza è tutta in una frase: "Sono andato via con un sorriso grande così… era andato tutto benissimo". Al punto da voler ringraziare il suo mito/ospite, Ronaldinho, con tutta la devozione e la deferenza che si deve a un semidio. "Erano le 6.30, forse anche le 7 del mattino. Ho baciato i suoi piedi e l'ho ringraziato".
Sodinha sorride. Il dio del pallone gli aveva dato un talento naturale, un mancino con il quale sapeva disegnare calcio come pochi ma non è mai riuscito a metterlo davvero a frutto perché – come si dice in gergo – non ha mai avuto la testa per pensare al campo né animo saldo abbastanza per resistere alle tentazioni. Alcool ("mi allenavo da ubriaco, senza il calcio sarei morto") e chili di troppo hanno fatto da zavorra al sudamericano che in Italia arrivò perché l'Udinese puntò su di lui e Conte – all'epoca al Bari – mise fuori rosa per aver risposto con quasi 20 giorni di ritardo a una convocazione. Ma a Felipe andava bene (anche) così.